CAPITOLO VENTICINQUE - a forma di origami

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Buona lettura! 💘

spazio autrice:
🚨🚨🚨 !!! TRIGGER WARNING !!!🚨🚨🚨
feelings to high!!!!
godetevi le emozioni. non ho altro da dire.
ci sentiamo al prossimo capitolo <3

ps -> chiedo scusa in anticipo. vi voglio bene, spero vi piaccia.

CAPITOLO VENTICINQUE – a forma di origami

"Guarda l'orizzonte, il punto dove il cielo e la terra si toccano: quello è il confine tra i due mondi, dove potremmo sempre incontrarci."

Benjamin

Mi sembrava di volteggiare nel nulla: nuotare immerso nella solitudine del vuoto, dove tutto ciò che avevo era stato risucchiato via, assorbito dall'oscurità. C'era solo il buio. Non c'era un solo spiraglio di luce. Da quanto tempo non sorgeva il sole? Che fine avevano fatto le stelle?

Mi alzai in piedi battendo le palpebre e portando il viso verso l'alto cercando una crepa, un punto qualsiasi dal quale la luce sarebbe potuta entrare, ma più giravo su me stesso e mi guardavo attorno, più il buio si faceva fitto. Non avevo mai avuto paura dell'oscurità o del buio totale, ma in quel momento un brivido intenso percorse la mia schiena e sentii la pelle d'oca sulle braccia. Non avevo freddo, avevo solo paura, ero terrorizzato.

Cominciai a camminare senza sapere dove fossi diretto, da quale parte stessi andando, sperando di trovare una via d'uscita prima o poi.

Regnava il silenzio, per lo più, era rotto soltanto da un rumore che ricordava il battito cardiaco. Era il mio cuore? Avevo perso il mio cuore? Per un istante mi domandai se fossi ancora vivo, e mi chiesi anche se quel battito fosse il mio.

Mi sentii scivolare improvvisamente nel nulla, come se stessi volando immerso in quel buio totale in cui mi teneva compagnia solo quel battito, come se fossi all'interno del tunnel degli orrori e fossi destinato a cadere per tutta la vita, senza fermarmi mai, senza riuscire mai a rialzarmi. Credevo che tutto quello significasse che non avevo via d'uscita, che ormai ero perso e che non avrei mai più ritrovato la strada di casa. Sentii l'aria venire a mancare sempre di più, per cui misi le mani sul collo annaspando in cerca dell'ossigeno disperatamente, ma inutilmente. Alla fine mi arresi e chiusi gli occhi, abbandonandomi alla caduta e pensando che non ci fosse più nulla da fare per me.

Riaprii gli occhi lentamente, dopo non sapevo quanto tempo, e mi ritrovai sdraiato in un prato. Sembrava sera tardi: la luce della luna illuminava la notte e le stelle erano puntini luminosi nel cielo, che lo decoravano e gli davano vita. Erano tornate, non erano sparite davvero. L'aria era fredda, tagliava la pelle tanto da farmi tremare le ossa e costringermi a stringere le spalle sfregandomi le braccia con le mani per i brividi: a giudicare dalla temperatura sembrava inverno.

Mi domandai dove mi trovassi, dove fossi finito, e quando mi alzai in piedi presi a guardarmi attorno saettando gli occhi un po' ovunque.

Il luogo mi era famigliare, persino il silenzio rotto da quelle voci lontane era famigliare. Incamminandomi capii che mi trovavo al campus del college, perché riconobbi l'enorme prato ornato da alberi, il viale che lo spezzava, le panchine sulle quali avevo passato i pomeriggi con Carter. Riconobbi la statua dalla quale saltò giù Victoria il giorno in cui scoprii che frequentavamo lo stesso college, lo stesso giorno in cui, una volta tornato a casa, avevo pensato di dipingerla per rendere eterna quella bellezza e quel sorriso che ero riuscito a strapparle, convinto che fosse raro quanto un diamante, prezioso come la luce delle stelle, della luna e del sole. Riconobbi il bar dove facevamo colazione tutti insieme, con Katherine, Sam e Arthur; Carter era sempre in ritardo.

UNCONDITIONALLYWhere stories live. Discover now