CAPITOLO DODICI - fra mille baci di addio

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CAPITOLO DODICI - fra mille baci di addio

I'm holding on so tight, but I'm still, I'm still slipping away

Benjamin

Me ne stavo appollaiato sul mio letto a fissare il pavimento mentre Phelipe non faceva altro che domandarmi se stessi bene, se andasse tutto bene e se mi sentissi pronto a quello che doveva succedere nelle prossime ore. Il giorno del processo era giunto, ormai, aspettavo solo che mi chiamassero e che arrivasse Leonard con il vestito per andare in tribunale.

Avevo le dita infilate fra i ricci, lo sguardo fisso nel vuoto e i miei pensieri indirizzati solo ed esclusivamente a una persona: Victoria. Mi domandavo come stesse, se fosse tanto agitata e se fosse andato tutto bene nei giorni in cui non c'ero stato, sperando che da quel momento in poi sarei stato di nuovo con lei. Avrei voluto telefonarle proprio in quell'istante per sentire se stesse bene, anche se non avrebbe parlato, io mi sarei reso conto dal modo in cui respirava se stava bene oppure no, ormai era inevitabile tra di noi. Per quanto mi riguardava, non stavo affatto bene e non c'era niente che funzionasse per il verso giusto. Sentivo il mio cuore battere così forte che pensai di svenire seduta stante, lo stomaco in subbuglio ed il respiro pesante. Mi pizzicavano le mani addirittura, a causa dell'ansia e non sapevo più che cosa fare per smettere di pensare. Era proprio per quel motivo che volevo parlare con Victoria, perché ero certo che anche sapere che stesse sorridendo dall'altro capo della cornetta mi avrebbe trasmesso quella calma necessaria a restare con i piedi per terra e non impazzire del tutto.
Dopo quello che avevo fatto a Michael l'opinione che avevo di me stesso era scesa parecchio e mi domandavo cosa avrebbe pensato lei di me, se mi avrebbe amato ugualmente e soprattutto cosa avrebbe fatto al mio posto, se sarebbe arrivata a tanto oppure si sarebbe fermata prima e avrebbe giocato d'astuzia. Il vero problema era che quando si trattava di lei io perdevo letteralmente la testa, perdevo il controllo, il mio cervello si disconnetteva e non capivo più niente. Chiunque la toccasse, chiunque le facesse del male, chiunque provasse a torcerle un capello, mi faceva uscire di testa.

Ad ogni modo, nessuno mi aveva ancora messo in cella di isolamento dopo la mia dolce e stupenda tortura a Michael, a quanto pareva lui non aveva parlato e aveva semplicemente detto di avere un malore. Il fatto era che, la medicina mi aveva insegnato, causare la morte con puntura ad aria era l'unico omicidio che non lasciava alcun tipo di traccia. Per quel motivo sapevo che se mi fossero venuti a prendere il motivo era semplicemente che lui aveva raccontato tutto quanto. Comunque lo avevano già dimesso, stava bene a parte il livido in faccia, ed era pronto per il processo, a differenza mia. Il punto fondamentale, secondo lui, era che era assolutamente convinto di vincere e che mi avrebbero giudicato colpevole, per quel probabilmente non aveva parlato, forse un po' di timore ero riuscito ad infliggerglielo. E a dire la verità non riuscivo nemmeno a capire per quale motivo non avesse parlato, cosa ci fosse sotto e se stesse tramando qualcosa. Avevo una strana sensazione riguardo la faccenda e sospettavo che sarebbe venuta fuori durante il processo.

Alzai la testa soltanto quando mi sentii chiamare e posai i miei occhi su Cofield, che sollevò le sopracciglia e mi fece un cenno del capo, facendomi capire che era arrivato mio padre. Mi accompagnò in sala visite e vidi Leonard vestito di tutto punto, seduto ad aspettarmi con la sua valigetta e sfogliando le carte. Lanciai un'occhiata alla guardia che comunicò il mio ingresso all'altra guardia, attesi l'apertura dei cancelli e arricciai il naso oltrepassando la linea gialla e nera, entrando in sala e sedendomi sulla sedia esattamente di fronte a mio padre, che mi fissava a braccia conserte ed espressione nervosa e preoccupata. - Come ti senti? - Indagò squadrandomi da capo a piedi.

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