15 - Flirt sulla carta

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Mentre sento i miei genitori chiedere riguardo la mia salute mentale e lui innervosirsi, i miei occhi vagando per la penombra della stanza si sono fermati su una foto. Sul suo sorriso, mentre la mia mente riportava alla memoria il ricordo dell'unico errore del quale non ho intenzione di pentirmi.

Chuuya rilesse quelle parole sette volte.
Poi affondò la faccia nel suo cuscino per soffocare un grido. Un verso misto ad un urlo di frustrazione e un'esclamazione di imbarazzo. Sapeva benissimo a quale errore Dazai si stava riferendo.

Era lui stesso, Chuuya Nakahara, l'errore.

Quella volta, sulla scogliera era stato preso dal panico. Non voleva reagire così. Non voleva...  E poi come aveva sperato Dazai non ne aveva più parlato e lui non aveva avuto più nessuna occasione di scusarsi.

Chuuya prese un respiro profondo e si costrinse a rileggere la frase per l'ottava volta. Oltre ad avergli riportato alla mente un ricordo che lo tormentava da sempre e cercava di dimenticare, affinché non tornasse più alla mente nelle notti insonni, aveva attirato la sua attenzione anche la parte dove veniva citata la sanità mentale di Dazai, che, Chuuya lo sapeva bene, non era mai esista.

Ma stava cominciando a immaginare cosa poteva essergli successo. O almeno cosa i suoi genitori avessero intenzione di fargli.

Doveva parlare con il medico di Dazai.

Gli pareva la via migliore e la più facile. Anche la più imbarazzante, ma ormai dopo tutte le persone le sconosciute con le quali aveva parlato di Dazai non si preoccupava più di tanto.
Decise però di non prendere decisioni affrettate e continuare a leggere.

8 aprile 1970

Alcuni genitori sono proprio pessimi.
I miei sono un perfetto esempio di questa purtroppo non rara specie di genitori.
Non so per quale motivo lo pensino, ma per molti genitori il loro figlio non è altro che un personaggio da creare, plasmare, assemblare, da loro mosso e la sua vita è un gioco di ruolo.

La vecchiaia porta rimpianti.

Ma non per questo spetta i figli cercare di rammendare gli strappi lasciati dai rimpianti nell'anima dei genitori. Se un giovane non è libero di vivere la sua vita, poi cercherà di far vivere a sua volta suo figlio nel modo che lui desiderava per sè. È una catena, mi chiedo dove cominci e se mai finirà. Se qualcuno prova a rompere la catena verrà squalificato dal gioco in corso, succede sempre così, in qualsiasi cosa.
Ho la febbre. Penso sempre un sacco quando ho la febbre e scrivo il doppio, senza rileggere. Ma non penso sia un male.
Io voglio essere la pedina di me stesso e per questo verrò eliminato del campo da gioco, finirò in panchina.
La vita è un gioco. Non volevo giocare. Anche se devo ammettere che non me la cavo male. La mia casa, il mio mondo, sta diventando un enorme scacchiera. Una partita complessa tra me e i miei genitori. Questa volta mi è impossibile definire chi vincerà alla fine, quale re collasserà. Io non intendo perdere, non accetto il pareggio, non voglio nemmeno arrendermi. Non voglio.
Per ora...

Chuuya leggendo quelle parole, le quali condivideva pienamente, sorrise al ricordo di quanto Dazai si infervorasse e diventasse loquace quando stava male, qualche volta era successo durante le loro estati. Era sempre divertente assistere alle discussioni e i dibattiti tra Dazai malato e sua nonna mentre si prendeva cura di lui.

Dazai l'8 aprile rispetto ai giorni precedenti aveva scritto un sacco, purtroppo però Chuuya non aveva ancora trovato tutte le informazioni che voleva, tutte quelle che sperava fossero in quel quaderno.

Cosa sapeva Dazai dei suoi genitori? Quale terribile segreto aveva portato alla luce? Forse poteva contattare Atsushi e Lucy di dare un'occhiata in quella stanza. Tentare non costava, certo. Eppure non voleva metterli troppo nei guai.

Sfogliò le pagine restanti, la maggior parte erano state scritte in fretta. Prese un profondo respiro cercando di tornare concentrato e di non far vagare la mente in mille ipotesi e possibilità che gli si stavano creando in testa, arruffandogli i pensieri.

15 Aprile 1970

Mi sta nascendo in mente il piano ideale. So che non posso scappare. Che la mia fine è decisa. Ma almeno me ne andrò a modo mio. Non possono privarmi anche del saluto. Voglio viziarmi prima di morire. Voglio avere la sensazione che qualcuno, lui in particolare, non abbia accettato la mia scomparsa e mi stia cercando. Vorrei riempirmi il cuore del suo sguardo e le labbra del suo sorriso beffardo un'ultima volta prima di morire.
Gli lascerò una traccia, una via da seguire, un sentiero poco battuto da percorrere, una scia di briciole. Devo essere astuto, approfittare dell'amore delle persone verso di me per allontanare i loro sospetti. Non posso rischiare che cancellino tutto quello che creerò.

Chuuya accarezzò le parole della pagina come imprigionato in un incanto. In quelle righe non aveva detto il suo nome nemmeno una volta eppure Chuuya sapeva che stava parlando proprio di lui. Le sue dita accarezzando le parole "Vorrei riempirmi il cuore del suo sguardo e le labbra del suo sorriso beffardo un'ultima volta prima di morire" furono scosse da un fremito.

Lo desiderava davvero?

Una morsa di paura e gioia strinse il cuore di Chuuya, mandandogli lo stomaco in subbuglio.

Sfogliò in fretta le pagine successive. C'erano poche righe per ogni giorno.

19 aprile 1970

Tutto prosegue secondo i piani.

22 aprile 1970

Oggi ho rischiato grosso.

23 aprile 1970

Alla fine è andato tutto liscio, circa.

26 aprile 1970

L'uomo con gli occhialetti gialli, il trafficante, è stato di nuovo qui.

29 aprile 1970

Oggi i miei hanno parlato con lo psichiatra. Il mio piano è messo appunto ora devo solo agire, in fretta.

3 maggio 1970

Manca poco posso farcela. Devo resistere ancora un po'.

7 maggio 1970

Mi mancherà mia nonna. E anche tutti gli altri.

10 maggio 1970

Piano terminato. Ora non mi resta che osservare e attendere le mosse dei miei genitori.

25 maggio 1970

Addio. Da domani non potrò più continuare a scriverti. Buona fortuna. Regalami "un'ultima volta", ti prego.

In fondo a quella pagina c'era uno scarabocchio che copriva uno o due parole. Chuuya si chiese cosa ci fosse scritto lì sotto. Aveva paura di sapere cosa Dazai aveva ritenuto il caso di cancellare.

Dopo aver preso un respiro profondo Chuuya tornò sul 15 aprile, l'ultimo giorno in cui Dazai aveva scritto più di una riga.
Rilesse la pagina ancora e ancora e allora comprese: Dazai aveva bisogno di lui, non per essere salvato o aiutato. Dazai aveva bisogno di lui perché voleva un degno addio prima della sua morte, prima di andarsene definitivamente.

Chuuya preso da un moto di rabbia scaraventò il quaderno attraverso la stanza, strappando per sbaglio una pagina bianca, che svolazzando per la stanza andò a posarsi sul legno del pavimento.

Al diavolo Dazai e i suoi piani di merda, lui, Chuuya Nakahara, avrebbe agito a modo suo, come solo lui sapeva fare.

A. A.

Ed eccoci qui, Chuuya sta già capendo qualcosa in più su quello che è successo al SUO Dazai.

Spero la storia vi stia piacendo ^^

A presto amiciii

Soukoku - The AnchorDove le storie prendono vita. Scoprilo ora