𝘁𝘄𝗼// 𝙎𝙖𝙣𝙜𝙪𝙚 𝙣𝙚𝙧𝙤

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«Così questo è il luogo» biascicò Jimin sbattendo lo sportello della macchina. «Tsk».
Il magazzino visto dall'esterno non sembrava molto grande, ma appena dentro era immenso. Subito il biondo sentì un tanfo terribile, quello della muffa che gli chiuse lo stomaco.

«Jimin, vieni a vedere» disse Joonwon. Jimin lo seguì camminando a passo svelto. «Cazzarola» disse infine fissando ciò che gli era stato detto di vedere.
Vi era un frigorifero, come quelli delle aziende di alimentari, forse utilizzato per il raffreddamento dei materiali. Poteva sembrare vuoto, ma non lo era affatto. Vi era un cadavere bianco come la neve, gli occhi spalancati in un grido.
Il viso era ricoperto da qualche macchia nero pece. La porta del frigorifero fu aperta per fare accedere la Scientifica. Le macchie nere ricoprivano il pavimento qua e là. Jimin indossò i guanti e il cadavere fu sdraiato a terra.
Si chinò per esaminare le macchie nere.

«È sangue» sussurrò fissando ancora quel volto ricco di sofferenze. Poteva ancora vedere i segni della sofferenza vissuta. Strinse gli occhi per non pensarci. Sicuramente quel pover uomo aveva provato dolore, panico, paura.
«Come fa ad esserne certo?» domandò una ragazza.
«È sangue» annunciò un membro della Scientifica. «L'organismo deve aver subito qualcosa di strano, qualche modifica e il sangue, così, ha preso questo colore, il nero. Lo sottoporremo ad un'autopsia»
«Controllate se ci siano documenti o cose varie» disse il biondo scattando una foto alla vittima, poi iniziò a perlustrare. La ragazza lo seguì.
«Signor Park» disse quasi inseguendolo.
«Che c'è ora, Seo-yon?»
«Sa, mi occupo delle indagini» fece vedere il distintivo quasi trionfante. Jimin lo fissò per un attimo e inarcò un sopracciglio.
«Okay» continuò a camminare tastando le pareti.
«Sa stavo pensando...» Jimin roteò gli occhi. «che per le indagini potremmo- Mi da fastidio darti del lei...mi da sui nervi»
«Sto lavorando, e dovresti farlo anche tu»
«Oppa, per favore»
«Non chiamarmi così al lavoro, potrebbero fraintendere»
«Dopotutto sei il mio fratellone» sussurrò ridendo e facendo roteare il distintivo su un dito. «Mi chiamo Park Seo-yon, sorella di Park Jimin»
«Sorellina, per l'esattezza»
«Sorellina per l'esattezza» scimmiottò Seo-yon. In effetti, lei aveva i tratti più giovani del biondo. Forse aveva all'incirca ventitré anni. I lunghi capelli marroni erano raccolti in una coda e la fronte era coperta da una leggera frangetta. Il suo sorriso da cerbiatto era considerato irritante. «Allora, fratellone...come va la relazione con Min-so?»
«Ho detto che sto lavorando»
La ragazza si portò le mani dietro la schiena e si chinò in avanti con il busto. «Lo vedo... Quindi?»
«Procede come sempre»
«Questa è sempre la tua risposta. Ho sentito da papà che andrete a convivere tu e lei, non è così?»
«Abbiamo affittato un appartamento nel centro di Seoul, sarà più comodo per il lavoro»
«Così mi lasci sola a casa?»
«C'è papà, no?»
«Ah, sì, giusto quindi vuoi abbandonarci»
«Non morirò mica, idiota» Jimin le diede un colpetto in testa ridendo. Mentre continuava a tastare la parete, notò una mattonella rialzata. La tolse.
«Bingo» disse tossendo alla povere che uscì.
«Vuoi dire che lo sapevi?»
Jimin si voltò, socchiuse gli occhi, inarcò un sopracciglio e fece un sorriso asimmetrico. «Sono un professionista dopotutto».
Nascosto dietro la mattonella, c'era un pannello di controllo.
«Cos'è esattamente?» domandò Seo-yon incuriosendosi.
Il biondo toccò dei pulsanti e una porta si aprì.
«Cosa hai trovato, dolcezza?» disse un ragazzo tirando su gli occhiali rivolgendosi a Jimin.
«Signor Min, la prego di smetterla»
«Avanti, entriamo» si fece spazio con le mani. Il biondo cercò di sovrastare i pensieri che consistevano nello strozzare quel Min Yoongi, suo collega.
Notò un foglio a terra e lo raccolse.
«Non c'è un cazzo» sbuffò Yoongi portandosi la mano sulla nuca.
«Non proprio. Hong Kong, ventidue maggio 2023, 00:00» disse Jimin quasi trionfante.

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