𝘁𝗵𝗿𝗲𝗲// 𝙑𝙚𝙧𝙨𝙤 𝙃𝙤𝙣𝙜 𝙆𝙤𝙣𝙜

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«Ad Hong Kong?» domandò Yoongi stupito mentre giocava con la penna e girava sulla sua sedia di ufficio.
«Sì, in Cina. Devo andarci entro il 22 di questo mese» spiegò Jimin serio.
«E ci andrai da solo?»
«Signore, ho ventotto anni. Credo che il mio assistente, Kim Joonwon verrà assieme a me»
«Kim Joonwon? Dovresti scegliere qualcuno di competente»
Jimin si morse il labbro e disse: «Credo che Joonwon sia in grado»
«Park, per favore. Sono in grado di giudicare i miei agenti. Verrò io»
Il biondo si sforzò a non ridere.
«Mi stai forse prendendo in giro?» domandò l'altro in tono serio.
«Credo che lei debba stare in centrale»
«Jimin, smettila di darmi del lei»
«Ma siamo in servizio»
«Lo so che prendi il tuo lavoro molto seriamente e ne vado fiero, ma adesso siamo solo noi due, no?» A quel pensiero, il biondo arrossì. «Sei a disagio?» Yoongi fece un sorriso malizioso. «Eppure non dovresti esserlo, zuccherino» si alzò dalla sedia e raggiunse Jimin sistemandosi dietro di lui. Si avvicinò al suo orecchio e sussurrò: «È per caso sessualmente frustrato il mio Jiminie?» gli poggiò una mano sul fianco.
L'altro rabbrividì. Si sentiva le guance a fuoco e si affrettò a dire: «Assolutamente no. La relazione tra me e Min-so va alla grande»
«Min-so?»
«Esattamente, Min-so è la mia ragazza»
«Quanto vuoi che duri. Quindi mi stai dicendo che sei eter- non ce la faccio a dire quella parola»
«Etero»
«Sh» lo ammonì. «Non nel mio ufficio. Cambierai idea, fidati». Yoongi gli diede una pacca sul sedere e uscì dall'ufficio.
«Aish» esclamò Jimin battendo un piede a terra. Yoongi era suo amico sin dal suo trasferimento da Busan a Seoul e inoltre era il suo, come si sol dire, capo. Era stato proprio Min Yoongi ad assumerlo in centrale e Jimin non sapeva se quella fosse stata una decisione saggia o meno. Quel ragazzo, dal loro primo incontro avvenuto in una delle caffetterie della capitale sud coreana, provava un debole per il biondo e, a quest'ultimo, ciò non piaceva molto. Avrebbe portato enormi disagi a lavoro e in servizio. Tra loro c'era solo amicizia, tutto qui.
Finito il suo turno di lavoro tornò a casa, l'appartamento appena affittato. Infatti, in giornata, la ditta di trasloco l'aveva contattato dicendo che era tutto pronto.
Entrò in casa silenziosamente, dopotutto era notte fonda, all'incirca le due di notte.
Posò le chiavi sul mobile e si aspettò di vedere Min-so seduta sul divano del nuovo salotto, ma non c'era. Sul tavolino c'era una bottiglia di vino assieme a due calici.
Il biondo si avvicinò e afferrò uno dei due bicchieri. Il suo sguardo cadde sulla porta della stanza prestabilita per la camera da letto. Il corridoio era coperto di indumenti femminili...ma anche maschili.
Lui pregò che tutto fosse uno scherzo del sonno e della stanchezza. Si decise ad aprire la porta e accese la luce.
No, non era uno scherzo.
Jimin scoppiò a ridere, una risata isterica tra il dolore e la delusione.
«Jimin, non pensavo che tu tornassi prima» balbettò la ragazza nascondendosi tra le coperte.
«Giusto, non pensavi. Ma eccomi qui» la voce era tremante, spezzata ma non voleva piangere, non lì in quel momento. «E tu non hai niente da dire?» indicò il ragazzo che era sdraiato accanto a Min-so. «Non hai niente da dire a tua discolpa? Tsk» ripeté, si morse il labbro. «Okay, divertitevi. Mi pare scontato dire che tra noi due è finita» questa volta indicò Min-so. «Buonanotte».

«Così te ne sei andato dando la buonanotte? Ma sei serio?» disse Taehyung, un ragazzo con i capelli tinti di blu mentre picchiettava il tavolo con le sue dita lunghe.
«Sì» rispose il biondo in imbarazzo.
«L'avevo detto che sarebbe durato poco» disse Yoongi stiracchiandosi e sistemandosi i capelli marroni. «Io sono single» fece un occhiolino.
«Sta zitto» lo ammonì Taehyung innervosito. Joonwon scoppiò a ridere mentre si lisciava i capelli rossi.
«Guarda che posso sempre licenziarti» disse Yoongi diretto all'assistente di Jimin.
«Meglio stare con una pianta che con te» disse il biondo ridendo mentre beveva il suo bicchierino di soju.
«Ora non deprimerti, non ti meritava» cercò di rassenerarlo il rosso.
«Alla salute».
«Senza offesa, ma sembrate delle donne depresse nei K-drama» li prese in giro il moro ridendo.
«Hai rotto il cazzo» disse il ragazzo con i capelli blu. «Viene a brindare con noi» alzò il bicchiere. «Jimin, quando partirai per Hong Kong?»
«Tra due giorni. Andrò solo»
«Come scusa?» domandò Yoongi arrabbiandosi. «Tu da solo non vai da nessuna parte»
«Min, se vengono altri agenti, la Black Rose agirà qui in Corea o addirittura proprio qui a Seoul»
«Il ragionamento è sensato» disse Taehyung mettendosi una mano sul mento «Ma da solo è pericoloso, se ti accadesse qualcosa?»
«Mi trattate tutti come un bambino, ma ho ben ventottanni, cazzo» il biondo si alzò dalla sedia e si diresse verso la finestra. «Posso farcela»
«Tu hai qualcosa che non va il quel cazzo di cervello» disse il moro ridendo.
«Non sono l'unico qui»
Tutti si zittirono per qualche minuto.
«Taehyung, posso stare qui fino alla partenza?» domandò il biondo continuando a fissare il panorama.
«Certamente, ho una stanza degli ospiti in fondo al corridoio»
«Grazie, io vado a letto» lasciò la stanza deluso e triste.
«Vado a parlarci» decise Yoongi.
«Sii prudente e non dire stronzate» lo avvertì Joonwon.

«Jiminie?»
Jimin era seduto sul grande materasso mentre fissava il pavimento.
«Ora che c'è?»
«Che ti prende?»
«E me lo chiedi pure? La mia ragazza mi ha tradito e ho perso ben 200k Won»
Si guardarono negli occhi. In quel momento Jimin voleva solo del calore, un abbraccio. Il suo sguardo cadde su quelle piccole labbra che forse racchiudevano ancora il sapore del soju bevuto e tutto il calore. Gli venne il pensiero di sfiorarle, ma subito lo eliminò.
«Jiminie, lo so che vuoi andare a Hong Kong per le indagini da solo, sai che c'è, fa quel che cazzo ti pare. Non mi importa» si corresse «Sei una delle persone a cui tengo di più in questo mondo e non vorrei che qualcuno ti facesse del male. Ma fanculo i sentimenti. Devo solo fidarmi di te, agente Park Jimin» tirò fuori dalla tasca un biglietto per Hong Kong. «Per te, nano»
Jimin sorrise. «Grazie, capo».
Si abbracciarono.
Yoongi, dentro di sé, sapeva che quello sarebbe potuto essere anche l'ultimo abbraccio perché probabilmente, Jimin non sarebbe più tornato dal viaggio in Cina. A quel pensiero, lo strinse più forte.
«Fa buon viaggio e torna presto».

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