Cαριƚσʅσ 53

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Jisoo era appena arrivata.
Tirò il freno a mano, mantenendo acceso il motore dell'auto.
Prese il cellulare, appoggiato sul cruscotto e digitò uno dei numeri nella rubrica.
Attese vari squilli e poi, finalmente, una voce maschile rispose dall' altro capo della cornetta:

«Jisoo?»

«Papà, mi apri il cancello?»

«Subito!», disse suo padre, riattaccando la chiamata.

Le ampie inferriate lentamente si aprirono davanti ai suoi occhi e Jisoo cominciò ad avanzare con la macchina per superarle.

Suo padre viveva in una bella villetta a schiera immersa nel verde delle colline alle porte di Daegu, insieme a Yun, la sua compagna.
Jisoo non li andava a trovare molto spesso, a causa dai suoi mille impegni e del rapporto che aveva con suo padre.

Non era un rapporto "turbolento" il loro, non c'erano mai state discussioni o allontanamenti.
Apparentemente andavano d'accordo, ma erano come due estranei.
Jisoo era sempre stata la figlia modello, quella che non creava mai problemi, brava nello studio, giudiziosa. Nella sua vita non aveva mai portato avanti lotte personali o piccole rivoluzioni, aveva sempre accettato i comportamenti dei suoi genitori, anche se l'avevano fatta soffrire, anche se spesso si era sentita quasi inesistente o invisibile, soprattutto per suo padre.
Negli anni aveva semplicemente imparato a farsi bastare la sua assenza.

Per tanto tempo aveva fatto l'errore di idealizzarlo, come quasi tutti i figli fanno con i propri genitori, vedendoli come figure sovrumane, incapaci di sbagliare e avere limiti.
Ció la faceva stare ancora più male, perché incolpava sé stessa per non riuscire a costruire un vero rapporto padre e figlia con l'uomo che le aveva dato la vita.
I papà non sbagliano, i papà amano incondizionatamente, quindi se non riusciva a ricevere l'affetto che desiderava, doveva essere solo colpa sua.

Crescendo aveva invece imparato a guardarlo in modo meno idilliaco: aveva capito che un genitore non nasce come tale, impara a esserlo con il tempo, sbagliando e riprovando.
Alcuni riescono naturalmente, altri, semplicemente, non sono portati.
Suo padre era così: un uomo che le voleva sicuramente un gran bene, ma che non era mai riuscito a essere il genitore che Jisoo avrebbe voluto.

Aveva sostituito la sua figura con quella di suo nonno: era lui che da piccola la rassicurava dopo un brutto incubo, lui che l'abbracciava, stritolandola per darle tutto l'affetto che desiderava, lui che era il suo complice quando faceva qualche marachella, lui che la faceva sentire speciale e unica.

Non ricordava di aver mai ricevuto un complimento o un gesto d'affetto da parte di suo papà.
Sono quelle piccole mancanze che durante l'infanzia appaiono futili e senza alcun valore, ma che nel tempo scavano solchi e ferite che, da adulti spesso, si aprono e cominciano a far male.
Jisoo lo aveva vissuto sulla sua pelle: era stata una bambina e un'adolescente poi, insicura, chiusa, timida, soprattutto con il sesso opposto. Aveva sempre avuto paura anche solo di farsi sfiorare con lo sguardo, perché era abituata a sentirsi invisibile per gli uomini, soprattutto per quello che doveva essere da sempre l'uomo più importante della sua vita: suo padre.

Quella presenza assente e la perdita di suo nonno l'avevano forgiata: aveva imparato a cavarsela da sola, a essere forte e indipendente, senza la figura eroica di un padre pronto ad aiutarla, consolarla e difenderla.
Dentro di sé era consapevole di proiettare la figura paterna nelle sue relazioni sentimentali: lo aveva fatto con Suho e in qualche modo sentiva di aver ripetuto lo stesso atteggiamento anche con Taehyung.
La sua apparente forza esteriore si contrapponeva sempre con il suo animo alla ricerca di sicurezze, di dimostrazioni, di affetto.

𝑨𝒏𝒐𝒕𝒉𝒆𝒓 𝒍𝒐𝒗𝒆 (𝐕𝐬𝐨𝐨)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora