Capitolo 1

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Eirian

Una sola cosa poteva calmare il cuore della principessa quando rabbia e paura minacciavano di sopraffarla, la luna. Quella notte, tuttavia, la volta celeste era invasa da nuvoloni scuri e minacciosi che le impedivano di ammirare la placida forma dell'astro. Prese un bel respiro e abbassò lo sguardo, ritrovandosi a osservare cinque metri di vuoto che terminavano con del suolo freddo ed estremamente duro. Vuoi davvero lasciare tutto ciò che hai per un semplice capriccio? Disse una voce nella sua testa. No, non era un capriccio. Si strofinò i polsi e sussultò quando il dolore le si irradiò lungo le braccia.

Solo poche ore prima era legata a una sedia, schiaffeggiata e costretta al silenzio dal re. Aveva fissato lo sguardo nei suoi occhi -di un verde gelido e spietato-, l'aveva sfidato e aveva perso.

Dopo l'ultimo schiaffo aveva smesso di pulirsi e attese in silenzio, il fiato sospeso e il cuore che le pulsava violentemente nel petto. Non rimosse nemmeno il rivolo di sangue che le colò dall'angolo della bocca. Sapeva che quella notte si sarebbe dovuta medicare da sola. Il solo pensiero dei polsi arrossati e sanguinanti le mandò un brivido lungo la spina dorsale.

"Non ti senti in colpa?" ringhiò cercando di mettere quanta più distanza possibile tra lei e il padre.

Il re le rivolse uno sguardo vacuo e vagamente stufo. "Sono un re, Eirian" rispose con calma. "Non ho tempo per queste cose, e nemmeno tu."

Prese un fazzoletto dalla tasca dei pantaloni e con uno sbuffo glielo lanciò. Era stanco della sua presenza e non provava nemmeno a nasconderlo.

"Adesso vai a pulirti" borbottò cupo andando a sedersi sul trono in oro massiccio. "Il tuo futuro marito sarà qui all'alba. Sarà meglio tu sia presentabile" le lanciò un'occhiata torva e carica d'ira. "Non vorrai che tua madre paghi per le tue colpe, vero?"

Quella era l'ultima angheria che la principessa era disposta a sopportare.

Corse lungo i corridoi dell'ala ovest e si diresse verso l'unica zona del palazzo dove a nessuno era consentito l'accesso, la camera della regina.

Da anni Edmund Lancaster aveva rinchiuso la moglie in un luogo in cui non avrebbe disturbato nessuno con le sue grida. Solo due serve di fiducia potevano entrare nell'ala vecchia del castello per occuparsi di lei. Quando poteva, Eirian andava a visitarla, ma spesso non era abbastanza lucida da sostenere una conversazione. In quei casi sedeva al suo capezzale mentre delirava, cercava di calmarla, farle sapere che non era in pericolo. Ma la mente umana era il posto più oscuro di tutti, e i demoni che infestavano i pensieri di Margaret complicavano le cose.

Quella notte sgattaiolò tra le ante della pesante porta in legno di cedro e si fece strada lungo il corridoio deserto. Non c'erano luci accese o candele che la guidassero al buio, solo la memoria le permise di trovare la strada. Entrò nella stanza senza fare alcun rumore e si sedette sulla piccola poltroncina al lato del letto.

La regina dormiva, il respiro pesante e il volto contratto in una smorfia di terrore. Gli anni sotto farmaci, le notti insonni e il dolore per la morte del suo primogenito l'avevano rovinata. Il lutto era stato un mostro affamato e insaziabile che aveva portato via tutta la sua bellezza. Della regina solare e affascinante di un tempo non rimaneva che quella scadente imitazione.

Eirian le scosse una spalla nel tentativo di svegliarla e dirle addio. Margaret mugugnò ma i suoi occhi si aprirono. La confusione iniziale lasciò spazio all'estasi appena mise a fuoco la figura di sua figlia.

Regno di Rovine 1Where stories live. Discover now