Capitolo 7

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Eirian

I giorni seguenti furono difficili ed Eirian faticò a riprendere il ritmo. Non riusciva a chiudere gli occhi senza vedere quelli spettrali della ninfa, i suoi artigli penetrare nella carne e strapparle qualcosa da dentro. Almeno aveva smesso di vedere Greysen ma era solo una piccola consolazione sapere che i suoi vecchi incubi erano spariti.

Li aveva ormai da anni. Erano iniziati quando una sera si introdusse nelle stanze di suo padre. Non ricordava cosa stesse cercando, probabilmente qualcosa di futile, ma ciò che trovò fu un ritratto di Greysen Lancaster appeso alla parete sopra il camino. Ammirò i suoi occhi verdi senza vita per ore, pensando a quanto fosse simile a loro padre e quanto -anche in un dipinto- fosse l'eroe che tutti ricordavano. Quando Edmund la trovò addormentata di fronte al camino, la prese per i capelli e la trascinò urlante fino al bagno, riempì la vasca e la gettò dentro. Per un intero minuto le tenne la testa sott'acqua.

Dal giorno, quella divenne la sua tortura preferita. Era intelligente, suo padre, non usava mai armi che potessero marchiarla permanentemente, perché secondo lui una principessa doveva essere perfetta.

"Chi ti amerà mai se non sei perfetta? Nessuno, figlia mia." era la frase che più spesso le rivolgeva, la ripeteva ogni volta che sbagliava qualcosa, la sognava di notte, la sentiva nella mia testa.

Fu così che iniziò a sognare Greysen. Si trovava sempre sul fondo dell'oceano e stringeva a sé il suo corpo putrefatto, sentiva la sua carne scivolarle tra le dita come una saponetta. Ma ciò che le era rimasto impresso era l'assenza di quegli occhi verdi e magnetici, ormai mangiati dai pesci. Di solito stava lì, incapace di staccarsi dal cadavere. Altre volte parlava e le diceva che sarebbe finita come lui, che i pirati avrebbero preso anche lei.

Quando si stancava di stare sdraiata a letto a fissare il soffitto sgattaiolava sul ponte, prendeva arco e frecce e provava a tirare. Ogni singola volta la freccia non colpiva il bersaglio e finiva da qualche parte sul ponte di prua.

"Oh, ti prego!" sbottò dopo la decima volta che sbagliava. Come cacciatrice, Eirian aveva sempre sentito una sorta di connessione tra lei e le frecce -il modo in cui tagliavano l'aria e si conficcavano esattamente dove volevo lei-, le veniva naturale. Adesso dentro di lei c'era un buco vuoto dove prima c'era quell'affinità e temeva non sarebbe più riuscita a recuperare la sua mira.

Cos'era una Cacciatrice di Artemide se non sapeva tirare con l'arco?

Ne scoccò un'altra e andò a conficcarsi sul parapetto.

"Maledizione!" gridò e andò a riprenderla, la frustrazione era assordante nelle sue orecchie.

In un impeto di rabbia la gettò in terra con forza e diede un pugno al legno. All'inizio non sentì dolore, poi una scossa le pervase l'intero braccio e le riempì gli occhi di lacrime. Accolse la fitta con piacere, come se potesse spazzare via la tristezza.

"Cosa ti ha fatto di male questa nave?" Bastian comparve alle sue spalle, silenzioso come un gatto.

"Oh, dei!" la Cacciatrice sobbalzò e si ricompose in un istante. "Che ci fai qui?"

"Che ci fai tu qui!"

"L'ho chiesto prima io" incrociò le braccia al petto per nascondere l'irritazione sul suo avambraccio. Non voleva sapesse tutte le notti che aveva passavo ad allenarsi senza risultato.

"E questa è la mia nave."

Eirian diede manforte e si lasciò scivolare in terra, abbandonandosi alla stanchezza.

"Incubi?" chiese il ragazzo prendendo posto affianco a lei. Aveva i capelli arruffati e senza il suo classico trucco nero sembrava ancora più giovane.

Regno di Rovine 1Where stories live. Discover now