Scopami

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AYLA

Dopo aver lasciato mamma e Bella, tutto quello a cui riuscivo a pensare era quello che avevano detto sul calore della gravidanza. Il gravidore, l'avevano chiamato.
Il mio corpo era un tornado di eccitazione e nervosismo. Elijah e io abbiamo provato il calore più di tutti gli altri. Lui era un Alfa e io ero una dominante, il che significava che la nostra lussuria era già alle stelle.
Quindi cosa diavolo ci stava per succedere?
Parcheggiai nel nostro vialetto e mi diressi verso la porta d'ingresso, pronta a sbloccarla, ma non appena infilai la chiave nella serratura accadde qualcosa.
Fu come se un gavettone di elettricità, in qualche modo freddo e caldo allo stesso tempo, fosse esploso nel mio sesso.
E quando esplose sparse formicolii che percorrevano ogni centimetro del mio corpo.
Sentii ogni mia singola cellula scattare sull'attenti e ogni singolo pelo della mia pelle alzarsi dritto.
La pelle d'oca correva su e giù per le mie membra.
I miei capezzoli si allungarono e indurirono,
diventando ancora più duri quando sentirono il laccio stretto del mio seno.
E il mio sesso?
Quella era tutta un'altra storia.
Ero bagnata, pulsante, ansiosa di liberarmi. Ed era stato un solo maledetto secondo.
Con una mano tremante, spinsi la porta per aprirla. Ma non mi mossi. Avevo paura di quello che sarebbe potuto succedere se avessi causato un qualsiasi tipo di attrito da qualche parte, e i miei jeans erano abbastanza stretti da essere una minaccia.
"ELIJAH!", urlai, e pochi istanti dopo lui camminava verso di me. La sola vista di lui fu sufficiente a spingermi al limite.
Non appena i nostri occhi si incrociarono, percepii il cambiamento.
Lo colpì. Duramente.
Le sue pupille si dilatarono, le sue labbra si strinsero, i suoi bicipiti si tesero contro il tessuto della sua maglietta sottile. Osservai come i suoi muscoli si contraevano, come le sue guance diventavano rosee.
Jeans stretti o no, non potevo aspettare un altro secondo.
Corsi verso di lui, mi fiondai e lo buttai a terra. E in quel momento non eravamo più compagni no, non più. Eravamo eserciti. In guerra tra di noi.
Era una battaglia a chi riusciva a strapparsi i vestiti di dosso per primo, a chi riusciva a spingersi sopra, a chi riusciva a far provare a sé stesso esattamente quello che doveva provare, esattamente al momento giusto. Di solito, ero un amante abbastanza generosa ma non ora.
Ora ero concentrata su una cosa e una cosa soltanto.
Il mio orgasmo.
Lui si era fatto strada a forza sopra di me, e io allargavo le gambe fino a dove potevano arrivare, spingendo i suoi fianchi dentro di me, facendo sì che la sua durezza sfregasse dentro di me ancora più forte.
Solo il pizzo delle mie mutandine ci separava, ma era comunque troppo.
Così le mie mani lasciarono la sua schiena, dove le mie unghie lo avevano graffiato, e si spostarono verso le mie mutandine. Senza pensarci troppo strappai via il pizzo finché non ne rimasero solo brandelli
Ora eravamo pelle a pelle, e lui si strofinava contro di me, colpendo il mio clitoride a ogni movimento verso l'alto.
"SCOPAMI!", ringhiai, desiderosa di di più. Di più. Di più. Di più.
Senza alcun preavviso si spinse dentro di me. Riempiendomi, pompando dentro e fuori senza alcun segno di tenerezza. Aprii gli occhi, guardando il suo viso. La sua espressione era di pura, irrefrenabile lussuria.
Era primordiale. Feroce. E continuava a entrare dentro di me ancora più forte.
"AAAHHHHH!" Urlai mentre sentivo il mio corpo avvicinarsi al limite.
La montagna continuava a diventare sempre più grande, e mentre il mio sesso si stringeva e il piacere aumentava, ero un po' terrorizzata da quello che mi aspettava dall'altra parte.
Non avevo mai scalato una montaona così grande, prima.
Non mi ero mai sentita così stretta, mai provato così tanto piacere, così tanto bisogno.
"Voglio sentirti urlare", mi ringhiò Elijah in faccia, goccioline di saliva che cadevano su di me mentre parlava. Era così intenso, il suo modo di parlare.
E mi eccitava da morire.
Mi ha spinta fino al bordo dell'ultima cima.
Dritta fino al salto finale.
E poi, prima che potessi dare un senso ai miei sentimenti, Elijah cominciò a pompare più forte e a strofinarmi il clitoride con il suo dito allo stesso tempo.
Era giunto il momento.
Volavo.
Volando, volando, volando giù per una discesa infinita, tutto il mio corpo tremante di euforia. Era la più dolce iniezione di peccato, mi bruciava dall'interno, mi incendiava. Non riuscivo a aprire gli occhi. Non riuscivo a emettere un suono. Non riuscivo a respirare.
Sarei rimasta bloccata così per sempre?
Intrappolata nella caduta libera di un delizioso, incontrollabile, incomparabile orgasmo?
Ma poi l'estasi cominciò a diminuire e fui in grado di riprendere fiato, di muovere le braccia e le gambe. Avvolsi le mani intorno alla schiena di Elijah mentre lui rallentava il suo ritmo e si tirava fuori da me.
Anche lui aveva finito, ma io me lo ero perso. Perché ero del tutto persa nella mia stessa caduta libera.
Portai le mani al suo viso e notai che erano rosse di sangue. Alzai la testa e controllai la sua schiena, ansimando.
Gli avevo strappato la pelle.
"Oh mio Dio, ti ho fatto sanguinare! Ti fa male? Stai bene?"
Ma Elijah si mise a ridere, rotolando via da me e crollando sulla schiena. "Non so cosa sia stato. Ma porca troia", disse.
"Porca troia", ripetei. E poi voltai la testa, girandomi verso di lui. Anche lui voltò la testa verso di me. "Questo è il gravidore", lo informai.
"Il cosa?"
"Il gravidore. È il calore che colpisce solo una lupa mannara gravida e il suo compagno, quindi nessun altro sente..."
Improvvisamente, lo stesso gavettone di elettricità scoppiò di nuovo nel mio sesso.
Tutto il mio corpo formicolava, era in fiamme, aveva bisogno di più soddisfazione.
Guardai Elijah. I suoi occhi erano brucianti della stessa passione.
Ecco che ci risiamo.
Un secondo dopo mi portava sul divano, mi girava e mi entrava da dietro. Colpo, colpo, colpo. Orgasmo.
Ci fermammo. Ebbimo qualche minuto per respirare.
E poi, BANG!
Altra elettricità.
Altro fuoco.
Scopammo in cucina, nella dispensa e sul pavimento della sala da pranzo.
Scopammo sotto la doccia, davanti allo specchio e nel portico sul retro.
Mangiai il burro d'arachidi dai suoi addominali e lui mi fece gocciolare la cera delle candele sul petto.
Niente era off-limits.
Niente era troppo.
La liberazione era l'unica cosa che contava. Era uno sport di squadra ed entrambi avremmo vinto il premio di miglior giocatore di questa stagione. Perché non potevamo fermarci nemmeno se avessimo voluto ma ogni round era diverso.
Il gravidore rimaneva lo stesso, ma noi stavamo migliorando.
E cazzo se mia madre e Bella non avevano ragione.
Lo sentivo abbastanza per tutto il fottuto branco.

JOSH

Roxa mi stava fissando come una pazza. "Ok, va bene, lo chiamo. Ma penso che tu stia esagerando".
"Lei non risponde ai miei messaggi da tre giorni! E so che anche Elijah ti sta ignorando!"
"Forse sono impegnati con la gravidanza, Roxane".
Lei mise le mani sui fianchi e batté il piede. "È meglio che lo chiami subito, Josh. Non ho voglia di giocare".
Sospirai, premendo il numero di Elijah nel mio telefono. Non avevo altra scelta che fare quello che diceva, quando si comportava così. Altrimenti sarebbe scoppiata la terza guerra mondiale.
E io non volevo andare in guerra con Roxane. Non dovevo essere il più intelligente del branco per capire che mi avrebbe fatto prigioniero.
"Suona libero", le dissi.
Lei continuò a battere il piede.
"Avete chiamato Elijah Norwood, Alfa del branco. Lasciate un messaggio", sentii attraverso il telefono. Riattaccai.
"Segreteria telefonica".
"Vedi? Sta succedendo QUALCOSA! Andiamo a casa loro".
"Roxane, ti stai comportando da pazza. Sono passati solo un paio di giorni".
"Non sei tu quella che ha paura che il vampyr venga a darci la caccia? E se li avesse presi?"
La guardai e capii che aveva ragione. Era vero. Konstantin avrebbe potuto trovarli. Avrebbe potuto attaccarli. Non lo sapevamo con certezza.
Composi il numero di Jeremy. "Ehi, Jeremy", salutai quando rispose.
"Ehi, Josh. Come va?"
"Hai sentito Elijah negli ultimi giorni? O Ayla? È da un po' che non si vedono".
Jeremy si mise a ridere. "Cosa c'è?", chiesi.
"Bella è passata da casa ieri perché Ayla non rispondeva ai suoi messaggi. Sembra che siano nel bel mezzo del gravidore. Bella non ha dovuto nemmeno avvicinare l'orecchio alla porta d'ingresso per sentire le urla animalesche".
Roteai gli occhi. "Grande, grazie, Jeremy", dissi mettendo giù.
"Allora?", chiese Roxane.
"Nessuno gli sta dando la caccia. Si stanno dando la caccia a vicenda. Il calore della gravidanza ha preso il sopravvento e sono tre giorni che scopano come animali. Sei contenta?"
"NO! NON SONO CONTENTA!", urlò lei. "SCOPANO PERFINO MEGLIO DI NOI!"

ROXANE

"...Sei contenta?", chiese Josh, dopo aver spiegato quello che Jeremy gli aveva detto al telefono. Lo guardai scioccata Se sono contenta?
Quanto è stupido, cazzo?
"NO! NON SONO CONTENTA!", gli urlai contro, incapace di credere che non stesse capendo una parola di quello che stavo dicendo. "SCOPANO PERFINO MEGLIO DI NOI!"
Non potevo sopportare di vedere per un altro secondo lo sguardo che mi stava dando. Mi guardava come se fossi una pazza. Io NON sono pazza! Se c'era qualcuno di pazzo, quello era lui!
Uscii come una furia dal soggiorno, dirigendomi direttamente verso la nostra camera da letto.
Sbattei la porta dietro di me e fu allora che notai quel casino.
Dappertutto.
I vestiti di Josh, i documenti di Josh, la valigetta di Josh, tutta la sua roba sparsa per la stanza.
"AAAAAAAHHHHHHH!" Urlai, con la rabbia che ora mi consumava completamente.
Iniziai a gettare tutti i suoi vestiti in una pila sul pavimento, lanciai la sua valigetta contro il muro e poi impilai tutte le sue carte una sull'altra.
Essere produttivi mi faceva sentire bene.
Il mio respiro stava lentamente rallentando, tornando normale.
Continuai a pulire, organizzai i soprammobili sul comò, raddrizzai la mia scatola di anelli e andai persino a rimettere l'orologio di Josh al posto giusto. Ma quando mi allungai per prenderlo dalla superficie, mi cadde tra le dita e atterro sul pavimento di legno duro.
Crack.
Il vetro dell'orologio si era incrinato.
Merda.
Mi accovacciai per controllare quanto fosse grave il danno. Mi abbassai per raccoglierlo e fu allora che lo vidi. Questa sostanza nera simile al catrame, che trasudava da dietro le crepe.
Nel momento in cui toccò la mia pelle mi ustionò. "AHI!", gridai, facendo cadere immediatamente l'orologio.
"MA CHE CAZZO?"
Ma non appena l'orologio toccò il pavimento, da esso uscì una specie di nebbia. E poi dal vapore apparve una figura. Una figura con un volto.
Una figura con la faccia di Konstantin.

La Vergine Del BrancoWhere stories live. Discover now