- eleven -

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«eh?» chiesi pensando di aver sentito male «ti porto io a casa, sono le cinque di mattina e il tuo capo è uscito prima che io entrassi in questa stanza» lo ripeté dandomi le spalle dopo essersi seduto dal lato opposto del letto per rivestirsi anche lui.

«n-non c'è bisogno, posso chiedere a qualcun'altro, in caso mi basta aspettare mezz'ora per gli autobus» dissi veramente più spaventato da lui che dal chiedere a uno sconosciuto di portarmi a casa.

«stai zitto per una fottuta volta, non ti voglio fare nulla, ti ho già fatto soffrire abbastanza» disse continuando a guardare la sua cintura che si stava stringendo ai fianchi in un modo attraente e violento.

«l'unica cosa che ti chiedo è vestirti e mantenere la maschera» disse dopo essersi completamente vestito prendendo in mano chiavi e sigarette aspettando un passo da me.

«devo andare nel camerino prima» dissi mettendomi la maschera più stretta del solito, lo vidi annuire con una sigaretta in bocca pronta per essere accesa.

uscimmo dalla stanza con le mie gambe che stavano ancora tremando per poi arrivare al camerino «puoi entrare se vuoi» dissi sulla soglia della porta «non voglio» disse accendendosi la sigaretta notando come il fumo era come nebbia nel club.

chiusi la porta lasciando un respiro profondo per poi sentirlo appoggiarsi alla porta, mi cambiai velocemente vestiti rimettendomi quelli che avevo addosso mentre quello stesso giorno mi stava picchiando.

mi struccai guardandomi nello specchio per poi passare un po' d'acqua fra le mie ciocche piene di gel e altri prodotti, rimessi tutto dentro il mio borsone indossando per ultima cosa la mia maschera tenendo il cellulare nella felpa oversize e le chiavi nei jeans anch'essi di qualche taglia in più e con molti strappi che lasciavano intravedere i lividi e succhiotti che mi ero procurato in un solo giorno.

uscii facendolo spostare dalla porta con ancora la sigaretta fra le labbra, salutai il barista di nome chan per poi disintossicarmi da tutto il fumo una volta fuori sentendo l'odore della pioggia che stava per arrivare e la notte di seoul.

«è lì» minho indicò un auto nera che sembrava molto costosa facendo illuminare i fari di essa togliendone l'allarme, mi aprì la porta per poi richiuderla senza neanche guardarmi per sbaglio.

fece il giro per poi fare partire il motore mentre i miei occhi vagavano per l'auto in cerca di qualcosa di sbagliato «dove abiti?» mi chiese continuando ad avere un tono distaccati e lo sguardo dritto davanti a lui.

«hai presente quel tabaccaio vicino alla scuola?» lo guardai annuire una volta ancora cercando di far smettere le mie gambe di tremare in un modo imbarazzante «ecco- lì» dissi stringendo le mie cosce in modo di fermarle.

saltai sul sedile quando sentii la sua mano calda spostarsi dal cambio manuale alla mia gamba che smise subito di tremare al tocco della persona che l'aveva fatta diventare in quel modo.

«quando hai iniziato?» chiese con gli occhi sulla strada come se quello che avesse appena fatto fosse nulla «a 17 anni ho iniziato a lavorare lì, a 15 anni ho iniziato a lavorare illegalmente per mantenere mia sorella guadagnandomi poco e niente»

«non avevi nonni o qualcuno che vi potesse prendere?» chiese sembrando incuriosito «abbiamo vissuto un anno con i nostri nonni, ma sono morti entrambi quando avevo 16 anni e lei 11, per adozioni eccetera nessuno si voleva prendere la nostra responsabilità e mio padre non era conosciuto come un gran uomo- se capisci ciò che intendo» dissi iniziando a guardare dal finestrino.

«perché non mi hai mai detto nulla?» disse con un tono di voce più soffice «sarebbe diventato un problema più grande, riguardo ai servizi andrebbe male per me e peggio per te» continuai notando le prime gocce cadere sul finestrino.

«a tua sorella va bene?» sospirai non sapendo bene come rispondere «si sente in colpa perché sa che devo lavorare lì per mantenere soprattutto lei e i suoi studi, non la vedo quasi mai perché si richiude nella sua camera ed essendo che ha solo 14 anni spiegarli tutto la manderebbe in una depressione ancora più preoccupante» chiusi gli occhi pensando a tutto ciò che avrà passato da sola.

«c'è un modo in cui potrei aiutarti?» quella domanda mi sorprese veramente tanto «non credo, mi stai facendo guadagnare molto con le tue "visite" e anche se non mi basta per saldare tutti i debiti è un grande aiuto non richiesto» dissi ricordandomi delle grandi somme che rilasciava per il tempo in più e le mie performance.

«mh- okay» disse spostando la sua mano dalla mia coscia per parcheggiare davanti a casa mia, uscire e venire per aprirmi (.) la porta e aiutarmi ad uscire senza rompermi una gamba.

«il mio numero ce l'hai, buonanotte» disse guardandomi solamente i capelli che mi stava accarezzando con l'altra.

credo che chan abbia messo qualcosa nel suo drink o cose del genere.

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vi risparmio i pianti di gruppo

mask-Where stories live. Discover now