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Per tutta la durata del viaggio entrambi cercarono di farsi sedurre dalle braccia di Morfeo, un buon sonno ristoratore serviva a tutti e due. Anna ci riuscì, appoggiò la testa sulla spalla di Gaudenzio che per qualche minuto lesse, poi anche lui andò nel mondo dei sogni.
Intorno a loro, seduti sopra dei morbidi sedili, la notte scorreva e splendeva più ardente che mai. Arrivarono a Bologna alle quattro del mattino, il freddo estivo li penetrava nelle loro pelli già provate dai bombardamenti.
Scesero dall' autobus spaesati e confusi in una città che non conoscevano.
" Dove andiamo?" chiese lei
" Non so"
Mentre stavano con le loro valigie immersi nel buio della magica Bologna, un uomo si avvicinò a loro.
Era di bassa statura, con pochi capelli, indossava un completo nero con maniche e bottoni lucidi e bianchi, si faceva largo tra la folla
" Signori, finalmente vi ho trovati"
" Cercavate noi" chiese Anna con un po'di malizia
" Se vi ho chiamati, voi cosa credete?" Si alterò l'uomo
Prese le valigie, gli fece cenno di seguirli.
Facendosi largo, arrivarono davanti una grossa macchina nera. Salirono.
Come per una strana sensazione irrefrenabile, l'autista, mentre guidava, disse che li stava portando a Villa Durastanti
" Cos'è?" Sussurrò Anna all'orecchio di Gaudenzio.
Lui fece spallucce.
" Suppongo che voi sappiate perché vi trovate qui a Bologna"
" Si, per il mio fidanzato" esclamò entusiasta Anna
" Signorina" riprese l'autista " i Durastanti vogliono solo rivolgersi al signor Gaudenzio"
" Perché proprio a lui?"
" Patrizio ha parlato solo di lui, non ha accennato nessuna fidanzata"
Una vibrazione percorse il corpo di Anna. Non aveva parole, ciò le consentiva un'immunità di segretezza che una descrizione avrebbe potuto compromettere. Si stava avviando, improvvisamente interdetta, verso un luogo dove Patrizio non l'avrebbe riconosciuta.

                                  ****

L'automobile attraversò un cortile in ghiaia, ai lati delle siepi perfettamente potate nascondevano un pezzo del prato intorno. La villa si ergeva maestosa sopra un rialzamento del terreno. Costruita sullo stile dei templi greci, aveva tre piani, gialla e contornata da lunghe e alte colonne bianche.
Quando la macchina si fermò a pochi metri dai gradini dell'ingresso, una giovane donna con un vestito nero e un ragazzo molto alto li aspettavano; si sarebbero occupati dei loro bagagli.
Li fecero accomodare in un salone piccolo. Un lampadario in stile liberty troneggiava al centro del soffitto, illuminando la stanza, pressoché vuota, solo due divani e un tavolo da pranzo in legno intagliato.
Mentre aspettavano molto a disagio in un ambiente come quello, loro, pezzenti, che non avrebbero mai potuto vivere in quella reggia, un uomo giovane entrò nella stanza seguito da una donna.
I lineamenti dell'uomo assomigliavano a quelli della donna. Vestiti con eleganza, un completo lui e una camicetta con una gonna blu che arrivava fino ai piedi per lei, esibirono un sorriso a Gaudenzio e Anna, gli tesero la mano
" Signor Gaudenzio" prese parola l'uomo "sono Eugenio Durastanti, ultimo erede della famiglia Durastanti." Poi si voltò verso la donna " lei è mia sorella, Angela Durastanti"
Gaudenzio e Anna si limitarono a sorridere e presentarsi. Si sedettero.
Gaudenzio e Anna a disagio su un divano, Eugenio e Angela in quello di fronte
" Vengo subito al dunque" prese la parola Eugenio " Patrizio è riuscito a mettersi in contatto con noi, è ancora in prigione"
" Ma lui come vi conosce?" Chiese Gaudenzio
" Sua madre e la nostra erano molto amiche" esordì Angela "e di conseguenza io, mio fratello e lui, abbiamo sempre giocato insieme"
" Ritorniamo al discorso" riprese Eugenio " ho già avviato le pratiche per scagionarlo"
" E poi?" Chiese con una punta di acidità Anna.
" E poi verrà qui"
" È quanto ci vorrà?" Chiese stavolta Gaudenzio
Eugenio fece un gesto vago
" Non so... Dipende dalla gravità del fatto. Io le pratiche le ho avviate un mese fa, non mi è ancora stata data risposta"
" Ma lui cosa ha fatto di preciso?" Chiese Anna
Gaudenzio iniziò a raccontare il momento dell'arresto sotto gli occhi di tutti, ma nessuno sembrava volerlo ascoltare
" È un fatto grave?" Chiese lei
" L'Italia è in subbuglio" fece eco Angela "adesso dopo il fascismo stiamo cercando di ricostruire una nuova forma di governo. Si stanno iniziando a cercare i partigiani, stanno risistemando il paese, ogni cosa fatta da quando l'Italia è entrata in guerra è grave"
Anna si spazientì
" Non posso aspettare, perché non pensavamo di ricostruire il paese due anni fa, quando il fascismo è caduto. Adesso non avremo tutti questi problemi"
Angela si infuriò, mai vista tanta insubordinazione in vita sua
" Sono stati anni difficili. Se nel dicembre dell'43 al sud c'erano gli americani, noi qui avevamo i tedeschi"
Anna si alzò di scatto, le lacrime iniziavano a uscire dagli occhi
" Anche a Torino avevamo i tedeschi. Uno di loro mi ha pure messo incinta!"
Nel salotto calò un silenzio surreale. Anna sapeva che quello era una cosa da non dire a nessuno, il suo segreto sarebbe dovuto essere rimasto confinato al vibrato delle sue corde vocali che lo sussurava quando era sola. Nessuno al convento avrebbe potuto saperlo, non potevano collidere in un punto specifico del loro padiglione auricolare.
No, Anna aveva paura di dirlo, era un linguaggio preverbale e extraterrestre, era una voce priva di linguaggio, solo lei poteva sentirlo. Dove finiva il parto, cominciava lo sprofondo, dislocato in uno spazio urbano che Anna conosceva benissimo per esserci stata: l'orfanotrofio
Ora, in quel salottino da famiglia aristocratica, Gaudenzio la guardava con occhi nuovi di chi ha sofferto troppo. Anna si dileguò in silenzio verso il portone. Eugenio la seguì, Angela si alzò, disse che andava a dormire, Gaudenzio rimase seduto nel divano. Si distende, incrocia le mani, gli occhi guardavano solo quel lussuoso lampadario.
E lui che non capiva quando successe tutto quello


In pace e in conflittoWhere stories live. Discover now