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Passarono i giorni e il tempo si dissolse. I fratelli Durastanti si rivelarono delle persone squisite; raccontarono di loro partendo dall'infanzia fino al 1944, anno in cui persero la madre; la contessa Maria Adelaide Felicetti Durastanti. Gaudenzio ed Eugenio si scoprirono appassionati di ciclismo, Eugenio in particolare del Giro d'Italia che aveva visto nel 1943 con la denominazione di Giro d'Italia di guerra. Iniziarono a discutere animatamente su Bartali e Coppi, su chi fosse il migliore secondo loro; entrambi i famosi ciclisti erano alle prime armi specialmente Coppi. Angela e Anna non trovarono particolari affinità. Anna era povera, disse che viveva in un convento di suore di clausura, che fantasticava una vita a Hollywood. Vedendo una brillante luce risplendere negli occhi di Anna al nome della città del cinema, Angela si vantò che prima della guerra faceva sempre la spola tra Italia e America avendo avuto l'occasione di incontrare attori del calibro di Clark Gable e Katharine Hepburn. Nel frattempo, dall'altra parte del mondo, in Oriente il Giappone, guidato da una fanatica casta militare, resisteva con caparbia ostinazione all'appello di Truman di avviare la resa. Così, il 6 e il 9 agosto del 1945, un bombardiere americano B-29 fece esplodere su Hiroshima la bomba atomica, la medesima sorte toccò a Nagasaki: le due città vennero completamente incenerite, migliaia di persone morirono.
" È terribile" esclamò Angela trovandosi di fronte al giornale con la notizia in primo piano.
" Siamo sicuri che sia successo realmente?" Osò chiedere Anna " potrebbe trattarsi di uno di quei romanzi fantastici che qualche anno fa venivano trasmessi in radio negli Stati Uniti" continuò con una punta d'orgoglio.
Angela la fulminò. Se solo lo sguardo avesse potuto uccidere, Anna sarebbe stata morta e sepolta.
Le due donne continuarono il loro battibecco sulla bomba atomica.
Eugenio, stufo, si avvicinò a Gaudenzio.
" Andiamo nel mio studio, li potremo parlare meglio".
Mentre Angela e Anna continuavano a litigare, stavolta la discussione si trasferì sugli Stati Uniti, i due uomini si ritirarono nello studio al piano di sopra.
Eugenio si mosse verso il "bar", lo aprì e ne uscì una bottiglia di whisky. Prese due bicchieri in cristallo incisi a mano con denominazione "ricco".
Gaudenzio notò che sul fondo era inciso in nome della famiglia.
Alla faccia della povertà. Pensò.
Eugenio versò un po'di quel liquido nei bicchieri. Aveva un sapore decisamente forte, intenso e un po'acido.
" Con quelle due non si può parlare, per questo ti ho portato qui"
" Hai fatto il militare?" Chiese. Non seppe come gli venne in mente, voleva sapere.
" Ho partecipato all'Operazione Barbarossa"
Gaudenzio strabuzzò gli occhi
" Decisi di arruolarmi volontariamente. La vita da aristocratico mi stava stretta. Guidavo un panzer; annientammo i sovietici in Ucraina, in Crimea e nel Donetz" prese una foto sulla scrivania. " Sono io a Kiev"
" Poi smisi, ricordo che era una gelida alba e ricevetti una lettera: mamma stava male, mi fecero ritornare a Bologna. Sembrò che con me Hitler non ebbe più le capacità, e così una nube di polvere calò su Berlino: il sogno di Hitler tramontò"
Poi guardò Gaudenzio
" E tu? I soldati devono ancora tornare in patria"
Gli occhi e la bocca di Gaudenzio risero
" Non ci sono andato. Poco prima del 10 giugno una trave mi cadde in testa. Trascorsi fino al 1943 su una dolce poltrona di velluto verde con in mano un caffè e un libro." poi, come se stesse facendo un soliloquio " diamine, come invidio il figlio dei vicini. A soli diciassette anni partì per la Grecia. Non ha più fatto ritorno."
" È terribile. È morto?"
" No, ha sposato una donna del Peloponneso."
" Capperi" sussurrò Eugenio.
" E Patrizio?"
Un sorriso sornione si stampò su Eugenio " ti ho portato qui per questo. Forse lo liberano, forse no."
" Cosa possiamo fare noi?"
" Ben poco" Eugenio sospirò " possiamo solo aspettare"
" Ciò di cui non mi capacito è questo: ha davvero avuto rapporti con la Repubblica di Salò?"
" No, sono tutte ubbie. E so anche perché. Ho fatto le dovute ricerche"
" Cos'è successo?"
Eugenio andò verso una grande scrivania di legno intagliato. Aprì un cassetto e prese una piccola agenda rossa.
" Questo" disse indicando quel quadernetto squalcito, polveroso e con una centinaia di pagine " è il suo diario. Non c'è scritto solo quello che gli è successo. Anche la corrispondenza tra me e lui" disse aprendo una pagina a caso dove c'era un foglio che portava la firma di Eugenio; era una sua lettera.
" Ti sarà d'aiuto per capire perché è arrivato a questo punto"
" Non puoi raccontarmelo tu?"
" No, rischierei di dimenticare molti dettagli"
Gaudenzio gli lanciò un'occhiata complice ma carica di compassione: era proprio vero, la vita degli altri deve essere raccontata da chi la vissuta,anche su carta

 

In pace e in conflittoWhere stories live. Discover now