25 ( SECONDA PARTE )

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"Quella fu la primissima volta che feci l'amore. Fu tutto magico. Il suo odore, il letto, sentire il suo profumo sulla mia pelle ..."
Elena si spostò dalla sua posizione. Era imbarazzata per quello che stava raccontando Gaudenzio. Voleva dirgli di smetterla di parlare, che aveva capito. E invece no, lei non era riuscita a capire. Aveva bisogno di sapere altro. Ma in quel momento lei avrebbe voluto morire.
"Quando ci svegliammo era l'alba. La luce ancora non era entrata nella stanza e il buio ci permise di parlare senza imbarazzo. Fui io a incitarla a raccontarmi di lei, io le dissi che non avevo nulla di interessante da dirle. Da come sospirò prima di parlare, intuii che aveva tanto da dire. E avevo ragione. Iniziò col dirmi che lei veniva da Biella e che la sua famiglia gestiva una filanda. Da un anno aveva rotto i ponti tra lei e la famiglia. Da piccola il padre la violentava, la prendeva a pugni e a calci. E lei era sempre stata zitta perché in fondo era una bambina, e credeva che il padre stesse solo giocando. E invece poi crescendo capì quanto suo padre avesse due facce; quella del bravo affarista e dirigente d'azienda di famiglia fuori, e quella di approfittatore, uomo senza scrupoli e violento con la famiglia. Più volte lei lo disse alla madre che non le credette. Aveva anche paura di dirlo ai fratelli. E così decise di affrontarlo da sola. Mi disse che una sera si era chiusa dentro al suo ufficio ad aspettarlo per tre ore. E quando lui arrivò e la vide alzata, perse le staffe e la picchiò. Ma lei lo colpì in testa con un libro e iniziò a insultarlo. Gliene disse la qualunque. Mentre inveiva contro di lui stava urlando e qualcuno si era già svegliato. Lui la pregò di stare zitta, che lei la voleva bene, che non l'avrebbe mai detto ma lei era la sua figlia preferita e che gli avrebbe benissimo dato la filanda in eredità. Ma a lei della filanda se ne fregava. Inorridita da quello che aveva detto, aprì la finestra e minacciò di buttarsi dal terzo piano. Nel mentre che lei era sul davanzale pronta per il suicidio, arrivò sua madre che, tra le lacrime, la pregò di non gettarsi, che non aveva senso per lei sprecare la sua vita in quel modo. Ma la madre era un'altra falsa. Allora lei cercò di buttare giù il padre. Da quello che mi raccontò, quella fu la notte più movimentata di sempre. Sua madre stava urlando e piangendo come una disperata, seguita dalla nonna e dalle sorelle. Le donne non avevano il coraggio di affrontarla e lei stava continuando indisturbata a spingere il padre a un passo dalla morte. Anche lei stava urlando. Mi disse che a pensarci, quello per lei fu un momento molto divertente. Nel frattempo, attirati dalle urla, mezza città era sotto la finestra ed era pure stata chiamata la polizia. Cercavano di far cambiare idea a Gloria, di calmarla in qualche modo. Ma lei non voleva sentirne ragione. Nel frattempo qualcuno era andato a prendere un materasso da posizionare sotto la finestra. Alla fine Gloria era stanca e non stava più reggendo il peso, quindi buttò il padre dalla finestra che atterrò sul materasso. Vedendo il corpo del marito cadere dalla finestra, la madre di Gloria svenne. Quando tutto si calmò, la polizia era pronta per arrestarla per tentato omicidio. Ma Gloria nel frattempo era fuggita via, nel cuore della notte. Da sola, senza niente e nessuno. Si era messa solo un cappotto sopra il pigiama e delle scarpe e a suo rischio e pericolo percorse le strade di campagna che costeggiavano Biella. La famiglia non la cercò poiché erano convinti che tanto sarebbe ritornata. E invece lei se ne venne a Torino a prendere alloggio dalla zia di una sua amica che di nascosto mandò un telegramma a Biella per avvisare che Gloria si trovava lì da lei. Due mesi dopo il padre venne a Torino per riportala a casa. Gloria appena lo seppe iniziò a meditare su una scenata. Quando lui arrivò lei era sola in casa. Non gli aprì, aveva chiuso il portone a chiave e chiuso le finestre, tirato le tende e chiuso le serrande. Da fuori non poteva sentire ciò che il padre stesse dicendo, ma ipotizzò sempre che la stava solo insultando. Ma lei se ne fregò altamente. Tutto questo successe un anno prima di incontrarmi"
"Se non lo sentissi dalla tua voce crederei che mi stessi raccontando la trama di un libro" affermò lei alla fine.
Gaudenzio non poteva vederla nel buio della notte, ma lei era sconcertata.
"Invece è tutto vero. Credimi. A tratti impazziva, diventava triste, rideva senza senso. Ma questi problemi sarebbero successi solo durante il nostro matrimonio"
Elena lo incalzò a continuare il racconto.
"Dopo che mi raccontò ciò, non ci vedemmo per un mese intero. Passavo le giornate come sempre, talvolta studiavo al bar, altre volte a casa da amici. Ma sostanzialmente non conclusi nulla, alla fine dell'anno ebbi l'esame di legge. Fu un vero disastro, presi un misero diciassette. A dire il vero il professore non voleva darmelo, ma davanti alla mia scenata in lacrime si impietosì"
la sua voce divenne pastosa. "ovviamente immaginavo già che non l'avrei superato, così lasciai l'università definitivamente dopo quasi due anni. La sera del mio scarso risultato, andai da Gloria: avevo bisogno di una sua consolazione. Ero stanco perché avevo passato tutto il pomeriggio a girovagare per la città senza manco una consolazione, qualcosa che mi avrebbe fatto distrarre. No, niente. Ero solo in una grande città, perso, senza neanche un successo. E la situazione in tutti questi anni non è cambiata di molto"

Iniziò a singhiozzare, prima piano e poi sempre più forte ma cercando di trattenere le lacrime affondando la faccia nel cuscino. La tristezza riempì la notte.
"Non piangere"disse dolcemente Elena "sei giovane, e hai ancora molti anni per cui avere successi"
"Se ne avrò uno ..." rispose lui singhiozzando " ... stai pur certa che non potrò condividerlo con nessuno. Frattanto sono io fonte di disgrazie per tutti. Pensaci ..." buttò giù le lacrime " ... se non avessi incontrato Patrizio e non l'avrei costretto ad accompagnarmi a Roma, lui oggi non sarebbe in prigione. Se non avessi avuto un minimo di coraggio magari oggi Gloria sarebbe viva. Anche se probabilmente non avremo concluso nulla. Litigavamo spesso e non ci capivamo, eravamo due anime completamente diverse. Io la spronavo ad aprirsi con gli altri e lei se ne stava chiusa in se stessa. E al contempo faceva ricadere su di me qualsiasi colpa. Se arrivava in ritardo da qualche parte era colpa mia; se non pagavano era colpa mia; se non la portavo fuori era colpa mia. Una volta mi minacciò pure di suicidarsi. E io ogni volta stavo male. Per tutto. Quando nacque nostro figlio Cesare la situazione sembrò alleggerirsi. Ma fu solo questione di mesi, dopo ritornò la solita, anzi peggiorò. Secondo lei ero io la causa per cui quel figlio, che secondo lei sarebbe dovuto nascere un anno dopo il matrimonio, era nato in un bunker nel cuore della notte mentre ci bombardavano"
"Ma perché faceva così?"
"Gloria viveva in un mondo tutto suo. Non se la prendeva solo con me, anche con le amiche, con chiunque cercasse di contrastarla o anche solo con tutto quello che non gli andava a genio. Mi metteva così in imbarazzo. Diciamo che si capiva solo lei da sola" Penso sia un bene che sia morta pensò lei.

Gaudenzio continuò a piangere singhiozzando dal profondo del suo cuore lacerato. I minuti passarono e tra i due, all'interno del letto, c'era caldo. Elena si chiuse nel pentimento di aver dipinto Gaudenzio come un uomo insensibile e orgoglioso. E infine fece una cosa che non si sarebbe mai sognata di fare.

Gaudenzio rabbrividì sentendo due braccia cingerlo e una mano calda prendere la sua fredda e lui, con un movimento istintivo, iniziò ad accarezzare quella di Elena. Era calda, giovane e liscia. La mano che sua moglie non gli avrebbe mai dato. "Gloria non ti meritava" disse Elena che non si era persa una parola. "purtroppo l'ho capito troppo tardi, solo dopo che lei è morta"
"Non è mai troppo tardi per capire quand'è vero amore" lo rassicurò lei.

Gaudenzio rivolse la faccia al soffitto buio e chiuse gli occhi, sopra il suo petto si posò la guancia di Elena.

Hai proprio ragione. E io ancora non so cosa sto aspettando per dirti quanto ti amo. Elena, sei la mia più bella scoperta.

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