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Gaudenzio ne uscì devastato dalla discussione con il dottore; si chiedeva del perché di quella frase finale. Niente sarà paragonabile a ciò che ho vissuto io. Ma al tempo stesso ipotizzava la risposta; era ovvio. Forse non completamente ovvia per lui, ma per Orsini e per tutti gli altri ebrei si. Decise solo di non indagare ulteriormente, era troppo educato per spettegolare negli affari degli altri, poi non era nemmeno un chiacchiericcio da attori da cinema, ma qualcosa di peggio, una ferita lacerante che non si sarebbe mai rimarginata.
A Torino Gaudenzio aveva un paio di amici ebrei. Erano, la maggior parte, barbieri, oppure lavoravano in banca. Me essi, improvvisamente, videro il loro patrimonio sfumare. L'ex duce, diventato ormai servo di Hitler, scatenò anche in Italia la campagna antiebrea. Era il 1938 e tra tutti gli ebrei italiani, erano, ovviamente, inclusi gli amici di Gaudenzio. Amici che, nel corso dei successivi anni, scomparvero. Ma non per ilarità verso lui o altro; scomparsi. Deportati. Presi di peso dalle loro case e deportati via, fuori dall'Italia. Ma ovviamente non avrebbe potuto costringere Orsini a parlare della sua vita da detenuto in un campo, chi era per chiederglielo?

Ma c'era un'altra cosa che turbava Gaudenzio. Passava tranquillamente sopra il fatto che Orsini fosse ebreo, ma quello che Patrizio disse al dottore, quello proprio non riusciva a digerirlo.
Disse solo di sospettare chi forse l'aveva fatto arrestare. Se sospettava perché non dirmelo? Non riusciva a togliersi quel pensiero. Magari si sarebbe reso utile ad aiutarlo, a cercare il sospettato e parlargli a quattr'occhi.

Con Patrizio non si incontrarono per due settimane che passarono veloci. Ritornò a Regina Coeli solo il 22 dicembre, a due giorni dalla vigilia. "Che ti ha detto Orsini?" chiese l'amico.
"Cosa dovresti dirmi tu?" rilanciò la domanda, con un sorrisetto. Non voleva farlo notare, ma era deluso che non avesse informato lui di un sospetto.
"Che dici?"
"Orsini mi ha detto che hai un sospetto. Chi è ?"
"Oh!" esultò con tranquillità Patrizio mandando indietro un braccio verso la finestra dietro di lui "te ne avrei parlato"
"E quando avresti voluto dirmelo?" domandò serio.
"Presto ... l'avrei detto a te"
"E invece hai preferito non dire nulla"
"Beh, non ci siamo incontrati per molto, come avrei fatto a dirtelo?" Gaudenzio non rispose, come se a lui non dovesse interessare quell'affare. Patrizio chiese senza curiosità se avessero programmato qualcosa. "Non ancora. Ma da come parla pare che abbia un piano pronto per attuarlo. Ti manda gli auguri di Nataleatale"
"Bene, ricambia. Ti ha detto altro?" Si grattò leggermente il mento su cui spuntava una leggera barbetta.
"Sì ..."
Patrizio sospirò. "I nostri cinque minuti stanno finendo, devo proprio andare"
"Cosa farai durante le feste?"
"Non oserei chiamarle con quel termine, non sono per niente allegro. Starò da mio cugino"
Si interrogò per un momento se rivelare che pochi giorni dopo sarebbe andato a ballare, ma dirgli di quello gli sembrava irrispettoso; lui era in carcere, senza affetto e gioie e lui, fuori, andava a divertirsi.
"Bene, qui ci hanno detto che il giorno di natale sarà normale per noi detenuti mentre loro saranno prima a casa a sbafarsi il loro maledetto pranzo e poi al pomeriggio avranno un piccolo rinfresco tra tutti loro. Balordi"
"Dei veri e propri balordi"

Il 24 dicembre Giorgio si svegliò verso le cinque e uscì di casa. Da poco aveva trovato un piccolo lavoro che consisteva nell'affiggere piccoli manifesti pubblicitari, lui e altri che si erano offerti per quel lavoro venivano pagati quel che bastava per campare. E con quei soldi, aveva promesso la sera prima a Gaudenzio, avrebbe comprato qualcosa di buono da mangiare.
Una mezz'ora dopo a mettere piede nelle fredda cucina fu Gaudenzio che aprì le finestre. Con la manica pulì l'umidità che si era raccolta nei vetri durante la notte. Poi fece ciò che aveva in mente di fare proprio quel giorno. Desiderava fare un regalo a Elena, non per forza qualcosa di costoso o eccessivo; del resto non poteva permettersi gli oggetti che aveva sognato, ma era arrivato a quella vigilia senza nessun regalo, grande o piccolo, bello o brutto. Allora decise di dare sfogo alle sue parole e augurarle buone feste tramite un bigliettino.
Prese un foglio da una cassettiera e una matita. Mise il foglio sul vetro della finestra con la sola luce debolissima della luna a illuminare la carta e iniziò a scrivere; per lui fu come ritornare ai tempi di quando da bambino scriveva nel cuore della notte dei brevissimi racconti.

Carissima Elena,
Natale è arrivato e scommetto che non ti aspettavi una mia lettera. Sarò breve. Ci tengo solo ad augurarti un buon Natale, il primo della nostra Italia uscita dalla guerra. Da cinque anni sento la mancanza di un cenone come si deve ma sicuramente capirai che la mia situazione economica, e quella di mio cugino, non è certo delle migliori. Abbiamo il minimo indispensabile per sopravvivere. Non so come sarebbe stato in convento, ma di sicuro pure a te manca un bel cenone. Mi dispiace, non facciamoci illusioni, neppure quest'anno avremmo del buon cibo sulla nostra tavola. Non avremo neppure un regalino, io avrei tanto voluto fartene uno ma per il motivo già citato, non potrò. Ma io voglio che tu ti goda questo giorno, il più candido dell'anno. Questo nuovo Natale senza guerra potrà indurci a considerare il piacere che c'è nello stare insieme. Capisco che tra di noi ci siano stati degli screzi, ma mettiamoli da parte. Se Dio è disceso a farsi uomo per salvarci, noi possiamo accettare l'umiltà del perdono verso i nostri simili. Con la vita che ricomincia cerchiamo di costruirci una nuova anima, senza spirito di vendetta, lavata da ogni turpitudine, misericordiosa. Perché questo sia davvero un Natale di pace.

Poi in basso firmò, piegò il foglio in due e scrisse il nome di Elena e la data. Improvvisamente si sentì rigenerato, come se l'azione di scrivere un piccolo biglietto d'auguri fosse la cosa più bella che avesse fatto in vita sua.

Verso le sette anche Elena si alzò. Quando entrò in cucina aveva un foglietto in mano, sorrise debolmente e gli fece gli auguri. Si avvicinò a Gaudenzio che stava spazzando il pavimento e gli porse il foglio. Lui posò la scopa contro il muro, lo prese e lo lesse. Diceva:

Questo è per noi il Natale della speranza. Pensa a tutte le persone che stanno aspettando qualcuno: la madre che aspetta il figlio combattente; la sposa verso il prigioniero che langue nel recinto di filo spinato e conta i giorni. Tutto questo, in anni di guerra, mi ha sempre chiamato a veli di tristezza pur se illuminati di speranza che quasi mai si sono realizzati. Voglio per te che questo sia un Natale nuovo, un anno nuovo. Ci si stringe assieme, ci si sente più vicini che mai. Il nostro primo Natale di pace è festoso e gioioso, abbiamo fiducia in noi e forza per affrontare la nostra nuova vita dopo il buio. Per me, con l'arrivo del nuovo anno, è come se stessimo ricostruendo nuovamente la nostra vita. Perciò, Gaudenzio, un buon Natale a te.

Quando finì di leggerlo entrambi stavano sorridendo.
"Ti è piaciuto?"
"Scrivi bene, è bellissimo"
Mandò via la mano in aria come per scacciare qualcosa "ma no, che dici. Sono pensieri che mi vengono dal cuore"
Infilò la mano nella tasca della maglia del pigiama e ne estrasse il suo di biglietto."a quanto pare abbiamo avuto entrambi la stessa idea. Buon Natale"
Lesse il biglietto ma nonostante la sua forma molto breve vi impiegò più di due minuti, si stava soffermando su quello che c'era scritto.
"Mi è piaciuto tanto" esordì una volta finito di leggerlo. Si morse il labbro inferiore e una debole lacrimuccia le scese da un occhio.
"Perché piangi?"
"Perché nessuno mi aveva mai fatto un augurio così bello e toccante"rispose con la voce rotta dal pianto facendo uscire tutte le lacrime. Con la vista annebbiata mise le braccia sul collo di lui e lo abbracciò. "lo sai? Io sembro dura ma ti voglio bene" continuò a dire fermandosi di tanto in tanto per fare uscire tutte le lacrime.
"Ed io ne voglio a te"
Rimasero in quella posizione per tanto, stretti l'uno contro l'altro, corpo contro corpo, amore contro amore. Tristezza e speranza pronte a fiorire insieme.

In pace e in conflittoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora