Nella tana del lupo

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Il ritorno al lavoro era stato traumatico, ma allo stesso tempo lo aveva aiutato a disconnettersi dai suoi pensieri. Impegnato nel gestire gli sconfinati impegni e appuntamenti di Jung-Su, aveva avuto modo di accantonare in un angolino della sua mente Jungkook, o meglio Yeona e Jungkook vicini, troppo vicini, dannatamente appiccicati.
Rispose all'ennesima e-mail premendo il tasto del mouse forse con un po' troppa enfasi.
Jimin lo aveva rimproverato, ma poi si era unito a lui nel maledire il corvino con tutta una serie di coloritissimi e decisamente originali insulti, che gli avevano fatto temere per un secondo che tutte quelle cattiverie gli sarebbero tornate indietro come un boomerang impartendogli una sonora lezione circa il non sfidare troppo la sorte.
Era andato a cercarlo con l'idea di sistemare le cose, scusarsi per essere scappato e di averlo lasciato lì senza una risposta e con solo modi sbagliati di interpretare il suo comportamento e per chiedere al modello solo un pochino di tempo per pensare.
Quando aveva capito che Jungkook si era rifugiato nell'unico luogo in cui amava passare il tempo, non ci aveva impiegato più di pochi secondi a salire in macchina e a guidare a tutta velocità fino alla palestra. Nel tragitto, aveva provato e riprovato almeno venti versioni diverse di quello che voleva dire con scuse talmente sentite che avevano iniziato a pizzicargli gli occhi, ma tutto si sarebbe immaginato tranne che vederlo con l'unico essere umano sulla faccia della terra per cui provava un viscerale antipatia.
Aveva cercato di trattenere le lacrime fino a che non era nuovamente sfrecciato tra le strade di Seoul diretto chissà dove, mentre il naso gli colava e la vista si appannava. Senza neanche rendersene conto, si era ritrovato sotto il palazzo in cui abitava Jimin e poi davanti alla porta del suo appartamento, mentre singhiozzava senza riuscire a trattenersi. Il suo migliore amico non aveva fatto domande e lo aveva accolto in casa, cacciando in malo modo uno Yoongi assonnato e scompigliato che però non aveva stranamente protestato, probabilmente resosi conto della necessità di Taehyung di accoccolarsi tra le braccia di Jimin. Solo dopo una cioccolata calda e mezzo pacco di biscotti era riuscito a calmarsi, le lacrime ormai secche sulle guance e un mal di testa atroce che gli martellava nelle tempie. Jimin lo aveva ascoltato disperarsi e poi inveire contro Yeona e infine maledire Jungkook, per poi passare a darsi del completo cretino perché quel dannato ragazzo gli piaceva da impazzire e lui aveva rovinato tutto e ora il corvino non lo voleva più, ma anzi lo aveva già sostituito!
Quando ormai aveva esaurito tutte le energie e gli epiteti più orribili che gli venissero in mente, si era accasciato sul divano crollando addormentato e quella mattina si era svegliato con un orribile mal di schiena, gli occhi gonfi e una voglia di riempire una valigia con quattro stracci e volare dall'altra parte del mondo a rifarsi una vita. Purtroppo, però, il suo passaporto era scaduto, non aveva abbastanza soldi per permettersi il biglietto anche di sola andata per un viaggio intercontinentale e non sarebbe stato in grado di lasciare Yeotan in Corea neanche volendo. Per sua fortuna, però, le vacanze natalizie erano alle porte e quello stesso sabato avrebbe davvero buttato dentro un borsone qualche vestito, messo il guinzaglio e il cappottino a Tan e sarebbe tornato a casa dei suoi per passare le feste in famiglia fino all'arrivo del nuovo anno. Non vedeva l'ora di poter passare del tempo con quelle pesti dei suoi fratelli che gli sembrava di non vedere da una vita, nonostante fosse trascorsi solo alcuni mesi, di mangiare la familiare e saporita cucina di sua mamma e di commentare i programmi in tv insieme a suo papà. Vivere in una grande città come Seoul era magnifico, ma qualche volta i paesaggi familiari di Daegu gli mancavano da morire.

Il cellulare che squillava annunciandogli che erano le diciassette e che finalmente poteva tornarsene a casa, gli face spegnere velocemente il computer, raccattare le sue cose sparse sulla scrivania e volatilizzarsi da quell'ufficio il più velocemente possibile. Stava mandando un messaggio a Jimin, per informarlo che sarebbe passato a lasciargli il suo regalo di Natale prima di partire per Daegu, quando si sentì afferrare per un polso. Era già pronto a utilizzare la sua borsa per colpire quel malvivente e poi darsela a gambe levate, quando riconobbe le dita strette sulla manica del suo cappotto. Percorse con lo sguardo il braccio coperto da un pesante piumino nero fino a incontrare due spalle larghe e, poco sopra, un cappello da pescatore a coprire una testa fin troppo conosciuta. Non aveva bisogno di vederlo in faccia per capire chi fosse. Conosceva ogni parte di quel corpo muscoloso che aveva toccato, graffiato, morso e leccato.

Between you and meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora