XII

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Forse stava sognando.

Aveva il timore che quello fosse solo un sogno. Forse, aveva anche la speranza che lo fosse. Avrebbe voluto dire che lui non era veramente lì, reale e in piedi di fronte a sè. Avrebbe anche voluto dire che non avrebbe dovuto confrontarlo. Non avrebbe dovuto passare attraverso il calvario della sua ira o del suo senso di tradimento.

Eppure nei sogni lui non cambiava mai. Aveva sempre le sembianze del giorno in cui lo aveva lasciato, quando aveva indossato quel falso sorriso per farlo andare via e i suoi occhi avevano urlato di malinconia. Quando le sue forme giovanili non avevano ancora lasciato completamente il suo corpo, ammorbidendo i tratti del suo viso, riempiendo le sue guance e sfumando la linea della sua mandibola.

Invece la figura davanti a sé era cambiata. Il suo viso era diventato più asciutto, gli zigomi alti scolpiti da angoli netti e curve mascoline. I suoi capelli corvini erano arrivati ad accarezzargli il petto, fino a raggiungere l'altezza del cuore.

Era diverso. Così diverso che i quattro anni che li avevano separati sembravano un'eternità. Eppure Taehyung vide i suoi occhi. Gli occhi sottili, malinconici, che conosceva così bene. Gli occhi che sparivano dietro alle palpebre quando rideva sguaiatamente.

Gli occhi della persona che aveva abbandonato.

-Tae?

La voce tremolante di fronte a lui ripetè la parola. Quel miraggio che assomigliava a Jimin fece un esitante passo avanti mentre quegli occhi famigliari diventavano sempre più umidi.

-Sei davvero... qui?- mormorò. A malapena la sentì, quella domanda incerta, quasi soffocata. Un altro esitante passo avanti portò la figura più vicina a lui.

Inverno doveva aver reclamato la sua anima, pensò. Sentiva il suo ghiaccio camminargli dentro le braccia e salire fino al suo collo, stringendosi attorno a esso fino a che il respiro non entrava più nel suo petto e la sua testa non si alleggeriva. E poi scendeva lungo la sua schiena, per raggiungere le sue gambe e piantarle saldamente nel terreno come radici di un albero secco.

La sua mente non riusciva a distinguere se quella fosse realtà o immaginazione, ma i suoi piedi volevano correre. Volevano correre da lui e buttarsi tra le sue braccia. Il suo cuore, però, era fermo. Il terrore che gli toglieva il battito lo aveva disconnesso dal resto del suo corpo. Forse, se avesse chiuso gli occhi, sarebbe tutto sparito e non avrebbe dovuto confrontarlo. Oppure avrebbe potuto decidere quale finale dare a quella storia.

Ma la figura fece un altro passo avanti. Le sue ciglia erano incastonate di gocce che brillavano sotto ai raggi del sole.

-Tae?

Il giovane si accorse che il suo mento stava tremando violentemente solo quando i suoi denti sbatterono. Affondando gli incisivi nel labbro inferiore, morse fino a che non sentì il sapore ferroso del sangue sulla sua lingua. Distrattamente, si accorse del bruciore che gli faceva sbattere le palpebre freneticamente.

Allora, i suoi piedi si mossero.

Un passo.

Due passi.

Iniziò a correre.

Il terrore ancora presente nel suo cuore era stato soffocato dalla sua voce. Quella voce delicata non era cambiata affatto.

Jimin spalancò gli occhi, prima di iniziare a correre a sua volta. Quando i loro corpi si scontrarono, non fecero nulla per soffocare il colpo. Lasciarono che i loro petti impattassero, assorbendo tutta la forza con cui si erano lanciati e lasciando che le loro braccia seguissero il movimento, atterrando sulla schiena dell'altro. Non passò neppure un istante prima che la sua gola si contraesse in violenti singhiozzi, portandolo a seppellire il volto sulla spalla del suo migliore amico.

Il filo turchino (K.TH)Where stories live. Discover now