XXXII

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Quella mattina, la vetrata colorata nell'ingresso del tempio non era brillante quanto il solito. A causa delle nuvole, il sole non la attraversava con la stessa generosità e l'immagine riflessa sul pavimento risultava una pallida sfocatura che aveva un vago sentore malinconico.

Il palazzo sembrava essere ancora in pieno fermento dopo gli eventi del giorno prima. Insieme a Taehyung, era stata in mezzo alla folla ad assistere a Namjoon prendere per mano una donna sconosciuta. Taehyung le aveva spiegato che quella sarebbe diventata a breve sua moglie, eppure Estella non riusciva a trovare alcuna traccia di gioia sul viso del giovane. E anche se aveva sempre considerato Namjoon troppo controllato, in quel momento vide per la prima volta tutta l'intensità del suo animo. Non era mai stato così trasparente come quando stava in piedi in quella posa rigida con il volto di pietra e cenere.

Estella, perciò, si ritrovò a percorrere il cammino del tempio da sola, attraversando la sala che la Luna aveva denominato "Osservatorio" e imboccando il corridoio interrotto a tratti dai fini veli bianchi. Era bizzarro che la sacerdotessa non fosse venuta ad accoglierla come suo solito, ma considerando che perfino Jein era stata troppo impegnata per venirla ad assistere quella mattina, immaginava che dovesse essere normale. Taehyung, in compenso, l'aveva accompagnata per tutto il percorso fino all'ingresso del tempio, salutandola con un ampio sorriso e la promessa di essere lì ad aspettarla quando sarebbe uscita. L'idea, dovette ammettere Estella, la confortava un po'.

Quando giunse davanti alla porta di legno chiaro, le due donne dai petti ricoperti di argento brillante chinarono semplicemente il capo, allontanandosi appena per permetterle di entrare. Estella, dopo un timido bussare, attese un istante. Nessuna risposta giunse. Forse stava riposando? O forse era indaffarata altrove e non era ancora tornata nella sua stanza? Alla fine, abbassò con cautela la maniglia, entrando silenziosamente nella stanza.

Una volta che la porta fu chiusa alle sue spalle, Estella studiò l'ambiente attorno a sé. Le pareti, le pile di libri, il letto accartocciato di coperte finemente ricamate sembravano insolitamente solitari. La Luna non era lì. E, come se fosse stata la vera luce del cielo, la sua assenza pareva aver privato la stanza della sua rassicurante pienezza.

Estella si morse il labbro, portando le mani dietro la schiena. I suoi passi incerti la fecero dondolare in avanti, ributtandola poi indietro come se avessero cambiato idea. Si mosse esitante verso destra, scivolando lentamente fino a raggiungere il letto e sedersi nel solito punto in cui si accomodava ogni volta che la Luna le impartiva una nuova lezione dai suoi grossi libri. Da qualche giorno, aveva iniziato a insegnarle a leggere, anche se Estella non riusciva a congiurare più di un mal di testa davanti a quei segni incomprensibili. Nel suo villaggio non avevano libri, né lettere o alfabeti. Estella comprendeva solo le immagini dipinte sui vasi di terracotta e intessute negli arazzi che adornavano ogni capanna. Quelle erano il suo alfabeto. Quelle erano i suoi libri.

Un cigolio improvviso fece trasalire la giovane, portandola a sollevare le spalle alle orecchie e sobbalzare sul posto. I suoi occhi volarono immediatamente sulla fonte del rumore e le sue sopracciglia si sollevarono fino a farle corrugare la fronte. Una porzione del grande tappeto che ricopriva il pavimento si sollevò ed Estella si allontanò ritirando i piedi dal pavimento dopo aver pensato che potesse essere un animale sorto dal terreno. Invece, oltre al bordo del tappeto non fu un muso aggressivo a emergere. Furono i lunghi capelli corvini della sacerdotessa che, dopo essersi sollevata in piedi, chiuse quella che doveva essere una piccola porta scavata nel pavimento, lasciando infine che il tappeto cadesse e la coprisse interamente. Estella, con gli occhi spalancati, scrutò la schiena della donna, che stava ferma in mezzo alla stanza in un silenzio assoluto.

Passò appena un istante. La donna era improvvisamente inginocchiata, prostrata sul pavimento in preda a violenti singhiozzi, che tentò di seppellire con una debole mano davanti alla bocca. Estella si alzò dal letto in uno scatto, protendendo le braccia in avanti. I suoi piedi esitarono. Portandola un soffio alla volta in avanti, si morse le labbra. I singhiozzi disperati della donna stringevano il cuore come un cappio impietoso.

Il filo turchino (K.TH)Where stories live. Discover now