XXXI

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Estella si accorse di essere rimasta ferma a fissare il telaio per chissà quanto tempo solo quando Taehyung ebbe finito la sua canzone. Le sue dita sospese in aria, immobili, la facevano assomigliare a quelle statue di pietra che vedeva nel giardino del palazzo. Finalmente, sbatté gli occhi.

-Tutto bene?- sentì pronunciare alla voce gentile accanto a lei. Era sempre accanto a lei. E a ogni giorno che passava, non faceva che rendersi conto di quanto rassicurante fosse quella fissa presenza nella sua vita. Era come la sua capanna. Come il suo telaio. L'unica persona che riusciva a tollerare vicino a sé, di cui riusciva a fidarsi nonostante tutto. La spaventava donare quel potere a qualcuno? La fiducia non l'aveva portata a buoni risultati nella vita. Eppure, era come se sapesse in cuor suo che con Taehyung sarebbe andato tutto bene.

Perché?

Perché ne era così certa?

-Ho visto Grizabela ieri.

Un verso sorpreso fuoriuscì dal giovane seduto a terra, mentre lei lasciava che le sue mani si abbassassero.

-Davvero? E come sta?

Estella mantenne lo sguardo sui fili intrecciati che avevano iniziato a prendere la forma di un corpo rattrappito.

-L'hanno messa in un recinto molto stretto in una stanza con tante altre formiche. Non le piaceva stare così stretta. Però sembrava felice di vedermi.

Con la coda dell'occhio, vide Taehyung sorridere mentre la guardava. La guardava, ma in una maniera che non riusciva a comprendere. Non come la guardava sua sorella. Nè come la guardavano i suoi fratelli. Ma neppure come la guardava... lui. C'era un bizzarro calore, una scintilla interessata, quasi affettuosa, ma priva di avidità. Una luce gentile, accorata, cauta. Avrebbe davvero voluto conoscerne il significato.

-Dovremmo tornare a trovarla insieme.

Estella era troppo assorta dai suoi pensieri per annuire alla sua proposta. Era concentrata sul proprio pollice intento a strofinare il palmo della sua mano destra, immersa nelle pieghe che la disegnavano. Sua madre le raccontava da bambina che quelle pieghe rappresentavano la mappa del mondo che la Dea aveva impresso nei loro corpi e che, se mai si fosse perduta nella vita, avrebbe trovato la strada di casa se avesse seguito il cammino tracciato nelle sue mani. Era vero? Se in quel momento avesse iniziato a percorrere la strada che le pieghe le indicavano, sarebbe riuscita a tornare? Ma, perché farlo?

-Quando l'ho vista, i ricordi sono tornati a galleggiare nella mia memoria.

Il sorriso sul volto di Taehyung si spense all'istante. Estella percorse con il pollice la linea più vicina all'attaccatura delle dita, quella che partiva dalla base dell'indice.

-Ma sono come i miraggi del deserto. Appaiono per un istante, confusi e vacui, prima di sparire. Si mescolano insieme, si scambiano e modificano fino ad apparire deliri della mia mente stanca.

Estella si morse con violenza il labbro. Sentiva che la memoria cercava di tenere quei ricordi lontani da lei. Cercava di proteggerla da qualcosa che a malapena riusciva a sfiorare, che le sfuggiva dalle dita non appena era in grado di guardarlo negli occhi.

Di una cosa era certa.

Gabriel era reale.

Gabriel era stato parte della sua vita.

E Gabriel non c'era più.

-Aiutami a ricordare.

Il giovane era immerso in un solenne silenzio. Che cosa stava pensando in quel momento? Trovava difficile capire la sua mente. Spesso, dietro al suo comportamento percepiva un livello profondo che non le permetteva di vedere neanche attraverso uno spiraglio e non capiva perché.

Il filo turchino (K.TH)Where stories live. Discover now