Capitolo 32.2

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La solitudine. Una parola che spesso suscita paura, anche solo a pronunciarla. Ma cosa significa veramente? È uno stato d'animo, una condizione che molti temono. Anch'io ero una di quelle persone, ma a causa di un evento del tutto casuale, è diventata una parola che mi ha spesso accompagnato, avvolgendomi come un'ombra persistente.

Piano piano, nel corso del tempo, quella solitudine si è trasformata in qualcosa di più. È diventata un'opportunità per esplorare e accettare me stessa, anche nelle pieghe più oscure della mia anima.

Il mondo intorno è crollato, alimentando la mia mancanza di fiducia nelle persone. È un sentimento che si insinua in ogni relazione, rendendomi diffidente e ritraendomi in un guscio protettivo.

In questo momento, sento che sto vivendo una ricaduta, una discesa nelle profondità dell'isolamento emotivo. Mi sembra di non riuscire a compiere alcunché, di non essere abbastanza per nessuno, nonostante ci siano persone che mi circondano.

La mia prospettiva è offuscata da un velo grigio, non riesco a scorgere nulla di positivo che rischiari la mia strada. Mi ritrovo seduta da sola nella mia stanza, immersa in un silenzio che pesa come un macigno. I miei pensieri si perdono nell'infinito, rivivendo dolorosi frammenti del passato. Mi interrogo su ciò che sia andato storto, come se trovassi le risposte in un labirinto oscuro e senza uscita.

Nel mondo esterno, mostro una facciata dura e impenetrabile, come una corazza che nasconde le mie emozioni più fragili. Questa maschera è una risposta difensiva, un modo per proteggermi dal rischio di nuove delusioni. Sorrido, anche se il silenzio interiore che mi opprime fa male, perché ho imparato a nascondere il mio dolore dietro un'apparente forza.

Ma perché? Questo "perché" si staglia nel cielo dei miei pensieri, senza offrire una risposta soddisfacente. Forse ho cercato disperatamente una spiegazione al mio isolamento per troppo tempo, trascurando ciò che davvero contava: imparare ad amare me stessa e a perdonare le mie imperfezioni.

È vero, ho un carattere particolare, un'anima complessa che spesso mi porta a credere di non aver bisogno di nessuno. Sono convinta che la mia solitudine sia un rifugio, un modo per proteggermi dalle ferite del mondo. Sorrido, anche se l'eco silenziosa della tristezza mi assale implacabile.

Il tempo, si dice, può cambiare le persone, ma non è il solo protagonista di questa trasformazione. Esistono milioni di motivi, intricati come fili invisibili, che possono condurci verso nuove direzioni. Mi ripeto di lasciar andare, di abbandonare le catene del passato che mi trascinano verso il basso. Ma per quanto ci provi, non è facile dimenticare le esperienze vissute, gli eventi che hanno modellato la persona che sono oggi.

Il telefono suona e lo prendo, vedendo che è un messaggio da Nora. Lo ignoro e lo rimetto sul comodino. Dopo due secondi mi avvisa che è arrivato un nuovo messaggio. Controvoglia mi impongo di risponderle, altrimenti non smetterà.

"Adele, ma dove sei finita? Dovevamo vederci per organizzare la partenza di domani. Dobbiamo stabilire le macchine e dobbiamo andare a fare la spesa", recita il messaggio.

Non sono proprio dell'umore, ma decido comunque di cambiarmi per raggiungerla. Sento il campanello suonare, afferro una felpa e me la infilo giusto per coprirmi un po', dato che sono nuda.

Apro la porta e mi ritrovo davanti agli occhi l'ultima persona che avrei mai immaginato.

«È tua abitudine venire ad aprire in mutande?», mi dice con un tono sarcastico.

Lo fulmino con lo sguardo.

«Ciao anche a te, Tommaso. Per tua informazione, non stavo aspettando nessuno. Inoltre, mi spieghi cosa ci fai qui?»

«Ero di passaggio», risponde lui.

«Sputa il rospo», insisto.

«Va bene. Nora ha chiamato Mattia preoccupata perché non rispondevi, così lui mi ha chiamato chiedendomi di passare da casa tua prima di raggiungerli».

«Perché avrebbe detto a te di passare?»

«Devo ricordarti che per andare in centro devo passare obbligatoriamente davanti a casa tua?!». Maledico me stessa per non aver pensato a questo particolare.

«Dai, entra. Sto congelando io per te», lo invito, aprendo la porta d'ingresso.

Con passo rapido, corro verso la mia camera, cercando di sistemarmi il più velocemente possibile. È allora che una voce improvvisa mi fa sussultare.

«Avevi i capelli lunghi», osserva, i suoi occhi azzurri che scrutano attentamente il mio nuovo taglio di capelli.

«Sì», rispondo brevemente, afferrando un paio di sneakers dalla scarpiera.

«Perché li hai tagliati?» chiede, con un'ombra di curiosità.

«Perché mi andava e perché sono molto più pratici da gestire durante le gare», spiego, cercando di nascondere il turbamento che provo nel rispondere a una domanda così personale.

«Se lo dici tu», ribatte.

«No, scusa. Cosa intendevi dire? E poi, chi ti ha dato il permesso di entrare nella mia camera?» domando con una leggera irritazione nella mia voce.

Mi guarda con quello sguardo da predatore che tanto lo contraddistingue.

«Secondo me c'è altro dietro al tuo taglio, ma se non vuoi dirmelo, va bene. E poi, mi sembra di averti già vista nuda», afferma, con un sorriso sornione che mi fa arrossire e rabbrividire al tempo stesso. Per lui sono come un libro aperto, ma non riesco a capire come sia in grado di cogliere anche i minimi dettagli.

«Dai, Speed, andiamo. Non ho voglia di sentire Nora che urla».

Ma lui mi afferra il polso, inchiodando il mio corpo alla porta.

«Non sono solo passato perché me lo ha chiesto Mattia. Sono passato per vedere se andava tutto bene», confessa, il suo tono di voce si ammorbidisce leggermente.

«Ti sembra che stia male?» ribatto, cercando di difendermi, sebbene dentro di me senta che le sue parole potrebbero avere un fondo di verità.

«Penso che tu debba smetterla di fingere, almeno con me», afferma, il suo sguardo intenso che penetra dritto nel mio cuore.

«Tu non sai niente di me», replico, cercando di tenere a bada l'emozione che inizia a prendere il sopravvento.

«Dammi la possibilità di conoscere l'altra te», supplica, e per un istante, sento che potrei aprirmi, lasciargli vedere il mio mondo interiore. Ma è solo un attimo fugace. Recupero la mia lucidità, anche se il mio corpo reagisce istintivamente afferrando la sua mano.

«Dai, Speed, andiamo. Non ho voglia di sentire Nora che urla più del dovuto», dico, cercando di ritrovare la leggerezza apparente che mi caratterizza.

Battito D'aliWhere stories live. Discover now