5. Notte difficile!

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"Dove stai andando? Dobbiamo ancora parlare" sbraitò Carlos entrando in casa e sbattendo con forza la porta.
Era infuriato, si poteva scorgere il fumo uscirle dalle orecchie: la situazione gli stava sfuggendo di mano.
Era un uomo che programmava ogni singolo secondo, amava avere il controllo su tutto e tutti, odiava invece perdere tempo e soprattutto chi stravolgeva i suoi piani.
E Heather, in quel momento, era una di loro. Si stava piano piano allontanando dalle sue mani e questo, a Carlos, non andava giù.

Erano tornati da poco dalla cena con gli Hamilton e la ragazza desiderava solo sdraiarsi sul suo comodo letto. D'altronde aveva passato una giornata difficile e molto impegnativa.

"Smettila di tartassarmi! È la mia vita, faccio ciò che voglio. Non lavoro per te, non sono Kendall che puoi comandare a bacchetta, ricordalo! Il nostro è un patto: tu mi aiuti a trovare chi ha ucciso mio padre, io ti libero dai tuoi avversari, punto. E ora non scassarmi più il cazzo. Accettare o no, lo deciderò io, quando cazzo mi pare" asserì prima di chiudersi nella sua stanza.

Era stanca da tutto e da tutti, si sentiva frustrata, aveva bisogno di rilassarsi, di svuotarsi e di non pensare più alla vita che stava conducendo. Perché quella non era sua, non l'aveva mai chiesta o desiderata.
Avrebbe voluto vivere come tutti gli altri, non chiedeva nemmeno una vita tranquilla perché nessuno ce l'ha.
Ognuno di noi ha i suoi problemi, i suoi ostacoli, le sue sofferenze e i suoi dolori, ma nasconde tutto con un sorriso.
Heather invece, non riusciva più a sorridere, o guardare il mondo come lo guardava cinque anni fa. Secondo lei la vita non merita né sorrisi né lacrime, così come "scusa" e "grazie".

Una volta lavata e indossato il suo comodo pigiama, si coricò sul letto e attese che il sonno arrivasse e la avvolgesse.

La sua stanza era abbastanza ampia. Era vuota: un letto, una scrivania e un armadio. Verniciata di bianco. Nessuna fotografia o libro, nessun vasetto o qualche statuetta.
Quelle quattro mura le somigliavano: anche lei era vuota dentro.
Si era distrutta negli ultimi anni e aveva scordato cosa volesse dire essere un essere umano.

Si voltò e osservò il bagliore della luna illuminare la camera da letto. Nonostante le basse temperature, aveva voluto tenere la finestra aperta. Un vento gelido smuoveva le tende rendendo l'atmosfera alquanto cupa.

Piano piano gli occhi si appesantivano, forse a causa del freddo, dei brividi o della stanchezza, fino a chiudersi del tutto con la mente che combatteva tra milioni di pensieri, affilati quanto una lama.
Doveva decidere se accettare l'offerta di Lucas Hamilton oppure no. Sembrava un'opportunità da non perdere, eppure a lei non era sembrata una buona idea.
Qualcosa dentro di lei era sicura che tutto sarebbe cambiato, che la sua vita si sarebbe capovolta del tutto.
Quel ragazzo era diverso da quelli con cui aveva avuto a che fare, e questo la spaventava parecchio.

___


Aprì gli occhi. Era stesa su qualcosa di morbido e familiare. Vide la vernice blu celeste sostituire quella bianca. Non era più nella sua stanza a Los Angeles, bensì nella sua vecchia casa, nella stanza condivisa con sua sorella. Si guardò intorno, accarezzo il cuscino di Zoe, una fotografia e alcuni libri sistemati in base al colore.

Casa.

Sorrise e inspirò. Finalmente era ritornata a casa. Tuttavia alle narici arrivò solo un odore raccapricciante, stantio. Arricciò il naso infastidita.

Strani rumori la costrinsero a dirigersi verso quei suoni sinistri. Appena mise piede in salotto, sgranò gli occhi e il cuore smise di battere.
La mente smise di pensare, c'era solo il vuoto totale, un groppo in gola e il respiro affannoso.
Non era quello a cui si riferiva con ritorno, non era quello che voleva rivedere. In quel momento aveva desiderato che la terra si aprisse e la inghiottisse.

Patto con il DiavoloWhere stories live. Discover now