20. Voglio farti Mia

83 12 61
                                    







Aprì lentamente gli occhi e cercò di mettere a fuoco la vista offuscata. Sentì una fitta di dolore al collo, così si portò la mano lì, massaggiandolo. Si rese conto di essersi addormentata sulla poltrona che aveva trasferito vicino al letto la sera precedente.

Si strofinò il volto passandosi le dita tra i capelli. Si portò una ciocca e osservò che erano cresciuti abbastanza.

Ѐ ora di tagliarli. Pensò portandoli dietro all'orecchio. Sospirando, alzò lo sguardo e lo posò sulla sagoma del ragazzo steso sul materasso. Aveva passato una notte tormentosa, non riusciva a chiudere un occhio a causa del dolore, a tal punto da dover richiamare il medico di famiglia, in tarda notte, per prescrivere un antidolorifico più forte di quello di prima. Solo dopo averlo mandato giù, riuscì ad addormentarsi e a rilassarsi.

Erano già passati un paio di giorni da quando capitò quello sciagurato incidente. Eppure Gather, a differenza di lei, faticò a riprendersi. Le macchie sul suo torace non scomparivano, continuava a perdere sangue dalle ferite sparse sul suo corpo, e nonostante tutto ciò, si rifiutava di andare in ospedale e di farsi soccorrere.

Heather continuava a domandarsi del perché di così tanta ostentazione, ma non riusciva a chiederglielo, sapeva che c'era qualcosa dietro a quei rifiuti, qualcosa che lo bloccava dall'andare lì e farsi aiutare. Decise di non interferire, si ripeté che la situazione non la riguardava, tuttavia una parte di lei sperava che prima o poi il ragazzo si sarebbe aperto con lei, desiderava che fosse spontaneo e non lei a doverglielo domandare.

Per quanto fosse solare, ottimista e generoso, Gather aveva sempre cercato di nascondere i suoi tormenti, le sue mancanze e i suoi pensieri nel suo profondo. E Heather se n'era accorta di quel suo lato. Alcune volte lo sorprendeva a guardare il vuoto, a sospirare e socchiudere gli occhi, pensieroso. Spesso si domandava cosa passava in quella testa, cosa lo aveva portato a sospirare in quel modo, così frustrato e con una punta di rimpianto.

Allungò la mano e sfiorò quella di lui. Era fredda. Le dita rosse. Due occhiaie come borse sotto gli occhi e le labbra screpolate.

Gli preparerò qualcosa da mangiare per riprendersi. Rifletté accennando un piccolo sorriso all'idea. Quel sorriso però, morì subito dopo quando si ricordò dell'ultima volta che aveva cucinato.

Aveva preparato dei Browne per la sorella, e da lì non ci mise più piede. Ogni posata, ogni strumento le ricordava l'episodio in cui ricevette la notifica con la foto di suo padre, annegato in piscina.

Sospirò un'altra volta, ripetendosi che il ragazzo non aveva niente a che fare con quello che era capitato a lei e alla sua famiglia.

Consapevole del fatto che il ragazzo non si sarebbe svegliato in quel momento, decise di andare in camera sua e di fare una doccia. Aveva dormito sì e no sette ore da quel giorno, le occhiaie cominciavano a evidenziarsi sempre di più e il viso sembrava più asciutto e stanco.

Stringendogli la mano in una stretta, una mossa che non si sarebbe mai immaginata di fare, uscì e si diresse verso la sua meta. Si fiondò subito sotto la doccia, si lavò velocemente, si mise una semplice e comoda tuta e uscì dalla stanza.

Arrivò in cucina e si imbatté nello sguardo interrogatorio di alcune domestiche che di solito si occupavano di preparare da mangiare.

"Voglio preparare una minestra. Ho bisogni di qualcuna di voi per affiancarmi" annunciò lei appoggiando il cellulare sul bancone, dirigendosi poi verso il lavabo per lavarsi le mani.

Le altre, con sguardo apprensivo, annuirono e una di loro si avvicinò a Heather. Quest'ultima notò come la domestica aveva del timore nell'avvicinarsi a lei. Una parte di lei le dispiacque, ma l'altra la pestò e le ripeté, per l'ennesima volta, che era un bene.

Patto con il DiavoloWhere stories live. Discover now