18. Mi hai gettata nelle braccia del dolore

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Avvertenze!🔞 ⚠️
Il seguente capitolo contiene scene violente non adatte a un pubblico sensibile.




Buona lettura.






Si sa, dopo la quiete, arriva sempre la tempesta. Viviamo per essere felici, studiamo e lavoriamo cercando la felicità nei nostri traguardi. Alcune volte, questa felicità, la troviamo nelle persone: possono sembrare la nostra metà, ciò che ci manca e ci completa.
Ma quando ce ne rendiamo conto che questa persona non è la nostra metà, non è la felicità che abbiamo continuato a cercare, il mondo ci cade addosso, la vita perde significato e ci sembra di essere caduti nell'oscurità, di essersi smarriti e di aver perso la nostra strada.

Si era appena aggrappata alla luce che aveva cominciato a illuminare il suo cammino, piano piano stava uscendo dalla bolla di sofferenza e stava staccando, uno a uno, i fili che la tenevano incastrata nel suo doloroso passato. Da un momento all'altro, quella luce che la guidava verso la serenità e la tranquillità che da tempo sognava, si spense del tutto lasciandola sola in mezzo all'oscurità, accecandola e facendola, ancora una volta, smarrire.

Strizzò gli occhi un paio di volte, sperando e pregando che fosse un incubo. I ricordi di quella notte sfiorarono nuovamente, dopo mesi, la sua mente uccidendola ancora una volta. Di scatto si portò la mano al cuore affondando le sue unghie.

No, non è lui. Non è lui. Non può essere lui. Si ripeté colpendo il suo petto. Uscì dalla stanza correndo per poi rinchiudersi nella sua, lasciando Gather stupito, intento a cercare vestiti comodi per dormire.

È solo una coincidenza. Lui non farebbe del male a nessuno. Continuò a tormentarsi andando avanti e indietro nella stanza. Si portò le unghie sotto i denti staccandoli, agitata.
Un macigno si formò sulla bocca dello stomaco, dandole una sensazione di vomito e di nausea allo stesso tempo.

Si fermò di scatto quando alla sua mente tornarono le parole di Gather.

Una missione. Aveva detto una missione. E aveva fallito. E sa combattere.

Poi i ricordi di quella sera, dello scontro avuto con l'assassino di sua sorella e di sua madre le tornò in mente, così nitido e chiaro che sembrò essere accaduto solo qualche giorno fa.

"Gli avevo perforato la gamba, poi il petto buttandolo contro il vetro della portafinestra del balcone..." ripeté ad alta voce. Si infilò le dita tra i capelli stringendoli violentemente. Sulla schiena aveva notato, oltre a quelle sulla spalla e sulla gamba, delle piccole e sottilissime cicatrici.

Ti prego, fa che non sia lui. Ti prego, fa che non sia lui. Pregò tra sé buttandosi sul pavimento, mentre lacrime, cariche di preghiera, scivolavano sulle sue delicate guance.

Ti sei innamorata dell'assassino della tua famiglia. La parte vendicativa di lei, quella assetata di sangue e sempre in fiamme, prese il sopravvento, calpestando quella che le ricordava spesso di essere umana, di essere Sarah.

Aveva fallito perché non aveva ucciso anche te. Aveva forato le teste della tua famiglia senza ripensarci, e tu, senza pudore, ti sei innamorata di lui. Gli hai aperto il tuo cuore e lui ci ha affondato entrambe le mani, lo ha strappato dal suo posto, di nuovo, e lo ha gettato via.
E sei stata tu a permetterglielo.
Sei stata tu a dargli accesso libero al tuo cuore.

"Fa silenzio" asserì con voce rotta dal pianto mentre dava intensi colpi al suo petto. Si sentì bruciare dentro e tremare allo stesso tempo come una fragile foglia. Aveva appena visto l'arcobaleno dipingersi nella sua vita, il suo cammino si stava piano piano illuminando, riscendo a distinguere i primi fiori e i primi raggi di sole. D'un colpo, si ritrovò risucchiata nella stessa tenebre da cui Gather era riuscito a tirarla fuori.

Patto con il DiavoloWhere stories live. Discover now