26. Per lei è tutto un piano e io ero parte di esso

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Con un panno pulito, asciugò la fronte alla ragazza stesa sul letto. Alcuni lividi e ferite poco profonde diventavano sempre più evidenti sul suo volto pallido. Afferrò la sua mano e con il pollice accarezzò i polsi violacei. Sospirò al ricordo di lei appesa al muro, con il fianco insanguinato, il viso sudato e la testa gettata all'indietro. Quell'immagine continuò ad accompagnarlo per il resto del giorno, causandogli un nodo alla gola.

Appoggiò due dita sulla sua fronte: non aveva la febbre. Sospirò di nuovo, tranquillizzato.

Se non fossi arrivato in tempo, chissà se... Si schiaffeggiò mentalmente al pensiero.

Era giunto nel magazzino poco prima che la ragazza, Clara, ritrovasse il suo coltello da caccia. La polizia fece irruzione nel momento in cui impugnò l'arma.

Il medico, una volta giunto a casa di Carlos, medicò la ferita e diede qualche antidolorifico a Heather.

Il ticchettio dell'orologio al fianco del comodino lo riportò alla realtà. Spostò lo sguardo su quell'aggeggio e continuò a fissarlo. Il tempo scorreva in modo inarrestabile, istanti scorrevano veloci, altri scorrevano in modo assai lento.

Si sentì ancora più disorientato di prima: quel ticchettio lo infastidiva. Strizzò gli occhi voltandosi verso la ragazza stesa sul letto, tremante.

Nonostante tutto questo scorrere del tempo, i suoi sentimenti non si erano attenuati, anzi erano diventati sempre più tarchiati.

Perché non riesco a toglierti dalla mia testa? Si domandò mentre, inconsapevolmente, le accarezzava con il polso.

Scostò la mano, quel gesto gli aprì un varco nel petto; un vuoto incolmabile. Con un amaro in bocca, un nodo alla gola, si alzò passeggiando nella stanza vuota.

Si parò davanti allo specchio. Osservò il suo volto. Era più pallido del solito, quell'abbronzatura che tanti invidiavano, aveva lasciato il posto a un bianco malsano. Si portò le dita su alcune ferite che dovevano ancora guarire, si domandò se quelle cicatrici sarebbero rimaste.

Tirò fuori la mano dalla tasca e osservò il suo pollice. Con il dito si accarezzò la stella tatuata. Quella decisione di tatuarsi fu spontanea: si era sentito vivo ed era pieno di desideri.

Si voltò dalla parte del letto quando udì dei sospiri: Heather si stava svegliando. Automaticamente ella si portò la mano al fianco. La vide sbuffare per poi strofinarsi il volto. Sbuffò di nuovo un paio di volte prima di aprire gli occhi e posarli sul soffitto bianco. Fece per alzarsi, ma quando incontrò quei due occhi intenti a fissarla con preoccupazione e paura, sentì il sangue gelare nelle vene.

Lentamente le sue labbra si spalancavano, sorpresi. I suoi occhi lacrimavano mentre il corpo cominciò a tremare. Volle alzarsi, tuttavia non ci riuscì: le sue gambe avevano ceduto. Una scia di brividi le percosse la spina dorsale, sbattete le palpebre un paio di volte: credeva di sognare.

Il ragazzo sospirando, andò a sedersi di fronte a lei. Tremante, quest' ultima allungò la mano e con le dita sfiorò la guancia di lui. Le lacrime scivolavano sulla sua pelle violacea e pallida, il suo cuore batteva all'impazzata, per un istante ebbe l'istinto che stesse per uscire dallo sterno. Le labbra sorridevano, ogni cellula del suo corpo gridava il nome del ragazzo di fronte.

"Non è un sogno?" chiese balbettando afferrando il volto di lui tra le sue mani gelide. Il ragazzo scosse la testa, senza dire una parola. Abbassò gli occhi sulle sue ginocchia attaccate a quelle di lei.

Scoppiò in una risata isterica, mentre le lacrime non smettevano di scivolare. D'un colpo il mondo tornò a riprendere i suoi colori agli occhi di Heather.

Patto con il DiavoloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora