Rose.

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In quei due pozzi ghiacciati per un istante ridivi me stessa. Quella solitudine e quel rancore che portavo era espresso in quello sguardo che poco a poco si accese. Il culmine della luce durò meno di un secondo poi tornò a quello stesso mio riflesso. Mi sentì gelare il sangue, la temperatura del mio corpo scese credo sotto lo zero; distolsi lo sguardo concentrandomi sui presenti. - Alpha l'ho portata. Le presento Rosalin Allison JackAll. - riportai lo sguardo subito sull'Alpha che iniziò ad analizzarmi. Mi piantai le unghie nel palmo della mano cercando di rimanere calma e di non rigettare per terra. - la tua seconda genita - seconda? Mi girai di scatto verso Zero che alzò un sopracciglio.
- seconda? Quanti figli ha? - chiesi sotto voce. - almeno quattro, tutti maschi. Te lo spiegherò più tardi. - sussurrò a sua volta facendo un piccolo gesto con la mano, come se cercasse di scacciare una mosca.
- come tutti maschi? Quindi io sarei l'unica.. - dei passi mi fecero girare e mi trovai la faccia delle persona che era mio padre a pochi centimetri dalla mia.
- si tu sei la mia unica figlia femmina, Rosalin Allison - sentire pronunciare il mio nome completo da quell'uomo mi provocò le lacrime e un nodo alla gola. fu la cosa più complicata al mondo trattenermi dal piangere e urlargli in faccia tutte quelle cose che avrei voluto dirgli da sempre, anche non essendo belle parole. Le unghie entrarono ancora di più nella carne, provocandomi malessere anche se in quel momento il dolore fisico non superava il casino che avevo dentro di me, un turbinio di emozioni mi pervadeva lasciandomi senza fiato. Aprì e chiusi la bocca più volte, non riuscendo a proferire parola, ero pietrificata. Così decisi di indietreggiare di qualche passo allargando la distanza, non mi piaceva molto stare vicino a quell'uomo. Era più o meno uguale a me, stesso colore di capelli, di occhi. Stesse labbra sottili. Solo che lui era alto e muscoloso, io bassa e di muscoli, un mollusco ne avrebbe avuti più di me. L'uomo rise, voltandosi verso la platea che rimaneva silente, era un pubblico al quanto numeroso e fastidioso. Era diviso, come quei bambini. Da una parte capitanati da un ragazzo moro con occhi color verde acqua, alto e sicuro di se. Dall'altra parte un ragazzo dai capelli scuri e occhi altrettanto scuri, con un po' di barba e capelli arruffati ma corti. Guardavano qualcosa in cagnesco e seguendo i loro sguardi, l'oggetto di odio ero proprio io. - Zero..- sussurrai guardando mio padre voltarsi di nuovo.
- tranquilla, Rose, va tutto bene. Dopo tutto è tuo padre - fece spallucce sorridendo.
- un padre che non ho mai visto e conosciuto, un padre che mi ha abbandonata. Che ha abbandonato me e mia madre. - sentenziai arrabbiata.
- cosa ci poteva fare? La sua Lyn era una lupa e tua madre solo una..- il mio ringhio si sentì in tutta la stanza, questa volta non lo maledissi ma lo ringraziai. Almeno lui sapeva come fare per farsi rispettare. - okay calmati, non volevo offenderti - bravo sta al tuo posto, disse il mio lupo calmandosi.
- figlia - la mia attenzione si spostò di nuovo sul lupo che aveva allargato le braccia, facendo un gesto plateale, come se abbracciasse tutte le persone all'interno della stanza. - ti presento il mio branco e anche il branco da noi ospite, i Darkblood. - appena disse il nome del branco, il gruppo capitanato dal ragazzo dagli occhi scuri, emise un ululato e batté i piedi per terra. Il suono rimbombò sia nella stanza che dentro di me, facendomi intimorire. - io sono Alexander George Alakea JackAll. Alpha dei Jackall. Ti diamo il benvenuto nel nostro branco, ultima mia pecorella smarrita. - aveva un tono ironico e intimidatorio, lo guardavo da affianco a Zero, mi chiesi cosa ci trovasse mia madre in lui, si era un bell'uomo e anche molto grosso ma era troppo sicuro di se, arrogante e un pallone gonfiato.
Non mi piace per nulla. Disse il mio lupo un po' sulla difensiva.
"Magari non è così male." Alexander fece il giro della stanza facendo ridere i presenti con battutine che trovavo orrende.
"Okay no, hai ragione."Roteai gli occhi, odiavo darli ragione.
- qualcosa da dire, Allison? - mi chiese posizionando le mani sui fianchi.
- il mio nome è Rosalin, non Allisson. - la mia voce di sparse per la stanza, facendo trattenere il sorriso ad alcune persone.
- scusa, Rosalin - calcò sul mio nome e quella cosa mi provocò un scatto improvviso da parte del mio lupo che però riuscì a trattenere, puntando le dita nella gamba destra, quella che aveva fatto il passo in avanti. - Zero conducila alla sua stanza, se non ti dispiace. Ho del lavoro da sbrigare. - ci congedò con uno sguardo che mi pare spento, senza le emozioni di prima. Che avesse una maschera pure lui? Scossi la testa lasciando perdere pensieri stupidi. Il lupo mi fece segno di seguirlo e senza aggiungere altro, lo seguì nel corridoio da dove eravamo appena entrati. - a Rosalin - mi voltai per vederlo in faccia:- ti aspettiamo per cena - mi fece l'occhiolino e una coppia di lupi, chiuse la porta lasciandomi interdetta. Voltandomi di nuovo verso Zero notai che il suo sguardo si era spostato su una lupa che lo aveva salutato in modo timido. - non ci vado a cena - ruppi la sua trans passandoli davanti come un fulmine.
- tu ci devi andare - la voce e la stretta arrivarono nello stesso istante, la mano di Zero copriva tutto il mio polso e mi bruciava talmente tanto che dovetti provare a spingerlo via con l'avambraccio.
- mollami! - squittì con rabbia, la morsa si allentò e poi scomparì facendomi emettere un sospiro di sollievo. Iniziai a massaggiarmi il polso che aveva assunto un colore rossastro - voi lupi siete degli animali - Zero mi guardò senza trasmettere alcuna emozione. Stufa della sua prepotenza girai i tacchi e proseguì il corridoio, da sola. Sbucai nella stanza di prima, quella dei due bambini che litigavano, notai solo una bambola atterra; così mi chinai afferrandola. Era una bambola dai capelli scuri e due bottoni verdi al posto degli occhi. Ne tracciai teneramente i contorni, sorridendo tra me e me, ricordando quella bambola che mi portavo ovunque da bimba ma che poi un giorno sparì. Mi chiesi dove fosse finita quando una vocina acuta mi fece alzare la testa, due occhi neri mi stavano osservando. Una bambina bionda, con indosso un vestito rosa, mi osservava mentre cercava di trattenere le lacrime. Con le manine stringeva con forza l'orso del vestito, dal volto potevo notare la voglia di dire qualcosa ma la paura la bloccava. Guardai lei e successivamente la bambola, poi gliela porsi:- è tua? - chiesi con dolcezza. Lei annuì debolmente prendendo tra le sue braccia magre la bambola mora. Un sorriso radioso le illuminò il volto, la guardai correre fuori dalla casa gridando ad un ragazzino che stava seduto sulle scale con aria scocciata. - dai Marck! - strillò la bambina dando piccoli calci al ragazzino che evidentemente era più grande di lei.
- taci Al! Che palle! - sbraitò. Stavo per intervenire quando la bambina salì due gradini, diventando più alta di lui. Poggiò la bambola sulle scale, si mise le mani sui fianchi e lo guardò.
- smettila non parlarmi così o ti trovi un'altra Lyn! - mi sorprese. Si erano già trovati, non potevo crederci. Alcuni trovavano la propria compagna dopo anni oppure non la trovano neppure; loro erano uno dei quei rari casi in cui due nascono collegati e nello stesso branco.
- speriamo - scherzò il ragazzo caricandosela sulla spalla e agguantando la bambola. Gli sentì allontanarsi tra scherni e risate. Pensai che forse un giorno sarei stata come loro. Ci speravo così tanto, anche se non lo ammettevo. Mi alzai e iniziai a girare su me stessa, osservando l'interno dell'enorme casa. Era davvero bella dovevo ammetterlo anche se non mi sentivo proprio a mio agio. Avevo conosciuto mio padre, sapevo che persona fosse e forse ne rimasi delusa. Mia madre mi aveva spigato cosa volesse dire diventare un'Alpha e tipi di persona che lo diventavano non erano quasi mai persone modeste, anzi tutt'altro.
Guardai al di fuori della porta aperta, chiedendomi se mia madre mi stesse pensando come io pensavo a lei.

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