Rose.

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Erano passate due settimane dall'incidente con Nate e lo strano incontro con Lakus. In quelle due settimane mi ero allenata davvero molto, ora riuscivo a correre come il mio allenatore, ed ero fiera di me. Mi ero impegnata davvero tanto per raggiungerlo e prima che potessi perdermi d'animo, vidi finalmente i risultati. Anche Helen era fiera di me, poco a poco riuscì anche ad apprezzare la sua compagnia anche se per poco tempo. Con i miei fratelli avevo parlato poco, preferivo allenarmi e passare le mie giornate in camera. Non avevo amici ma stranamente non mi importava, da piccola volevo tantissimi amici; mi sentivo tremendamente sola ma in quel periodo, mi sentivo bene anche da sola. Stavo nella mia stanza, seduta atterra a scrivere sul mio vecchio diario; avevo deciso di tenerne uno per sfogarmi e ricordarmi cose che magari un giorno avrei dimenticato. Il sole filtrava dalle finestra riscaldandomi la schiena e il dietro della testa. Muovevo la penna veloce, riempiendo le pagine bianche di inchiostro e pensieri, non che fatti che mi succedevano la settimana. Percepì alcuni passi fuori dalla porta, erano strani. Facevano due tocchi a destra e poi tornavano dietro, sostavano per alcuni secondi sulla porta poi andavano a sinistra. Due tocchi e poi tornavano alla porta. Pensai che fosse strano così chiusi di scatto il diario appoggiandoci sopra la penna; mi diressi alla porta e appena la spalancai mi ritrovai Nate davanti, con il pugno alzato e un sguardo stupito. - hai finito di sostare davanti alla mia porta, inizia a darmi fastidio. - sospirai guardandolo. - direi di sì. - sussurrò abbassando il braccio, si schiarì la voce e guardò sopra di me. - verresti con me in città? - non riusciva neanche a guardarmi. - perché dovrei? - lo lasciai sulla porta andando a recuperare il mio diario e mettendolo sotto il cuscino. - perché stai sempre qui dentro, esci solo per allentarti. Avresti bisogno di svago. - fa un passo avanti ma prima di fare il secondo, mi voltai verso di lui bloccandolo con lo sguardo. - cosa devi fare in città? - alzai un sopracciglio sospirando. - alcune commissioni. - ci pensai una manciata di secondi. Dopo tutto non avevo mai visto la città e stare sempre chiusa nella camera, non mi faceva tanto bene. Mi ero già allentata e sinceramente non ne avevo voglia di farlo ancora. Così annuì decisa. - va bene, ci troviamo dalle scale tra dieci minuti. Copriti fa freddo. - mi raccomandò uscendo dalla porta e chiudendola dietro di se. Sospirai mettendomi a rifarmi il letto come abitudine che avevo assunto in quelle due settimane. Quando mi accertai che fosse perfetto, aggiuntai i primi jeans e una maglia, mettendoci sopra una felpa pesante. Mi misi la giacca e la sciarpa, insieme al capello di colore blu. Me l'aveva portato una volta Helen quando era andata a fare compere con i figli. Uscì dalla porta, indossando i miei anfibi e mi ritrovai Athos e Nate sulle scale intenti ad aspettarmi. Mi fermai ad osservarli, erano diversi sia nell'aspetto che nel carattere ma fu come se dentro di me, sentissi il modo in cui erano uguali. Come se qualcosa li legasse. Tossì facendoli smettere di parlare, Athos mi sorrise salutandomi con la mano enorme invece Nate si limitò a sbuffare e borbottare qualcosa del tipo - sei sempre in ritardo, ah voi donne. Bravo chi vi capisce. - io e Athos alzammo gli occhi al cielo seguendolo verso la porta. L'aria fredda, mi stava dicendo che l'inverno era alle porte e dovevo dire arrivederci alla mia stagione preferita, sospirai mentre nascondevo la bocca all'interno della sciarpa. - muoviti, Roxy. Vorrei fare quelle commissioni entro domani mattina. - brontolò Nate dal finestrino di una jeep nera. Alzai gli occhi al cielo camminando in direzione dell'altra macchina, in cui si trovava Athos in compagnia di altri lupi. -  oh no signorina, tu verrai con me. Porta qui il tuo bel culetto, avanti. - sbuffai girando i tacchi e avvicinandomi alla macchina. - sei un porco. - sussurrai acida al guidatore che mi sorrise soddisfatto. - certo certo. Dai sali, mia nonna è più veloce. - si bloccò fissandomi con un sorriso sghembo sulle labbra. - e lei è morta. - ridacchiò appoggiando le mani sul volante. Aprì la portiera e mi misi a sedere. Allacciai la cintura e sbuffai irritata. - c'è qualcosa che ti turba? - mi chiese ironico. - si, il tuo esistere. - sorrise guardando indietro per uscire dal vialetto e andare in strada. Tornò a guardare avanti e poi a destra facendo segno con il braccio, fuori dal finestrino, al gli altri di seguirci. - non potevi far venire Athos qui? - sospirai guardando fuori il vetro. Il panorama era bellissimo. - avresti preferito, stare da sola in un gruppo di lupi che si conoscono da quando sono dei cuccioli? - continuava a tenere gli occhi sulla strada sorridendomi. - boh, forse si, forse no. - tentennai con la testa sbuffando. - sei fastidiosa lo sai? Per quanto hai intenzione di continuare? -
- ti da fastidio? - usai una voce angelica. - si molto. - disse seccato. - allora continuo. - lo sentì sbuffare e dire qualcosa sotto voce ma a cui naturalmente non prestai attenzione.
- sei frustrante. - disse dopo qualche minuto di silenzio. Mi voltai verso di lui, era più rigido e con lo sguardo puntato sulla strada anche se percepivo la voglia di guardarmi, non so in quale modo ci riuscì. - lo so, me lo dicono da quando sono nata. - mi abbandonai allo schienale, mettendo le mani in grembo e lasciando cadere lo sguardo sulla strada delineata da tantissimi alberi, altissimi probabilmente pini. - non deve essere stato bello, immagino. - sussurrò l'Alpha guardandomi per un nano secondo. - nessuno potrebbe capire com'era. Nessuno..- sussurrai ancora sospirando. - allora perché non provi a far capire quei sentimenti? - d'un tratto mi ritrovai a fissarlo stupita. - perché anche se lo spiegassi, chi potrebbe mai capire? Nessuno è stato nella mia stessa situazione. - sbuffai irritata. - nessuno sa che inferno ho passato e nessuno sa come si viveva lì. Eravamo trattati come carne da macello; anche me prima che scoprissero cos'ero. -
- e cos'eri? - mi guardò ancora. - un mezzo lupo, un mezzo sangue, un ibrido, una...- cercai di dire ma mi bloccò con un gesto della mano.
- un bastardo? - ci guardammo negli occhi e allora capì, i suoi stessi occhi erano come i miei; alla ricerca della luce che avevamo un tempo. Della salvezza. Lottavamo contro noi stessi e perdevamo. Eravamo forti all'esterno ma deboli all'interno. Le nostre anime cercavano quel posto tranquillo, dove potersi riposare e smettere di essere sempre allerta o ferite.
Lui era un ibrido come me.

SPAZIO ME:
Salve ragazzi/e, spero che questo capitolo vi piaccia come al solito.
Anche se non siamo se non siamo ancora nel centro della storia, dal prossimo capitolo si inizierà a far sul serio ve lo prometto.
Volevo dirvi che non ci sarà un seguito della storia, perché il primo rimane il più bello ma invece scriverò un altro "libro"😉
-Math.

Dynasty. (revisione) Where stories live. Discover now