Capitolo 15 Bella come un angelo, crudele come un demone

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Un suono lontano, molto lontano, mi desta dal mio profondo sonno. Sembra il rumore di una sveglia, ma io sono sicura di non averne impostata nessuna, dopotutto oggi è sabato. Cerco di muovermi, di aprire gli occhi, ma non ce la faccio, sono troppo stanca per riuscirci, d'altronde stanotte ho dormito veramente poco.

Dopo una buona mezzora riesco ad aprire gli occhi e la luce che entra dalla mia enorme finestra è abbagliante, tanto che mi copro fin sopra la testa con le mie morbidissime lenzuola.

Ad un tratto sento freddo accanto a me. Mi volto e noto che Cassiel non è qui. Dove sarà andato? A fare colazione? E perché non mi ha svegliata?

Decido di alzarmi, prima o poi devo farlo. Cerco per la stanza dei vestiti puliti, ma non ci sono, o meglio, ci sono ma non sono di quest'epoca. E ora come scendo a fare colazione?

Cammino avanti e indietro per la stanza come una forsennata, in cerca di un modo per arrivare al mio alloggio senza farmi vedere. Non voglio che tutta la scuola mi veda in pigiama, si fa per dire visto che è una semplice maglia. E' imbarazzante.

<<Potresti passare dal seminterrato>> dice Nana

<<Dal seminterrato? E come ci arrivo in camera?>> chiedo perplessa

<<Una porta conduce a un intricato labirinto di corridoi che i tuoi hanno fatto costruire nel caso avreste dovuto...>> risponde Nana

<<...scappare. Me lo ricordo. Da piccola mi divertivo ad esplorarli, ma erano troppi. Mi piaceva stare lì sotto, con il buio, l'odore pungente di umidità che proveniva dalle pareti di pietra, il rumore di gocce provocate dalla condensa dell'acqua presente nell'aria che cadevano sul terreno freddo. Se non mi sbaglio ce n'è proprio uno che conduce all'ala dove ora sono situate le camere delle ragazze>> dico avviandomi verso la porta, sicura di me stessa, incurante del fatto che ho spiazzato Nana con questo mio ricordo improvviso.

<<Ti ricordi tutto questo?>> chiede Nana esterrefatta

<<Sì, pian piano sto ricordando. Ora dobbiamo andare>>

Mi incammino giù per le scale. Il pavimento di pietra è gelato e il freddo penetra in profondità nelle ossa dei miei piedi nudi. Affretto il passo. Non vedo l'ora di mettermi delle calze, o delle scarpe.

Un suono proveniente da dietro la porta che conduce alla biblioteca mi paralizza

<<Ma cosa dici? Non è quello il libro, è questo!>> dice una ragazza dell'altra parte della porta

Lascio andare il fiato, che non mi ero neanche accorta di star trattenendo, e ricomincio la mia discesa. Una volta arrivata alla fine delle scale mi blocco di scatto e faccio un piccolo salto all'indietro per mantenere l'equilibrio che ho leggermente perso quando mi sono fermata bruscamente, come se fossi andata a sbattere contro qualcosa, conoscendomi è più probabile contro qualcuno. Ma davanti a me non c'è niente, mi sono semplicemente fermata perché il ricordo della porta dietro la quale si nasconde il labirinto di tunnel non mi è ancora tornato. Cavolo!

<<Pensa, pensa Lilith>> mi dico massaggiandomi le meningi e stringendo forte gli occhi per visualizzare la porta, ma niente, non mi torna assolutamente niente in mente.

<<E' quella lì in fondo>> mi dice Nana superandomi e avviandosi verso la porta, la penultima alla fine del corridoio.

<<Ti muovi? Se non ti vesti subito prenderai un accidente>> mi dice squadrandomi da capo a piedi con uno sguardo disgustato. Dopotutto lei ha vissuto nel diciottesimo secolo, dove non potevi mostrare neanche le caviglie o i piedi, è ovvio che sia disgustata dal fatto che sono praticamente in mutande.

Helven: tra inferno e paradisoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora