2 ¤KEVAN¤

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Questa non è una città, è solo un dannato ed anonimo paesino. Beh, anonimo non proprio, dato che in questo preciso istante ho lo sguardo puntato sul cartello su cui è scritto, a caratteri cubitali, 'ANCESTOR'S HILL'. I miei piedi riprendono a camminare imperterriti, anche se il dolore è ormai lancinante e vorrei usare le poche forze che mi rimangono per fare dietrofront e ritornare a casa da Nisa. Tuttavia la sua magia mi guida da questa famiglia che non ho mai visto, in questo posto dove il verde è ben poco e gli animali indossano solo ridicoli cappottini. Sembrano più o meno le tre del pomeriggio, a giudicare dalla posizione del Sole: il caldo è opprimente, quindi mi tolgo la giacca e continuo a camminare in canottiera. La mia temperatura corporea è sempre o troppo alta o troppo bassa a causa della presenza dei poteri, che in qualche modo mi sballano i parametri. Non mi sorprenderebbe vedere la gente andare in giro tutta imbacuccata.
In ogni caso cerco di nascondere il mio aspetto stravagante meglio che posso, mutando il colore dei miei capelli e i tatuaggi sul mio corpo. Gli occhi, purtroppo, rimangono gialli, ma non è un problema: basta che tenga lo sguardo basso ogni volta che passa qualcuno. Percorro una strada costeggiata da qualche albero avvizzito e già mi viene da urlare per la rabbia: sono alberi malaticci, che hanno bisogno di cure e magia. Che essere inutile, l'umano: fa sembrare gli alberi gli ospiti del luogo, quando invece lo è l'umano stesso. Le case sono tutte uguali tra loro: alte due piani, bianche, con un giardino perfetto ed inguardabile. Spero con tutte le mie forze che anche la casa dei Jones non sia conciata in questo modo barbaro, ma le mie preghiere non vengono ascoltate, purtroppo: mi trovo di fronte ad una casa esattamente come le altre, a parte il cognome 'Jones' inciso sulla cassetta delle lettere ed una musica martellante proveniente dai piani superiori. Sposto lo sguardo su una finestra che sembra dare alla sala da pranzo e vedo delle tende che si muovono; un momento dopo una donna apre la porta e il mio istinto mi conferma subito che si tratta di una fata. Mi sorride dolcemente, aspettando che varchi la soglia della casa... sembra... trepidante. È difficile da parte di uno di noi consentire agli sconosciuti di entrare nella propria casa, però lei lo fa e la cosa mi conforta tantissimo... mi ricorda Nisa. Sono divorato dalla preoccupazione.
Entro, ritrovandomi in un piccolo atrio. Ai muri ci sono due specchi quadrati, uno parallelo all'altro, mentre tutto intorno delle foto appese. La famiglia Jones, penso, studiando i tre individui sorridenti che si abbracciano e guardano sereni l'obbiettivo. Quell'immagine mi rallegra, le famiglie felici mi rallegrano...
Ora che miei piedi hanno smesso di seguire l'influsso della magia, sento che sto per collassare a terra. La magia che avevo applicato ai miei tatuaggi e ai miei capelli scivola via e sto anche io per scivolare per terra, quando la fata, il suo nome è Cassie, suppongo, mi afferra. Facciamo qualche passo ed entriamo in un salotto. Mi lascio cadere sul divano con un sospiro e chiudo gli occhi. Il dolore ai piedi è lancinante: nemmeno se volessi potrei rifare la stessa strada a ritroso. Non oggi, almeno. Tuttavia, è possibile che domani io sia già come nuovo.

-Kevan, mi senti?- chiede dolcemente Cassie, posandomi una mano sulla fronte. -Niente febbre- sussurra.

-Sì, la sento- mormoro.

-Dammi del tu... sei venuto fin qui a piedi?- domanda preoccupata.

-Non ricordo...- scuoto la testa. -Ad un certo punto devo aver chiesto un passaggio a qualcuno su quegli aggeggi infernali, ma non ricordo bene...

-Va bene, Kevan, non ti preoccupare... riposati, adesso. O fatti una doccia. Vorresti qualcosa da mangiare?- È così premurosa che mi fa sorridere. Sto per rispondere che mi mangerei la casa intera se non fosse così brutta esteriormente, ma mi blocco quando la porta di una stanza al piano di sopra si apre e la musica si fa più forte. Sento qualcuno sbuffare, poi dei passi sulle scale. Sembrano appartenere a due persone, un uomo e una ragazzina... quelli di lei sono a malapena udibili, silenziosi come quelli di un gatto. Un uomo entra in salotto e mi sorride cordiale, allungandomi una mano. -Salve, sono Gerard Jones. Tu devi essere Kevan, giusto?- Mi accorgo subito che è umano. Lo guardo confuso, poi i miei occhi si spostano su Cassie. Lei sorride un po' imbarazzata. -È mio marito, stai tranquillo.

Ritorno a guardare Gerard e la sua mano tesa, chiedendomi cosa vuole che ci faccia. Alla fine la afferro un po' esitante, girandola e rigirandola e guardandola. -Gran bella mano- commento, dopodiché io e l'umano ci guardiamo. Sembra un po' perplesso. Ritira il braccio, poi si schiarisce la voce e si gira per presentarmi la ragazza. -Kevan, lei è Blue.

La ragazza mi squadra con i suoi grandi occhi neri. Ha un viso incorniciato da lunghi capelli castano scuro ed è simile alla madre, a parte il fatto che sembra le manchi la dolcezza che invece vedo nell'altra donna. È un ibrido e quindi il suo odore è diverso, né dolce come quello dei miei simili, né vagamente acido come quello umano. Indossa un top e un paio di shorts, entrambi neri. Ha un'aria combattiva e minacciosa, non credo sia d'accordo riguardo la mia presenza... o almeno così sembra dalla posizione tesa e guardinga del suo bel corpo; i suoi occhi mi stanno squadrando curiosi esattamente come i miei squadrano lei e la cosa stranamente mi piace... voglio che mi guardi.

-Dalle sette alle sette e un quarto di mattina, il bagno è mio. Non provare ad entrare nella mia camera o sclero- dice. La voce trema ma il viso rimane impassibile, una maschera di cera.

-Non vedo perché dovrei entrarci- replico facendo un vago sorriso. Voglio farla arrabbiare, voglio che quella maschera sparisca.

Blue assottiglia lo sguardo, incrociando le braccia al petto. -Perché sembri il tipo di ragazzo che borseggia le vecchiette.

-E tu sembri il tipo di ragazza che mi aiuterebbe a farlo.- Alzo un sopracciglio, aspettando la sua prossima mossa. Lei stringe le labbra in una linea dura mentre le guance le si imporporano di rosso. Manteniamo il contatto visivo finche lei non lo distoglie per guardare Cassie e Gerard. -Se questo individuo vi sembra un bravo ragazzo...- sibila, dopodiché sale veloce come un razzo le scale e si sbatte la porta alle spalle.

-Prima o poi butterà giù il muro, a forza di farlo- sospira Gerard.

-Mi dispiace tanto- dico ai due, seriamente pentito. Quando si tratta di ferire con le parole, posso considerarmi uno dei migliori... però mi sento soddisfatto, almeno si è arrabbiata.
Cassie e Gerard si guardano, stanchi e preoccupati. È una di quelle occhiate che si scambiano solo persone come loro, ossia legate da un qualche vincolo... per un momento ne rimango affascinato, sento i miei tatuaggi limitativi prudere per il desiderio di sapere come funzioni il loro contatto. Sembra quasi si parlino nel pensiero. Magari ci riescono.

-Non ti preoccupare- Mi sorride Cassie. Sento di adorarla già e sento di adorare già anche Gerard e la buffa cosa che porta al collo. -Senta un po'...

-Dammi del tu, figliolo.

-... Ma cos'hai attorno al collo?- Mi metto a sedere e poi la afferro veloce, prima che l'umano possa scansarsi. È setosa e fredda, mi piace.

Gerard si schiarisce ancora la voce. -Ah, ehm... si chiama cravatta. La si usa per fare bella figura...- ridacchia nervosamente.

Annuisco, poi alzo lo sguardo al suo viso e sorrido riconoscente. -L'hai messa per il mio arrivo. Per accogliermi... giusto?

-Eh sì, figliolo.

Guardo Cassie e il mio sorriso si allarga. -Grazie- dico ad entrambi. Sento che se rimanessi mi sentirei bene... ma non posso, devo ritornare da Nisa al più presto. Domani.

Enchanted ||VINCITRICE WATTYS2017||Where stories live. Discover now