5 ¤BLUE¤

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Non ho idea del perché io voglia aiutare questo ragazzo, né perché abbia insistito così tanto per farlo alzare dal divano. Per quanto mi riguarda può fare quello che gli pare, basta che non faccia danni. Le mie aspettative si sono abbassate di molto da quando Kevan è con noi, ora tollero che si trovi a casa... più o meno. A suo favore va il fatto che non è mai in bagno quando devo andarci io, cosa piuttosto apprezzabile.
E poi, in un certo senso, la sua presenza è... non so, potrei definirla quasi piacevole. A volte mi viene da sorridere, quando lo guardo. Non so perché, ma mi fa riflettere su cose che in tutta la mia vita non ho mai calcolato, tipo lo stato delle piante del vicino.

-E poi, cosa accidenti significa che tagliate l'erba che cresce in giardino?- chiede mentre ci dirigiamo alla fermata dell'autobus. Pagherò la modica cifra del biglietto di Kevan, così mi accompagnerà fino all'entrata di scuola e poi potrà andare in giro per i fatti suoi. Magari corrompo qualche mio compagno dagli ormoni impazziti così da fargli fare l'emozionante tour con tanto di spiegazioni. Ma perché ci tengo tanto? Accidenti!
Non prendo l'autobus da un bel po' di tempo, ormai... più precisamente, da quando Dorothy e le altre mi danno un passaggio in macchina ogni mattina. Mi sembra strano ritornare agli esordi, quando usavo ancora mezzi pubblici e non macchine da ricchi. Io e Kevan entriamo nell'autobus e veniamo travolti dal classico odore che hanno gli abitacoli poco arieggiati frequentati da adolescenti. Preferisco l'odore di vaniglia della decappottabile di Dorothy, anche se odio anche quell'odore. C'è gente che lancia palline di carta, gente che riceve palline di carta e gente che riceve palline di carta e reagisce; l'autobus è grande, ma tutti questi corpi che si muovono lo fanno sembrare una claustrofobica scatola di sardine. Per non parlare del rumore: ragazze che strillano ai ragazzi, ragazzi che strillano come ragazze, ragazze e ragazzi che sussurrano, confabulano, criticano, snobbano. Pochi sono quelli che ascoltano silenziosamente la musica.

-Non ce la posso fare. E se scendessimo?- propone Kevan. Nello stesso momento le porte dell'autobus si serrano e il mezzo parte, sballottandoci contro i sedili. -Troppo tardi.- Sospiro, cercando un paio di posti liberi. Faccio qualche passo avanti, evitando di toccare più o meno qualunque cosa perché schifosamente untuosa e tirando contemporaneamente Kevan dalla canottiera nera, che gli valorizza più che bene il fisico e i tatuaggi, e... non devo pensarci. Pensa ad altro, Blue. Sicuramente, Dorothy vorrà sapere perché non ho accettato il passaggio mattutino, quindi devo inventarmi una scusa plausibile...

Mentre la mia mente si impegna al massimo per inventare una motivazione convincente, un ragazzo si mette al centro del corridoio dandomi le spalle e parlando come se quello non fosse, appunto, un fottuto corridoio, e come se noi non dovessimo passare. -Permesso.- Il mio tono non è amichevole e nemmeno la mia faccia. Beh, questa non lo è proprio mai, a parte quando mi sforzo perché lo sembri. Non so per quale motivo, ma sono nata con il viso di una che, se non assecondata, pare capace di trucidare gente semplicemente lo sguardo... se fossi nata secoli fa, probabilmente mi avrebbero impiccata per stregoneria ancor prima che aprissi bocca. Eppure allo stesso tempo so di non essere orribile, almeno non esteriormente.
Interiormente è tutta un'altra storia perché interiormente sono tremenda.

Dunque. Siamo al mio 'permesso', giusto? Bene. Il tipo si gira e mi squadra in un modo che avrebbe fatto arrossire qualsiasi ragazza. Ovviamente io non arrossisco, perché mi concentro nell'atto di fissare il punto invisibile al centro dei suoi occhi, così da metterlo a disagio. O il metodo funziona davvero bene, o semplicemente il ragazzo mi riconosce associandomi a Dorothy... si sposta lievemente, in imbarazzo, e noi riusciamo felicemente a trovare i due posti alla fine dell'autobus: io accanto ad un ragazzo con un berretto a righe calcato in testa, le maniche della felpa (con il logo della mia scuola) lunghe, con i buchi per i pollici ed un grosso ciuffo fucsia che gli copre l'occhio destro. Ci rivolge una timida occhiata, poi ritorna, ingobbendosi, al suo videogioco. Ormai deve avere le dita smaltate di nero atrofizzate dal troppo giocare: gli tremano e, quando perde (cioè molte volte da quel che vedo), diventa tutto rosso ed inspira ed espira talmente forte che sembra stia per avere un violento attacco d'asma o che la testa gli stia per esplodere. Spero non succeda, anche perché l'altra mia uniforme è a lavare e non sarebbe carino che l'unica che possiedo, al momento, si sporchi di materia cerebrale. Kevan, invece, è seduto vicino ad una ragazza che peserà sì e no cinquanta chili vestita. Ha i capelli cortissimi e biondi, gli occhi enormi, azzurri, la pelle pallidissima ed indossa anche lei l'uniforme, sovrastata da un'ingombrante sciarpa grigia. Si guarda i piedi, scostandosi il più possibile da Kevan, lanciandogli sguardi spaventati e nascondendosi dietro l'enorme sciarpa. In pratica, sembra un fantasma.

Enchanted ||VINCITRICE WATTYS2017||Where stories live. Discover now