33 ¤HECTOR¤

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-Umano...- Raven gli da alcuni schiaffetti sulla guancia. -Non c'è tempo per svenire, su! Su!

Hector rinviene, imprecando debolmente. Ha mezza faccia premuta contro qualcosa di freddo e molliccio. Già il posto non gli piace.

-Verdandi, ingarbuglia ancora quel filo!

Tenendosi la testa tra le mani, Hector si guarda intorno. Si trova ai piedi di un vecchio pozzo coperto di muschio ed è proprio in mezzo al fango, così decide di alzarsi. Fosse facile... prova nausea e gli gira la testa, come se avesse appena fatto un giro su uno di quei giochi che si trovano al parco, quella specie di cosa tonda che gira e che ti fa pentire di aver mangiato prima di esserci salito sopra.
Accanto al pozzo cominciano ad emergere delle piccole radici, le quali diventano sempre più grandi e nodose man mano che si avvicinano all'imponente tronco di un albero che sembra un incrocio tra una gigantesca quercia e un mastodontico salice piangente. Il tronco, ad occhio e croce, supera i trenta metri di diametro e, per quanto Hector si allontani, non riesce a vedere i rami sulla vetta.

-Hey, hey, hey!- fa una voce allegra al suo orecchio. Hector fa un salto, allontanandosi da una ragazzina minuta. Non indossa un vestito vero e proprio, è più un insieme di pezzi di stoffa diversi tra loro e cuciti abbastanza a caso, come se un giorno qualcuno avesse detto: 'hey, prendiamo questa cosa gialla e questa cosa di lana e quest'altra cosa macchiata e facciamo un vestito completamente al buio!'
I suoi capelli sono un uragano di ricci rosa che sembrano una criniera di un leone con la permanente, la sua pelle è pallida con due piccoli cerchi rossi in corrispondenza delle guance e i suoi occhi sono... bianchi. -Dove sei finito?- li sgrana, guardandosi inutilmente intorno e tastando l'aria in cerca di Hector.

-Ah...- sospira una donna ai piedi del grosso albero, seduta gobba su una radice ed annodando annoiata dei fili bianchi presi da un grosso mucchio ai suoi piedi. La donna fissa tristemente il vuoto, i liscissimi capelli celesti che le coprono il viso e finiscono a terra, ammassandosi ed aggrovigliandosi. Se la tristezza avesse volto, corpo ed anima, sarebbero il volto, il corpo e l'anima di questa fata. Le sue dita si muovono attorno a fili lunghi e corti, annodandoli tra loro oppure annodando un filo alla volta, il tutto fatto con immensa lentezza. La sua bocca è perennemente ferma in una smorfia di dolore; indossa la stessa strana veste della ragazzina esagitata e le si vedono braccia e gambe, ossute e deboli e pallide. Ella sospira ancora, dopodiché annoda un filo con l'espressione di una che sta per scoppiare a piangere.

-Torna qui, dannata!- strilla una vecchia sdentata seduta su una creatura che sembra una pecora. La donna, cieca come le altre e completamente pelata, afferra con movimenti svelti e decisi la lana dell'animale e in pochi svelti passaggi, arrotolando e strofinando, forma dei fili perfetti che poi strappa e lancia nel mucchietto ai piedi della fata depressa. -Skuld, so che non stai facendo il tuo lavoro!- brontola, sputacchiando saliva a destra e a manca. -Skuld!

-Sì, Urd?- risponde amabilmente la ragazzina dai capelli rosa, girandosi verso la voce.

-Torna al tuo dannato lavoro, per tutte le capre!

-Ma certissimamente certo!- strilla la piccola Skurd, -Devo solo ritrovare Verdandi!

-Sono qui... credo...- mormora Verdandi con una vocina flebilissima, annodando ed annodando ed annodando. Ne sbroglia pochi, di nodi... davvero pochi.

-Qui dove?- Skuld comincia a saltellare sul posto, girando allo stesso tempo come una trottola. -Non ci vedo!

-Neanche io...- Verdandi sospira, cominciando a singhiozzare. -Sono qui...

-Qui dove?!

-Lì!- sbraita adirata la vecchia Urd.

-Loro sono le Norne.- spiega Raven ad un Hector confuso come non mai. La fata indica la grossa matassa ai piedi di Verdandi. -Ogni filo è la vita di una fata. Urd, la vecchia, li crea da quella grossa pecora su cui è seduta, poi li passa a Verdandi, la donna, che li ingarbuglia: i nodi sono gli ostacoli che una fata deve affrontare nella vita. Quella laggiù, invece, è Skuld, la ragazza incaricata di rompere i fili.

Insieme, Raven e Hector guardano la ragazzina andare a sbattere contro il tronco dell'albero e poi cadere di sedere a terra. -E tutte le fate del mondo sarebbero nelle mani di queste tre tizie?- Hector ridacchia, ma non aggiunge altro perché Raven lo fulmina con lo sguardo.

-Quello è l'Yggdrasil, il grande e magnifico albero della saggezza,- continua la fata sbuffando, -e tu ti trovi a Galad, la Terra dell'Albero.

-E siamo nel Valhalla, adesso?

-Perché, sulla Terra c'è una regione che si chiama Galad?- lo prende in giro Raven. -Non fare domande ovvie, qui odiamo le domande ovvie, le domande ovvie sono il male dell'universo intero.

-Non capisco...

-Non devi capire, devi diventare Re di Galad!- Raven si dirige da Skuld e la prende delicatamente per un braccio, dirigendola poi verso la grande matassa di fili di lana ai piedi della triste Verdandi.

-Oh, grazie.- Skuld sorride al vuoto, prende un filo a caso e lo tira fino a romperlo in due parti.
Hector rabbrividisce al pensiero di aver appena visto morire qualcuno, di aver visto letteralmente il filo della vita di un essere vivente spezzarsi... così, con la facilità di un movimento.

-E quel pozzo?- chiede debolmente, indicandolo.

Raven fa spallucce. -Oh, nessuno lo sa, neanche le tre Norne. Solo Yggdrasil è a conoscenza della sua utilità.- La fata alza gli occhi azzurri verso l'alto, ammirando le grosse fronde fruscianti e i rami scricchiolanti, rami talmente grossi che se due persone, tenendosi per mano, cercano di abbracciarlo, non riescono a farlo nemmeno se si allungano al massimo delle loro capacità.
Hector, invece, segue con lo sguardo un sentiero battuto che porta ad un bivio: da una parte la strada è più delineata e luminosa e dall'altra è più scura e piena di erbacce. Al centro di queste due stradine, un palo di legno pieno zeppo di cartelli fa la sua comparsa. -Scusa, che strada dobbiamo prendere?- chiede a Raven. -Perché io propendo per quella chiara...

-E invece andiamo in quella scura, ah!- gli ride in faccia la fata, dopodiché si tira via una ciocca di capelli neri dal viso, si sistema la giacca nera, gli da le spalle e prende a camminare verso il bivio.
Hector stringe le labbra, sbuffando. Si guarda quindi alle spalle, osservando la vecchietta che cavalca ridendo la pecora, la triste donna che sospira e singhiozza e la sbadata ragazza che ha ripreso a saltellare. Le sorti di un'intera specie dipendono da tre cieche schizzate, pensa, dopodiché si affretta a seguire Raven, incespicando. Non sa se ridere o piangere... nel dubbio, meglio starsene zitti.

-Per di qua: aceto,- legge il ragazzo, pensieroso, -per di qua si va di là. Per di là: capre.- Guarda per un lungo secondo la freccia con su scritta l'informazione delle capre. Punta da qualche parte in alto, verso destra. -Attenzione pioggia zucchine- legge ed istintivamente guarda verso l'alto. -Rischiano di piovere zucchine, per caso?- chiede a Raven, stupito.

-Domanda ovvia!- replica infastidito l'altro, continuando ad inoltrarsi nella strada buia.

-Dove andiamo?

-Dai miei Changeling. Loro ti aiuteranno a studiare le Quattro Arti per diventare Re.

-Cosa sono i Changeling e cosa sono le Quattro Arti?

Raven si volta e gli rivolge uno sguardo beffardo, che spaventa e allo stesso tempo incuriosisce il ragazzo. -Vedrai...- ridacchia la fata.










Enchanted ||VINCITRICE WATTYS2017||Where stories live. Discover now