16 ¤KEVAN¤

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Osservo con attenzione gli enormi fogli di carta sottile che Gerard tiene in mano: le lettere, le parole e le immagini ci sembrano tatuate sopra con un inchiostro che ti si appiccica alle dita, lasciandole un po' più scure di quanto fossero prima. Gerard è concentratissimo nella lettura, ha la fronte corrugata e le folte sopracciglia scure quasi si toccano. Tutto il suo viso è in ombra, un po' perché la luce in cucina è poca e un po' perché le cose che legge lo stanno turbando. Dice che su questa carta sono riportate tutte le notizie importanti della settimana e che in pratica, leggendolo, poi sai un sacco di cose in più non solo del continente in cui ti trovi, ma anche dell'intero mondo!

-Ma quindi se succede qualcosa di importante nello Sri Lanka io lo saprò?

-Sì, se leggi il giornale.- L'umano gira una grande pagina, riprendendo a leggere.

-Giornale- ripeto lentamente. Vorrei guardare Nereus, ma so che non vuole essere disturbato quando si trova sotto un tavolo. Gerard annuisce, guardandomi in modo strano. -Ma scusa, non hai mai letto il giornale nel posto in cui abitavi prima?

-Non avevamo bisogno di questi cosi- replico. -Se qualcuno sapeva qualcosa lo riferiva a noi, noi lo dicevamo a qualcun altro e così via. La carta serve per scriverci cose più essenziali, tipo leggende, storie, canti, poesie e filastrocche, non...- mi sporgo, leggendo un titolo a caso: -... la super truffa dei pompieri del Derbishire!

Gerard allontana il giornale dalla mia faccia, poi lo piega quattro volte e lo appoggia sul tavolo con un sospiro. Torna a guardarmi. Io gli faccio un grande sorriso e lui ricambia, un po' esitante. -Dov'è il tuo amico, Kevan?

-Sotto al tavolo- rivelo, ma, non appena Gerard indietreggia per guardarci sotto, aggiungo: -Non lo fare! Perde un po' le staffe quando lo si disturba in questo modo.

-Ma è casa mia...

-Appunto: vuoi che rimanga intatta?

Gerard annuisce, pallido.

-Bene,- appoggio entrambe le mani sul tavolo, -allora non guardare di sotto.

Dopo un attimo di indecisione l'umano sospira e riprende in mano il giornale, sconfitto. -Ma tu sai cosa sta facendo? Non sta rosicchiando le gambe del tavolo, vero? Perché è legno pregiato, questo. Un Signor Legno.

L'ultima volta che ho guardato Nereus sotto un tavolo è stato anni fa e sembrava stesse solo... dormendo, ma poi lui ha spalancato di colpo gli occhi e ha cominciato a dare di matto: si arrampicava dappertutto come un ragno, buttava cose a terra e... insomma... -Non guardiamo sotto al tavolo, ok?

Sta per dirmi qualcosa quando dal piano di sopra parte una delle canzoni di Blue. Sulle scale si sentono dei passi che vanno a ritmo di musica e la sua voce che canticchia. La vedo fare un saltello per saltare l'ultimo scalino. Fa una piroetta e i capelli vanno dove vogliono, mentre la gonna scolastica si gonfia scoprendo la parte di coscia non fasciata da quei lunghi calzini che lei chiama parigine: queste sono nere e strappate. Indossa i suoi inseparabili anfibi, come al solito, e la camicia con i fronzoli, come al solito.

Io la trovo stupenda, come al solito.

-Buongiorno, tesoro.- La saluta Gerard stupito. Effettivamente non ci aspettavamo la sua presenza ma meglio così... no?

Lei lo ignora e se ne va in giro per la cucina ballando. Prende il suo bicchiere di spremuta, ma saltella talmente tanto che il liquido si agita cadendo e bagnando sia la sua mano che il pavimento. Lei non sembra accorgersene.

Risale le scale.

Cambia idea. Le scende. Fa un'altra piroetta, versa altra spremuta e poi risale gli scalini.

Dopo un attimo di silenzio Gerard mi scuote per il braccio. -Kevan, i cosi che hai sulla faccia stanno impazzendo!

Mi riscossi immediatamente e staccai le mani dal tavolo: dove prima c'erano i palmi adesso sta crescendo del muschio. Sia io che Gerard lo fissiamo con gradi diversi di disperazione. -Pulisco dopo.- Sorrido nervosamente.

-Ti conviene, ragazzo.- Mi fulmina con lo sguardo.

Pochi minuti dopo Blue scende velocissimamente le scale e si fionda all'entrata, uscendo. -Addio!- urla sbattendo la porta. Istintivamente mi alzo anche io, ripeto a Gerard di non guardare sotto il tavolo e seguo Blue.
Appena esco di casa mi accorgo subito che qualcosa nell'aria è cambiato... solo, non riesco a capire cosa. Sembra una mattinata come tante, con il sole che cerca di scaldare l'aria e il pigro cinquettio degli uccelli. Non ci sono macchine, ma d'altronde non ce ne sono mai state molte, qui. Allora cosa c'è che non va?

Riprendo a guardare la figura saltellante di Blue e dimentico subito la strana sensazione. Blue finisce per uccidersi se qualcuno non la controlla! -Aspettami!- urlo.

-Non ho tempo!- risponde.

-Come se la tua intenzione fosse quella di andare a scuola- mormoro, incrociando le braccia. La ragazza rallenta fino a fermarsi, poi si gira leggermente e mi guarda da sopra una spalla. -E se volessi davvero?- Il sorriso dispettoso che sta facendo non mi infonde per niente fiducia.

-Sarebbe in ogni caso una cattiva idea.

Blue si sistema la spallina dello zaino sulla spalla. -E allora?

Ecco. E allora? Quando mi fanno questa domanda rimango sempre zitto perché non so più come andare avanti. È come se tutto quello che ho detto prima di quel 'e allora?' non valesse niente. Mi guardo intorno, poi abbasso gli occhi e cerco di riprendere il discorso. Non riesco ad andare avanti comunque. Mi sento proprio scemo.

-Scemo.

Ecco. -Sarebbe pericoloso per gli studenti- riprovo. -Non andare a scuola, Blue.

-Non me ne frega niente di loro,- sbuffa. Non è sincera, lo sento: vuole farla pagare a qualcuno, -sono delle persone talmente inutili che le ignoro volentieri!

-Una fata non ignora mai ciò che le sta intorno. Anche gli ibridi come te non ci riescono- aggiungo, mentre sta, probabilmente, per specificare la propria natura. Incrocia le braccia al petto e mi fulmina con lo sguardo, dicendo: -Non mi interessa ciò che stai dicendo, le tue farneticazioni su cose che potrei o vorrei fare mi sembrano totalmente inutili. Tu stesso sei inutile, qui. Evita di importi su di me, tanto sai che andrò in ogni caso dove mi pare e piace. Non intrometterti, non ne hai il diritto.- Sogghigna e mi squadra con cattiveria. -Non sei proprio nessuno per me, se vuoi saperlo.- In quel momento l'autobus si ferma poco più avanti ed apre la porta cigolante. Evito lo sguardo della ragazza fin quando lei mi accarezza la guancia e in tono falsamente dispiaciuto mormora: -Su, Kevan, non piangere... la mamma torna presto!

A questo punto un sentimento di rabbia mi esplode nelle vene: le afferro il polso, stritolandoglielo fino a farle male. Lei cerca di allontanarsi da me, ma io la strattono finché i nostri volti non sono a pochi centimetri di distanza. -Non vedo l'ora che tu faccia a pezzi qualche umano e torni a casa con le loro interiora tra le mani, piangente e disperata come una piccola dodicenne incinta. Solo in quel momento ti accorgerai dei tuoi sbagli.

-Vai. A farti. Fottere.- sussurra, poi con uno scatto si avvicina alla mia faccia ringhiando. I suoi occhi sono pozzi neri di odio. Le mollo il polso, serrando i denti dalla rabbia. Non mi vuole ascoltare? Che faccia come le pare.

-E prova un'altra volta ad ordinarmi cosa fare o non fare e ti faccio male.

-Non ne dubito.- Sorrido amaramente.

-Bene!

-Bene!

Ci fulminiamo con lo sguardo, poi ognuno va per la sua strada.






Enchanted ||VINCITRICE WATTYS2017||Where stories live. Discover now