3-L'anonimo.

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La sua voce riecheggiò nella grotta incutendo terrore, come se fosse la roccia stessa che la circondava a parlare. Eppure, incoerente con il tono, la sua voce era soave, lasciava immaginare una donna dai lunghi capelli scuri ed il volto di una giovane con la bellezza di una Dea.

La Dea Demetra chiese a Cassia di mostrare i suoi poteri, ma la giovane rimase immobile, le braccia lungo i fianchi, mentre si domanda cosa sarebbe stata in grado di fare. La verità era che lei non pensava di saper fare nulla. Sapeva che non fosse come tutti gli altri, poiché da piccola rischiò di sciogliere l'intera casa in cui abitava, ma da allora i suoi genitori le avevano privato di usare i suoi poteri per il suo bene e per quello dell'intera isola.
Cassia era cresciuta da allora, durante tutta la sua adolescenza non aveva mai fatto pratica e frequentato i corsi di autodifesa obbligatori per tutti gli Oromatua della Terra. Era rimasta nascosta tra le mura della sua dimora, imprigionata dalla sua stessa carne.
Sapeva di essere una Fireblood ed era inspiegabile la sua nascita poiché fosse stata procreata dall'unione di due Waterblood.

«La nostra Dea ha bisogno di sapere cosa siete in grado di fare» disse Hannalice, facendo tornare Cassia alla realtà.

«Non sono capace di accontentare la tua Dea.» Ed era vero, la ragazza non aveva idea di quanto potente potesse essere, ma senza alcuna preparazione non sarebbe mai stata in grado di fare qualcosa.

«Una Deyanira è una Oromatua dall'anima creatrice e distruttrice. Creata per onorare e servire il suo Dio e voi siete una bugiarda» le rispose la serva.

«Non ho più intenzione di stare al tuo gioco. Riportarmi dove devo stare.»

«Disubbidiente Hannalice, mi avete portato una perdita di tempo?» tuonò la Dea Demetra.

«No, mia signora, è colei che cercate, i vostri uomini l'anno cercata per molti giorni sotto i freddi ghiacciai dell'Isola di Ross. Si nascondeva in una dimora di ghiaccio con il padre, la persona che voi dicevate ci ha aiutato a trovare la giusta strada che ci portò alla Deyanira, mia Dea.»

«Riportala in cella, non portatemela finché non vorrà mostrarmi qualcosa di sua spontanea volontà, a costo che passi tutta la vita in prigione, immagino ci sia abituata, sempre se non preferisca morire prima, dissetata e priva di alcuna nutrizione.»

«Si, mia signora.»

Un brivido percorse la schiena di Cassia mentre ascoltava il modo in cui presto o tardi la sua anima avrebbe abbandonato il suo corpo. Di certo avrebbe preferito morire tra qualche giorno priva di liquidi capaci di dissetare il suo corpo, che restare prigioniera aspettando la morte.

Hannalice si voltò verso Cassia, i suoi occhi erano arrabbiati, un sentimento che Cassia era certa fosse causato solo dalla sua impossibilità di dare ciò che le avevano chiesto. La serva la tirò per un braccio, ordinando silenziostamente alla ragazza di seguirla. Ma il suo modo manesco non le piacque e Cassia indietreggiando bruscamente scivolò via da quella presa rude e fastidiosa.

La Deyanira superò la serva, non sarebbe stato al gioco di nessuno, lei non avrebbe servito nessuna Dea, non avrebbe ubbidito a nessun Oromatua, non avrebbe fatto niente delle inutili cose che volevano. Non sarebbe più stata una marionetta nascosta, un giocattolo troppo bello per essere usato e rovinato. Avrebbe vissuto, ma la speranza di una nuova vita si sgretolava ad ogni passo che faceva verso l'oscurità del corridoio che la riportava tra le sbarre.

La scortese serva lasciò Cassia da sola, a quella tetra, silenziosa e malinconica solitudine a cui prima o poi avrebbe dovuto farci l'abitudine.

Odiava quel posto. Odiava se stessa. Odiava la sua esistenza. Avrebbe voluto che il suo cuore si spegnesse per sempre per non sentire più alcun tipo di dolore. Era passato un altro giorno e nessuno era venuta a salvarla.

Cassia |h.s.|On viuen les histories. Descobreix ara