32-Ti stringo e già tremi.

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Harry era ormai vicino a sua madre, il corpo completamente immerso nell'oceano, mentre seguiva quella donna che gli aveva dato la vita ed adesso gli concedeva solo direttive da seguire. Quella donna gli aveva lasciato capire di seguirla giù nei fondali, perciò lui aveva preso una grande boccata d'aria e si era inoltrato verso la parte più profonda e buia dell'oceano. Eppure presto si ritrovò a corto di fiato, immerso nell'oscurità: difatti era poco ciò che vedeva, scorgendo di tanto in tanto gli occhi verdi tanto accesi della madre che non sembrava volersi fermare dall'andare più affondo, ma Harry non poteva lasciarla andare adesso che l'aveva trovata.

Avrebbe almeno voluto parlargli, domandarle perché l'avesse abbandonato e perché adesso era tornata. C'erano così tante cose da dire, tante altre da fare. Ma il tempo sembrava scorrere inesorabile con tutta la cattiveria esistente, mentre i polmoni bruciavano per la mancanza di ossigeno. Harry si guardò intorno: era troppo lontano dalla superficie per arrivare in tempo e riempire nuovamente i suoi polmoni di fresco ossigeno, e poi tuffarsi un'altra volte a cercare la madre.

La donna continuava ad allontanarsi, come se non vi fosse fondo a quelle acque: tutto pareva infinito. Anche l'odio e l'amore, la tristezza e la felicità lo sembravano. Che gli restava da fare? Si voltò nuovamente verso la direzione della donna, e senza pensarci due volte continuò a nuotare verso di lei, così attratto e assuefatto, così incantato dal suo amore, continuò a nuotare finché non sentì le forze finire, l'ossigeno sparire definitivamente. I suoi occhi si chiusero inconsapevolmente e la vista gli si appannò, ma lui non voleva mollare. Aprì nuovamente gli occhi, ma sentì qualcuno stringergli una caviglia e trascinarlo in direzione opposta. Avrebbe voluto urlare di lasciarlo, ma le forze sembravano essere svanite e tutto ciò che poté fare fu lasciarsi trascinare lontano dalla speranza. Tutto quello che sentì prima di perdere il controllo di ogni suoi gesto fu un forte calore avvolgerlo, le braccia di qualcuno stringerlo saldamente. Solo una cosa vide prima di chiudere i suoi occhi stanchi, definitivamente: pupille azzurre come il cielo, chiare come uno smeraldo.

-

Quando Zayn aveva già portato a riva suo cugino, Cassia stava ancora cercando di trascinare Harry sull'orlo dell'acqua, facendo attenzione a non fargli bere altra acqua.

Max aveva ripreso i sensi qualche minuto dopo, si sentiva piuttosto confuso, ammettendo presto di essersi lasciato coinvolgere sentimentale e che non sarebbe più accaduto. «Sembrava reale» aveva detto volendo giustificarsi. Ma come si può biasimare un uomo che ama e ama a vuoto chi gli è stato portato via?

Zayn si era allontanato solo quando fu certo che il cugino si fosse ripreso, poi annunciò che avrebbe trovato il modo di rimettere tutti in marcia e assicurarsi che la sera stessa sarebbero arrivati a Madagascar.

Solo qualche ora più tardi, quando il vento era ormai tornato a frescare la pelle e quando il tragitto verso la terra ferma era tornato alla normalità, Harry si svegliò sopraffatto dalle emozioni. Aveva spalancato gli occhi ed un urlo aveva lasciato le sue labbra screpolate. L'unico suo pensiero fu di non essere riuscito a raggiungere sua madre, e non vi era dolore più grande per lui, in quel momento. Averla così vicino, guardarla per la prima volta negli occhi e poi perderla, un'altra volta.

«Harry» lo chiamò qualcuno. Anche sua madre l'aveva fatto. L'aveva chiamato, gli aveva detto di raggiungerla e lui non ci era riuscito. Adesso quale rimpianto aveva da portarsi addosso, quale sconfitta!

Si voltò, dopo minuti trascorsi a guardare il vuoto. E vide gli stessi occhi azzurri che aveva visto prima di perdere i sensi, gli stessi che aveva visto infondo al mare.

«Tu» la rimproverò. «Come hai potuto portarmi via da mia madre!» Harry alzò la voce, voleva anche alzarsi sui suoi piedi, avvicinarsi a quella ragazza che avrebbe odiato se avesse potuto, ma di forza non ne trovò.

«Cosa?» domandò stupefatta Cassia. «Harry quello non era-»

«No! Ero quasi riuscito a raggiungerla. E tu mi hai impedito di toccarla, di stare con lei come non ho mai fatto!» La voce di Harry si spezzò alla fine, così triste.

«Non era reale. Quelle erano le sirene incantatrici! Ti hanno fatto credere che ciò che vedevi fosse tua madre, ma non era lei.»

«Io l'ho vista» ringhiò. «Sono certo che fosse lei. Ed è tutta colpa tua se non sono lì con lei!» urlò.

«Saresti morto, idiota!» Cassia perse la pazienza. Si alzò dal terreno e si allontanò dal ragazzo. Non era mai stata brava a controllare le sue emozioni.

«Tu non capisci, ma nessuno può! Quanto vale la mia vita se non avrò mai ciò di cui ho bisogno? Chi mi salverà mai se nessuno vuole neanche rendermi felice! E tu, tu mi dai amicizia in cambio dei miei sentimenti, come puoi pretendere che io stia bene, che non preferisca la morte a questa vita? Mi ferisce anche il minimo brandello d'aria che si poggia sulla mia pelle, come farò mai quindi a combattere questa guerra e vincerla? Conto sempre su me stesso perché nessun'altro e nessuno c'è mai stato. Persino mia madre ha preferito abbandonarmi che crescermi. Sono cresciuto solo, tra mura che non erano la mia casa. Sono stato allevato da una divinità che vuole solo male. Tutto ciò che avevo l'ho perso per inseguire te, l'unica cosa che pensavo di aver trovato, ma pure qui mi sbagliavo perché neanche tu mi vuoi!» Harry urlò tanto da perdere il fiato. Il cuore a mille e quello di Cassia, che lo guardava priva di parole, all'unisono.

Forse non era la prima volta che Harry mostrasse il suo cuore a lei, ma era sicuramente la prima volta che si apriva tanto, apparendo così vulnerabile e dolorante, così pessimista e triste.

Non c'era niente da dire, nient'altro da aggiungere. Perciò Cassia si scostò con prudenza e si sedette dietro Harry, che nel frattempo si era messo seduto sull'erba verde per dare sfogo al suo dolore. Avvolse le sue braccia e le sue gambe attorno al busto di Harry, ed a quel contatto lo sentì tremare. Ma lei non sapeva che era il suo cuore che scuoteva il suo corpo.

«Eppure io ti ho salvato come hai già fatto tu con me» gli sussurrò piano. «Ti ho chiesto d'essermi amico perché non meriti altro male, ed io vorrei poter parlar d'amore ma non l'ho mai visto né mai l'ho incontrato, perciò non so cos'è né lo conosco.»

Harry respirava ancora affannosamente mentre restava immobile e si lasciava stringere. Cassia gli lasciò un bacio sulla schiena muscolosa, ancora umida: un misto di sudore e acqua ma che sapeva di lui.

«Quanto sei fragile, Harry? Ti stringo e già tremi» gli sussurrò la ragazza.

«Sarei più forte, se mi stringessi sempre in questo modo» le aveva risposto. Ed era vero. La vita può darti cento giorni di guerra e cento giorni di pace, la differenza sta nella persona che ti stringe la mano e li vive con te.


Cassia |h.s.|Donde viven las historias. Descúbrelo ahora