4-Una Poesia.

1.1K 99 20
                                    

Le linee sul muro diventavano sempre più numerose ad ogni giorno che passava. Era così che Cassia teneva il conto di quanti giorni aveva già trascorso rinchiusa in gabbia.

Gettò la pietra con cui stava scalfendo la parete in un angolino, poi si avvicinò alla pelliccia aperta che le fungeva da letto improvvisato, e ci si sedette sopra.

Quando si svegliò la mattina dopo aver cercato la morte, si era ritrovata in posizione fetale su quella pelliccia morbida e calda. Non sapeva chi avesse portato l'ammasso di peli dentro la cella, tanto meno chi avesse interrotto il suo intento spietato.
Aveva la pelle martoriata da tutto il male che quella sera si era voluta ed i suoi vestiti quasi completamente andati bruciati erano la prova della carneficina che avrebbe voluto accadesse.
Qualcuno, accanto alla pelliccia, aveva inoltre lasciato una tuta blu da prigioniero con la quale Cassia aveva sostituito i suoi vestiti ormai mal ridotti.

Dopo quel giorno ogni mattina si svegliava con un vassoio con sopra qualcosa da bere e da mangiare. A volte Cassia affamata e disidratata non riusciva a trattenere il desiderio di ingozzarsi e dissetarsi. Due volte sole in una settimana era caduta in tentazione di un una fetta d'arrosto fumante e del vino, trovato al sorgere del sole, quando lo stomaco si ribellava più dolorosamente. Così aveva sbranato la carne, pentendosene quando aveva sentito le forze avvolgerla e lo stomaco pieno. Aveva vomitato la metà del pasto ingerito in un angolo e solo quando il vino le iniziò a fare effetto iniziò a stare molto meglio. Il vino le annebbiò la mente abbastanza da non farle pensare a niente per una breve oretta. Fu l'unico momento della giornata in cui, grazie all'alcool, era riuscita a stare calma, senza pensare alla morte, al suicidio ed a quanto inutile continuasse ad essere vivere.

Dei rumori si udirono dal corridoio, forse Hannalice era scesa per il suo controllo settimanale. La serva probabilmente si aspettava di trovare un cadavere senza anima e senza fiato steso sulla roccia, ed ogni volta era una sorpresa sia per lei che per Cassia stessa confermare il contrario.
Hannalice, quando per la priva volta le vide la pelliccia, la sequestrò minacciandola di farla uccidere se non avesse detto chi gliel'aveva portata, ma Cassia era nuovamente inconsapevole, e senza una risposta non avrebbe potuto impedire la perdita della pelliccia, mentre se avesse perduto la vita sarebbe stato certamente un privilegio. Il giorno dopo però la prigioniera si era risvegliata con la coperta sopra il corpo, che la riscaldava e proteggeva. Non aveva più visto Hannalice.

Quando i passi si fermarono davanti la cella di Cassia, la ragazza non alzò lo sguardo, ne le importò di muoversi per confermare a chi avesse davanti che, sfortunatamente, era ancora viva e vegeta.
Aspettò che quella a parlare fosse la persona che era venuta a disturbare la sua pace infernale. Ma nessuna domanda fu fatta, e nessuna risposta fu data perché nessuno sembrava voler parlare. Forse non c'era niente da dire. Forse i passi erano solo quelli di una guardia di passaggio, nonostante nessun'altro essere, o almeno non vivo, si trovasse imprigionato tra quelle mura.

Quando ormai la ragazza fu certa di essere sola, alzò la testa per poggiarsi sul muro. Ma i suoi occhi si scontrarono contro altri occhi che non aveva mai visto prima di allora, ci volle tutto il suo autocontrollo per non urlare dalla sorpresa.

«Hai fame?» chiese.
Cassia trasalì, spaventata.
L'ombra di un uomo seduto sul pavimento imitando la posizione di Cassia, era ferma posta esattamente davanti la ragazza. Sembrava immobile mentre due diamanti verdi posti all'altezza degli occhi la fissavano. Erano inquietanti e la prigioniera era impaurita.

«Cosa?»

«Ho chiesto se hai fame» ripeté lui.

«No.» disse Cassia «Sto bene così.» mentì.

«Ti ho portato qualcosa da mangiare e da bere» disse il ragazzo non facendo molta attenzione alle parole della ragazza.
La sua voce roca risuonò tra le sfoglie pareti.

Quella mattina non aveva ancora ricevuto nessun vassoio e le era parso quasi strano, ma non aveva dato nessun peso alla cosa.

«Di alla tua Dea che non deve scomodarsi tanto. Io non ho bisogno del suo cibo, nutrirà solo i suoi topi» Rispose a tono Cassia.

Il ragazzo rise un po'. «Non è certamente la mia Dea che ti manda questo ben di Dio» le spiegò.

«E chi sarebbe tanto gentile da mandarmi da bere e da mangiare?»

«Qualcuno più fortunato di te, sicuramente» Disse il ragazzo.
Cassia non riusciva a cogliere la sua espressione tra il buio che riempiva l'aria.

Quella volta fù la ragazza a ridere. «Chi ruberebbe del cibo per portarlo ad una prigioniera?» Rise ancora. «E per quale ragione dovrebbe farlo?»

«Tutto è possibile e nulla è irraggiungibile.» Il ragazzo si alzò, la luce che entrava dalla finestra posta in alto, gli illuminò per qualche secondo il viso, lasciando intravedere il verde dei suoi occhi ed il rosso delle sue labbra.
«Forse qualcuno ha qualche privilegio» continuò.

«Non esistono privilegiati. Esistono Dei, Oromatua sotto il loro governo e uomini liberi. Se il mio intuito non erra e tu sei davvero un schiavo allora posso dire che io e te non facciamo parte di nessuna di queste categoria. Nonostante tu non sia dietro le sbarre non significa che tu sia più libero di me.»

«Oh, certamente che sono più libero di te.» concluse il ragazzo mimetizzato completamente nel buio.

La ragazza aveva perso la pazienza adesso. Era stanca di quel ragazzino che si sentiva tanto superiore. Era un servo, che diavolo ci trovava di tanto libero nel sottostare a qualcun'altro?

«E' così che vi ordinano? Imprigionare un innocente e nutrirlo solo per non rischiare che muoia e non possa più rimuginare su quanto patetica ed inutile sia la sua vita?»

«E questo che pensi della tua vita?»

«Si!» Urlò Cassia. «Ed è tutta colpa della Dea che servi! Mi ha portato via tutto. Vorrei morire. Non ho bisogno di quel dannato cibo e della tua stupida compagnia. Lasciami sola. Vattene via.» La ragazza si portò le mani sul viso, per nascondersi. Per proteggersi. Avrebbe voluto smettere di pensare che fosse senza speranza. Ma la solitudine la stava facendo diventare pazza.

Sentì qualcosa graffiare il pavimento e poi il silenzio le ruppe i timpani. Si coricò con le ginocchia strette sul torso, e tristemente cercò un po' di sollievo dormendo, con la speranza di sognare qualcosa che la rassicurasse. Ma al suo risveglio sembrò tutto ancora più doloroso, e non ricordava nessun sogno in cui vi era presente la madre, o il padre. Niente continuava ad avere importanza.

Era ormai giorno pieno e dall'unica e piccola finestra presente entrava abbastanza luce da illuminare la piccola stanza e qualche centimetro oltre la parete elettrica.

Nessuna traccia di occhi verdi, vi era solo, a pochi passi da Cassia, un vassoio. Questa volta era pieno di frutti rossi che lei non aveva mai visto prima. Accanto, ripiegato, vi era un foglietto. Completamente dritto e pulito.
Lo aprì e il suo interno vi erano poche righe di una scrittura chiara e leggibile.

"Non essere come le onde
Che si infrangono piano.
Si tempesta
Che strugge
E non molla mai.

Harold."

Cassia non capiva cosa stesse a significare quella piccola poesia che il ragazzo le aveva lasciato lì, posta vicino dei frutti di un rosso acceso dal picciolo verde. Prese un frutto tra le labbra e lo morse, una goccia di succo le scivolò fuori dalle labbra precipitando sul suo mento. Era dolce con un retrogusto aspro che le pizzicò le papille gustative che esplodevano di piacere.
Si lasciò cullare lusingata, immaginando un futuro dove un uomo avrebbe davvero potuta amarla, ma quando riaprì gli occhi tutto svanì mentre si domandava se il suo destino avesse programmato di spegnere la sua anima a breve o se, invece, avesse dovuto soffrire ancora a lungo.

Harold. Era intrigante e romantico, nonostante lei l'avesse maltrattato con stupide parole. Chissà se lo avesse visto un'altra volta o se non fosse più tornato a farle visita.

***

Salve carissimi lettori! Ecco a voi il quarto capitolo con la comparsa di un nuovo personaggio tanto misterioso! Che ne pensate di Harold? Tornerà a farle visita?
Lo Scopriremo nei prossimi capitoli!

A presto e come sempre, Good luck!
M.

Cassia |h.s.|Nơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ