Capitolo 2.

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Entrò al palazzo.
La tranquillità che regnava sovrana tra quelle quattro mura, in pochi istanti cessò da quelle che erano le urla della madre, indirizzate alla figlia.
«Eccoti!! Alla buon ora! Dov'eri finita??» .
«Scusi madre. Ero...» cercò di giustificarsi la ragazza ma la donna la interruppe.
«...eri nel giardino del palazzo a fantasticare vero?»
«Sì...Come fa a saperlo?» Leila era solita dare del voi a sua madre, benché le risultasse alquanto difficile. Ma era costretta dall "l'etichetta" imposta da sua madre.
«Lo immaginavo. Stai troppo tempo a fantasticare. Devi studiare. Spero che tu non sia salita su uno di quegli alberi...»
A sentire quelle parole Leila si sentì morire dentro.

L'idea di non salire più su quegli alberi, la faceva sentire intrappolata come in una prigione fatta di regole su regole, era stanca di essere quello che tutti volevano. Lei voleva essere se stessa. Questo lo capiva solo lui, Matthew...

Lei voleva risalire su uno di quegli alberi di nuovo.

Ma la paura ogni volta prendeva possesso di lei.
Come se qualcuno la bloccasse.

«No madre. Non sono più salita da quel giorno.» rispose lei con la gola che le bruciava e le lacrime minacciavano di uscire. Sua madre era l'unica che era a conoscenza del fatto che la fanciulla si arrampicasse sugli alberi. Quel giorno della caduta, vedendo la figlia scossa, ella le domandò il motivo e la principessa le spiegò tutto, facendole promettere di non proferire nulla al padre.
«Per fortuna. Ora vai a lezione.» rispose rassicurata la madre dalle parole della figlia.
«Certo madre».
Ella si diresse nella sala delle lezioni con un enorme angoscia e tristezza.

La lezione durò come tutti i martedì, tre ore.
Tre ore di lettere su lettere, scrittura, lettura.
Ma a lei piaceva.
Quando aveva un libro in mano era come se si trasportasse in un altro mondo.

***
La principessa si sedette a tavola.
«Come è andata la lezione?» domandò il padre curioso.
«Molto bene» rispose brevemente la fanciulla.

Il pranzo continuò silenziosamente.
Come sempre d'altronde.
Certe volte Leila odiava stare zitta.
Ma gli argomenti erano rari a cena.

Una volta terminato di mangiare la ragazza si incamminò nella sua stanza.

Il secondo posto che adorava era la sua stanza.
Lì era pieno di libri che rileggeva rileggeva ogni volta. Certe volte se ne leggeva uno prima di andare a dormire, Odiava andare a dormire presto.

La sua stanza era enorme; C'erano scaffali di libri dappertutto.
Il suo letto era enorme e rosa, il suo colore preferito.
Quando apriva la porta era sempre stupita dal meraviglioso panorama che si poteva ammirare dall'enorme porta di vetro che illuminava la stanza.
Amava vedere il tramonto dal terrazzo e stare sulla terrazza alla brezza primaverile che le scuoteva i capelli, e ogni volta Immaginava di arrampicarsi ancora una volta su quei meravigliosi alberi e di sentire il venticello leggero che le accarezzava il viso.

Quella sera stette sul terrazzo fino alla sera.
Erano più o meno le nove e mezza di sera e Leila sentiva pian piano le palpebre appesantirsi.

Decise di coricarsi a letto.
Cadde tra le braccia di Morfeo in un batter d'occhio .

Leila vai via da qui!»
Suo padre stava facendo tagliare tutti gli alberi del palazzo.
«Padre ma io...»
«Vattene!»
Ad un certo punto suo padre la aggredì.
Perché? Lei non aveva fatto nulla di male.
Eppure si sentiva in colpa.
La picchiò.
Ella si mise a gridare.
«Matthew salvami!» voleva gridare ma il suo fiato era strozzato. La sua voce quasi assente.
Sentì una voce in lontananza.
Matthew era arrivato.
«Ti salvo io Leila» gridò in lontananza.
Matthew si stava avvicinando.
Ma prima che lui potesse dire altro il padre aveva già puntato il pugnale al cuore di Matthew.
Lei piangeva.
«Scusami Matthew non volevo. È tutta colpa mia.»
Matthew non rispose. Il suo fiato cessó.
Il cuore smise di battere.
Leila voleva morire.
Prima gli alberi poi Matthew...
Aveva perso tutto.
«Ti amo...» riuscì a dire singhiozzando."

Leila si svegliò di soprassalto.
Era sudata. Molto sudata.
Si toccò la fronte: bollente e sudata. Aveva bisogno di un bicchier d'acqua.

Che incubo orribile. In quel "sogno", se così si poteva chiamare, aveva perso Matthew per sempre, ma la cosa peggiore era che sembrava tutto così reale.
Per fortuna era solo un sogno, Anzi un incubo bello e buono.
Dopo pochi minuti Si alzò dal letto uscì dalla sua camera, diretta verso le cucine del palazzo.

Scese le maestose scale che portavano alla sala principale, per poi scendere in una stanzetta piccolina in un angolo del palazzo.
Non era molto curata, i muri si stavano sgretolando e c'erano evidenti crepe sul muro.
Inoltre C'era un tavolino in mezzo alla stanza dove le cameriere potevano appoggiare le stoviglie e il cibo prima di servirli.

Le cuoche lì erano gentilissime, e lei quando ne aveva l'occasione "rubava" qualche biscotto di nascosto. Erano così buoni.

A quell'ora di notte erano tutte a dormire.
Ma la principessa sapeva benissimo prendersi un bicchiere d'acqua da sola.

Aprì la porta la quale cigolava tantissimo.
Con molto stupore trovò qualcuno di inaspettato.

«Matthew?» domandò sorpresa.
«Leila?» ribattè lui altrettanto sorpreso.

«Ma tu non eri? Cioè non dovresti?» cercò di domandargli  assai sorpresa.

«Non ho sonno. Tu?» Rispose lui.

«Ho fatto un incubo. E sono venuta a prendermi un bicchiere d'acqua.»

«Oh mi dispiace. Beh almeno ci faremo compagnia.»
Lei annuì.

Prese la caraffa e ne versò dell'acqua fresca.
La bevve tutta d'un fiato.
«Avevi sete?» ridacchiò lui.
«Problemi?»scherzò lei con un sorriso sul volto.

Lui si morse velocemente il labbro.
Quanto avrebbe voluto baciarla in quel momento.
Quel sorriso che le era spuntato volontariamente sul volto, in parte per merito suo, lo fece stare meglio.

In realtà il servitore non riusciva a dormire perché pensava a lei.
Era da tempo che non la vedeva sorridere come solitamente faceva e stava iniziando a preoccuparsi, aveva paura che la sua spensieratezza se ne fosse andata.

«Finalmente sorridi.» disse il servitore a bassa voce, cercando di non farsi sentire.
Il fatto che lui si preoccupasse per lei la faceva sentire stranamente bene.

«Sai ultimamente sono molto indaffarata . È come se i miei genitori mi facessero "lavorare"» mimó quell'ultima parola con le dita «Di più».

«È normale. Stai per compiere diciotto anni e hai le tue responsabilità da mantenere... ormai diventerai la futura sovrana di questo regno.» era appoggiato all'angolo del tavolo. Deglutì .Wow. Futura sovrana.
Di lì a poco avrebbe preso il comando del regno, eppure sembrava ieri il giorno in cui l'aveva conosciuta, in cui aveva conosciuto quella ragazza che lo aveva stregato.
Sapeva di non avere possibilità con lei.
L'avrebbe persa. E lui non voleva perderla. Perché lui teneva alla sua principessa.
«È facile per te. Tu non hai le mie responsabilità...» esordì lei amareggiata.

«Non volevo... farti arrabbiare.» chinò il capo il ragazzo come segno di scuse.

«Non ha importanza. Tanto vale assaporare questi ultimi giorni di libertà...» pronunziò la fanciulla alzando gli occhi al cielo.

La ragazza si sedette sulla sedia, lui fece lo stesso.
E così fu, che invece di dormire, i due chiacchierarono per tutta la notte, finché i loro occhi non cedettero alla stanchezza, e le loro anime tra le braccia di Morfeo.

Adoravano l'uno la compagnia dell'altro.
Potevano parlare di ciò che volevano incondizionatamente senza nessun problema.

Royal love {#WATTYS2019}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora