Capitolo 1

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Vicenza, Italia
oggi

Non sapevo nemmeno quello che stavo facendo. Troppa confusione, troppa impazienza, troppa ansia. Cose e persone mi scivolavano accanto senza che me ne rendessi conto. Realizzavo ciò che accadeva sempre con qualche istante di ritardo. La sveglia alle 5.30, il treno un'ora dopo, non capisco nemmeno come io abbia trovato l'autobus giusto. Ma ero lì. In un parcheggio grigio ai piedi di un edificio ancora più grigio, stretto in una cintura di cemento alta forse un paio di metri, ricoperta di graffiti sbiaditi, che si agganciava in un cancello blu, altrettanto sbiadito. Ero lì, di fronte a quella che sarebbe stata la mia scuola per i successivi due anni.

- Ehi, ciao! -

Mi voltai, rendendomi subito conto di quanto la sicurezza della voce rispecchiasse quella dei movimenti della ragazza che mi piombò di fronte.

- Tu devi essere Jade, giusto? Io sono Jennifer Carini, lei è Arianna, saremo tutte e tre in classe insieme - proseguì eccitata la voce. La ragazza sorrise, le mani sui fianchi, mostrando soddisfatta la gomma che stava masticando.

- Sì, sono io. Piacere di conoscervi -. Strinsi loro la mano, cercando di sembrare amichevole, anche se non ero un asso nei rapporti d'amicizia al femminile. La maggior parte delle ragazze prendeva le distanze da me subito dopo avermi incontrata. Altre mi davano una chance, ma finivano con lo sparire nel giro di un paio di mesi, fingendo di non avermi mai conosciuto. Per quanto riguarda le vecchie compagne di classe, ero riuscita a mantenere uno stralcio di rapporto solo con una di loro, durante le vacanze estive.

Perché non riuscivo ad instaurare un'amicizia sana e duratura? Cosa c'era di sbagliato in me? Me lo chiedevo spesso; anzi, sempre. Mia madre diceva che le ragazze mi temevano, perché sono bella. Parole sue. Mi adorava come tutte le mamme adorano le proprie figlie. Magra consolazione comunque, dato che di apprezzabile ho solo il colore degli occhi e dei capelli: azzurri i primi, biondi i secondi.

Sono alta un metro e sessantatré, senza curve, con il naso rotto a sei mesi, cadendo dal seggiolone, che è decisamente troppo grande per i miei lineamenti minuti. L'unica cosa che riesco davvero ad apprezzare di me sono gli occhi: con una misteriosa macchiolina marrone su quello destro, hanno una forma allungata, a mandorla. E poi, giusto per concludere come si deve, ho una carnagione estremamente pallida, il che mi dà la garanzia di sembrare sempre malaticcia, procurandomi frequenti visite dal medico e periodiche analisi del sangue. Di certo non rappresento la classica donna mediterranea, alta, mora, formosa e dagli occhi verdi.

Jennifer mi prese sottobraccio. Un poco più bassa di me, ma molto più robusta e forte, mi teneva con fermezza finché mi trascinava in mezzo ad un gruppo di altri ragazzi. Estroversa e fin troppo entusiasta del mio arrivo, mi dava l'idea che fosse l'opposto dell'altra ragazza che mi aveva presentato. Arianna Serna, capelli castani che le ricadevano fino alle spalle, gli occhi chiari fissi su di me, bocca imbronciata in un'espressione indecifrabile. Avevo cercato entrambe su Facebook, quando all'inizio dell'estate andai a compilare i moduli di iscrizione, dopo aver trovato la lista dei nomi della classe appesa all'entrata della scuola. Arianna doveva essere la più brava della classe, visti i voti scritti accanto al suo nome. Jennifer, invece, era stata rimandata in due materie. Scrissi a quest'ultima poco prima dell'inizio della scuola, approfittando del suo profilo pubblico, per non arrivare completamente spaesata il primo giorno. Così, almeno, avrei avuto un punto di riferimento. Per il momento, l'impressione che mi ero fatta dalla sua immagine del profilo e dai pochi post nella sua bacheca sembrava essere azzeccata.

- Tu sei brava a scuola, vero? - una voce nasale tagliò corto le presentazioni di coloro che sarebbero stati i miei nuovi compagni di classe. Il ragazzo che mi aveva rivolto la parola mi stava squadrando da capo a piedi, sorridendo sgarbatamente e mordendosi le labbra, quasi volesse trattenere una risata. Si girò a spettegolare con l'amico al suo fianco, un tizio molto più alto di lui con uno zaino marrone penzolante dalla spalla ricurva. Un altro paio di occhiatacce e il mio volto avvampò, sentivo il calore espandersi veloce sulle mie guance magre.

ADULARIA - La LeggendaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora