Capitolo 5

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Le campane della chiesa suonarono le 10:30. Accovacciata sul letto, ancora in pigiama, sbloccavo e bloccavo il cellulare ad un ritmo costante. Non sapevo cosa fare. Nascosi la testa tra le mani, massaggiandomi la fronte e le guance. Il contrasto tra il calore del viso e il tocco freddo delle dita mi diede un po' di sollievo. Sbloccato ancora una volta il telefonino, rilessi ciò che avevo abbozzato nel messaggio. Mancava solo il destinatario.

"Ciao! Sono Jade, volevo ringraziarti per ieri sera. Tutto bene?"

Mi sentivo così stupida. Avrei dovuto aggiungere una faccina? Avevo riscritto il messaggio una ventina di volte, ma questa sembrava la forma migliore.

Rimasi in bilico tra i miei pensieri per un'altra decina di minuti. Un'infinità di domande mi aveva attraversato la mente quella notte; e ancora non trovavo risposta. Ragionai a lungo sugli avvenimenti di quella prima settimana di scuola. Ripercorsi ogni momento passato con Nathan, catturai ogni dettaglio su di lui, ogni informazione ricevuta anche da terzi. Cosa sapevo di lui? Poco, niente. Che classe aveva frequentato l'anno prima? Lavorava? Abitava in città? Magari era delle mie parti, dato che conosceva la strada per arrivare al mio paese. A casa mia, in realtà. Io sapevo solo il suo nome, mentre lui sembrava sapere tutto di me. 

Dopo la sera precedente, però, non riuscivo più a dubitare di lui. Non avrei più permesso alle mie paure di riflettersi su Nate. Come ho potuto pensare che mi stesse rapendo?, mi chiesi, lasciandomi cadere sul letto, gli occhi fissi al soffitto pallido. Di sicuro era strano che sapesse certi dettagli, non capivo come potesse esserne venuto a conoscenza. Avrei dovuto fare una lista con le domande da porgli, tante erano le cose a cui non riuscivo a dare una spiegazione. Sempre più irrequieta e sconfortata a causa delle risposte che non potevo avere, scrissi velocemente il suo nome sulla tastiera e inviai il messaggio.

I compiti per casa occuparono il resto della mia mattinata, oltre che la mia mente. Cercavo di concentrarmi su qualsiasi cosa che non riguardasse Nathan. L'agitazione per il mancato messaggio di risposta al mio ringraziamento iniziava pian piano a stringermi la gola. Navigai su internet per tutto il pomeriggio, dedicandomi alla mia passione per l'astrologia. Lessi degli articoli sulla luna e i vari pianeti associati all'oroscopo e cercai attentamente le caratteristiche del segno zodiacale del cancro, il mio ascendente. Molti ignorano l'importanza dell'ascendente. Molti, a dire il vero, non sanno nemmeno che esista un ascendente.

Le ore sembravano farsi sempre più lunghe; e questa sensazione di immobilità mi inseguì per l'intera settimana successiva. Nathan non rispose al mio messaggio e a scuola non mi rivolse la parola. Lo salutavo, provavo a parlargli, ma più cercavo di avvicinarmi a lui, più lui si allontanava, chiudendosi in sé stesso. Perché mi ignorava, dopo i momenti che avevamo condiviso? Avevo frainteso ancora una volta?

Non avendo alcun modo per capire come mai mi aveva chiuso fuori dalla sua vita così drasticamente, cercai consiglio in Arianna, con cui avevo iniziato a legare dopo aver condiviso quella piccola avventura alla festa di Jenni.

- Vuoi ancora fingere di non essere attratta da lui? - Ari alzò il sopracciglio destro e mi rifilò un'occhiata tagliente. Prese delle monetine dalla tasca dei jeans. - Due pizzette, grazie - disse, rivolta alla signora che serviva al bar. La nuova scuola era parecchio attrezzata e la presenza del bar era il suo punto forte.

- Non ho fame, grazie - risposi al gesto di Arianna di offrirmi una delle due pizzette.

- Guarda che lo so che non hai fatto colazione, non puoi vivere d'aria. Avanti, prendi.

La fame in quei giorni mi aveva abbandonata. Il mio stomaco era già abbastanza in subbuglio a causa di tutte quelle emozioni che lo attraversavano da parte a parte.

ADULARIA - La LeggendaOnde as histórias ganham vida. Descobre agora