Capitolo 19

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Non riuscii ad entrare nei loro pensieri. La fatica che dovevo fare per difendermi era troppa per poter concentrarmi anche su un attacco. Nella mia mente, invece, candida della mia luce, avevo costruito in fretta un sistema di difesa perché non riuscissero a manipolarmi. Impari in fretta, mi dissi, consapevole della mia inesperienza, mentre cercavo di schivare le aggressioni degli uomini in nero.

Nonostante la mia agilità, un dolore alla gamba mi distrasse e un colpo secco alla nuca mi scaraventò in avanti. Sentii il sapore del sangue sulle labbra, la zona tra il naso e la bocca appiccicosa e un ghigno assordante riempirmi le orecchie prima che calasse il sipario. Un nero intenso catturò ogni angolo della mia vista, e invase ferocemente i miei pensieri, rendendomi incosciente nel giro di pochi eterni attimi.

°°°

L'odore di ferro bruciava le mie narici. Respiravo lentamente, senza riuscire ad immagazzinare abbastanza aria da sentirmi soddisfatta. La mia mandibola, irrigidita, iniziava a formicolare, mandando strane scosse alla mia nuca. Bocca impastata, gola gonfia e cuore straziante, cercai di mettermi seduta. I miei occhi vedevano ancora nero. Eppure mi sembrava di sentirli umidi, di muovere piano le palpebre a seconda del loro bisogno. Anche i miei pensieri erano ancora spenti. 

Non mi chiesi nemmeno dov'ero. Distanti, strani rumori mi facevano accelerare il battito del cuore. Un ronzio continuo. Un inquietante sfrigolio. Quello che inizialmente riconobbi come il soffiare del vento, si trasformò ben presto in un respiro pesante. Allungai le mani sul pavimento ruvido e freddo, cercando di allontanarmi da quei sibili. A tentoni, setacciai il suolo che ospitava il mio corpo debole. Inciampai in un liquido tiepido; ritrassi velocemente la mano, e cercai di asciugarmi sui pantaloni, che sentivo aderire così tanto alle mie gambe da sembrarmi la mia stessa pelle. Nello sfiorare la coscia, però, un dolore acuto mi fece sussultare. Trattenni l'urlo che stava per uscire dalla mia gola arsa. Qualcosa mi diceva che era meglio evitare di farsi notare. Riportai l'attenzione sulla mia coscia destra, tremante. Passai leggera i polpastrelli su ciò che sembrava il contorno di una ferita profonda. In un flash ricordai gli attimi precedenti al vuoto, a quel vuoto in cui ancora ero affossata.

Una risata stridula. Due uomini si avvicinano, uno da destra, l'altro da sinistra. Mi piego in avanti, per restare in equilibro dopo essermi liberata dell'uomo dai denti d'oro con calci e pugni. Incrocio lo sguardo di Devis, pieno di odio e crudeltà, nel momento in cui si sporge verso di me con un'arma tagliente tra le mani. Un'arma intrisa di viola, lo stesso viola che circonda il ciondolo sul suo petto. Jennifer ride di gusto, è un ghigno malato. Salto per schivare il colpo, ma l'arma penetra aggressiva nella mia coscia, facendomi rimanere senza fiato. Subito dopo, un dolore intenso alla nuca mi fa annebbiare la vista. E i sensi.

Deglutii rumorosamente. Pian piano i ricordi si facevano vividi, i miei pensieri riprendevano forma e gli ingranaggi della mia mente iniziavano a lavorare di nuovo. Rimasi immobile, senza avere concezione del tempo che mi scorreva veloce tra le dita. Cercai di riportare l'attenzione sul da farsi, dovevo pensare alla mia prossima mossa, capire dov'ero, capire come potevo curarmi. Ma continuavo ad essere distratta da quei ricordi che scottavano il mio orgoglio; che alimentavano la mia disperazione. Ero distratta da quel buio in cui non riuscivo ad orientarmi, da quel pavimento sporco che non sapevo cosa nascondesse, da quel respiro insistente che non se ne andava dalla mia testa. Ringhiai tra i denti, le mani unte tra i capelli di paglia, spazientita e arrabbiata.

- Chi... - un sussurro notò la mia disperazione. Mi zittii; trattenni il respiro, in attesa di capire se fosse reale.

- Chi c'è - di nuovo, una flebile voce maschile si insinuò tra i rumori lugubri di quel luogo senza tempo, arrivandomi dritta al cuore.

ADULARIA - La LeggendaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora