ᴄαᴘɪᴛᴏƖᴏ 4

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C A P I T O L O 4

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C A P I T O L O 4

« Kara, dovresti fare una pausa

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« Kara, dovresti fare una pausa. Stai lavorando troppo e non hai tempo da dedicare a te stessa. Cosa sta succedendo alla mia bambina? »

Era ormai da un'ora che parlavo al telefono con mia madre, camminando per tutto il piccolo salotto senza luce.
La corrente era da poco saltata via, e il temporale non si decideva ad attenuarsi.
Pioveva tutta la giornata e il freddo aveva preso la meglio, obbligandomi a restare dentro casa.
Mi sedetti sul divano in pelle nera, tenendo in una mano, una tazza fumante di cioccolata calda.

Erano poche le volte che riuscivo ad udire la voce di mia madre.
Eravamo entrambe impegnate con il lavoro e i nostri orari erano ben diversi.
Lei lavorava per tutta la notte, io per tutta la giornata, quindi, quando io ritornavo a casa per riposare, lei si preparava ad uscire.
Era una donna davvero forte e nonostante cercasse di dimostrarlo anche a me, mi accorgevo che, in fondo, anche ella nascondeva le sue paure.
Ero riuscita a farla ridere per tutto il tempo in cui le avevo parlato, ma la sua voce malinconica, non mi sfuggiva.
Sapevo quanto ci tenesse che fossi al suo fianco e che la sua più grande paura fosse che un giorno, anch'io avrei potuto abbandonarla, dedicandomi ad una vita che non avrei mai potuto sopportare, talmente grandi fossero le sue aspettative.

« Mamma, te l'ho già detto. Sto bene, non ti devi preoccupare » replicai, sospirando leggermente.

Non volevo che si preoccupasse di me. Volevo che capisse che io ormai non ero più una bambina, ma un'adulta.
Volevo che io fossi il suo ultimo pensiero.
Vederla stare male per colpa mia, mi rendeva triste, perché sapevo quanto soffrì quando mia sorella lasciò casa.
Si era chiusa in se stessa per mesi che parvero anni e nonostante mio padre cercò di farle capire che lui al suo fianco ci sarebbe per sempre stato, non riusciva ad accettare l'idea di aver perso una figlia.
Sua figlia.

« Ne sei sicura? Perdonami se sono così, ma sai, non voglio che tu stia male. Non dopo a questa lunga lontananza che ci separa. Tuo padre non fa altro che chiedere di te » mormorò.

Osservai per secondi interminabili, il contenuto dentro alla mia tazza, restando per un po' in silenzio.
Tuo padre non fa altro che chiedere di te.
Non sapevo esattamente cosa dirle, risponderle.
Il fatto che i miei genitori stessero soffrendo ancora per il mio allontanamento, mi faceva sentire vulnerabile.
Non avrei mai pensato di lasciarli così presto. Ciò non rientrava nei miei piani che scrissi da bambina.
Le cose che avrei voluto fare erano ben diverse.

« Te lo prometto mamma. Cercherò di venire il più presto possibile, ma voi dovete promettermi che fino ad allora, continuerete ad essere felici. Mi fa male sentirti in questo stato » replicai, mordicchiandomi il labbro inferiore.

Mia madre non rispose e subito temetti che stesse piangendo, ma infine, quando parlò, tirai un leggero sospiro di sollievo.

« Te lo prometto, Kara. »

Continuammo a conversare per altri minuti che volarono troppo in fretta, e mia madre dovette chiudere la chiamata per recarsi al lavoro.
Non riuscii a parlare con mio padre e ciò mi rese alquanto triste.
Volevo che anche lui sapesse che io stavo bene, ma quella sera egli non era a casa.
Mi alzai dal divano, stringendo tra le mani la tazza ancora calda, mentre mi dirigevo verso la grande finestra che dava sul piccolo giardino ormai infangato.
Avevo da sempre odiato le giornate piovose e buie.
Anche i bambini li odiavano, poiché non potevano uscire a giocare nel cortile, dato che Angie glieli vietava.
Saremmo state poi noi a pulire e ciò ci rubava tanto tempo, essendo le uniche a lavorare in quel posto.
Chissà cosa stavano facendo.

Avevano da sempre preferito giocare fuori e non dentro.
L'aria aperta donava loro libertà, ed erano proprio loro a dircelo.
Sospirai leggermente, poggiando la fronte contro la vetrata, osservando lo scorrere delle gocce d'acqua lungo il percorso.
Quanto avrei voluto che i bambini andassero ad un parco di divertimento.

E all'improvviso i miei pensieri si tramutarono, andando a concentrarsi sul giorno in cui per la prima volta incontrai quelle iridi scure.
Non fu tanto il suo aspetto fisico ciò che mi colpì, ma bensì il suo modo di fare.
Era elegante ma semplice al contempo.
Ma ciò che attirò maggiormente la mia attenzione, fu il suo sorriso e la sua risata genuina, il modo di comportarsi in presenza di bambini e le sue lunghe dita affusolate.
E quello stesso giorno, passai l'intera notte a guardare ogni suo spettacolo e le visite che recava in vari ospedali ed orfanotrofi.
E fu lì che mi accorsi delle sue due personalità in contrasto fra loro.
Sul palco, era il re del pop, la celebrità che tutti ricercavano, mentre, nel suo tempo libero, era una persona umile, un bambino nel profondo del suo cuore e un uomo cortese.

Sorseggiai un po' di cioccolata calda, inumidendomi le labbra superiori.
Le cioccolate calde di mamma erano le migliori.
Mi lanciai un'ultima occhiata intorno, chiusi le tende e mi diressi verso alla candela che lasciai accesa.
Non mi piaceva affatto l'idea di dover passare la notte senza luce.
Quand'ero piccola, il buio era da sempre stata la mia più grande paura e nonostante la sera cercassi rifugio tra le braccia di mia sorella, l'unico in grado di farmi sentire al sicuro, erano soltanto le braccia possenti di mio padre che sempre rincorrevano in mio aiuto.
Non ero la solita bambina che di notte scappava dalla propria mamma, ma bensì una che cercava conforto dal proprio padre.
Avevo sempre creduto e pensato che egli fosse l'unica persona in grado di capirmi realmente e anche se mia madre cercava spesso di sostituirlo, quando non era a casa, mi limitavo a renderla felice, esprimendole la mia gratitudine nell'averla al mio fianco.
Non negavo di ammirarla, anzi, molte volte lei era la mia spalla destra nei momenti di angoscia o quando si trattava di sentimenti.
Ed era per questo che ero loro grata.
Mi avevano cresciuta in un modo ben diverso dai miei compagni di classe, regalandomi tutto l'amore che una bambina potesse meritare e spesso venivo interpellata con nomignoli buffi.

Chiusi per brevi secondi gli occhi, respirando a pieni polmoni, poi, dopo averli aperti nuovamente, presi la candela, cominciando ad avanzare verso la camera da letto.
Una volta che entrai chiusi la porta alle mie spalle.
Osservai il letto a due piazze che era di fronte a me e subito venni assalita dall'angoscia.
Erano ormai mesi che cercavo una persona capace di condividere una parte di quel letto ormai desueto, ma mai ebbi la fortuna di incontrarne una.
A passi leggeri, mi diressi verso il letto, sedendomi sopra al materasso che sprofondò leggermente sotto al mio peso.
Capii subito che il materasso doveva essere cambiato, se non mi sarei voluta ritrovare inghiottita.
Poggiai lentamente la fiaccola sul comodino in legno di fianco a me, lanciando uno sguardo veloce alla cornice che vi era sopra.

Rappresentava una giornata calda di estate e ricordai esattamente quel giorno come se fosse ieri.
Sorrisi al solo pensiero di quando, per la prima volta, varcai quei cancelli di ferro battuto, venendo accolta subito a braccia aperte da tutti quei bambini che per me ora erano la mia seconda famiglia.
Angie era una donna solare allora, e quella foto ormai consumata dalla polvere, ne era la prova.
Sospirai nostalgica, sdraiandomi completamente sul piumino azzurro che mia madre si preoccupò di regalarmi e fissai silenziosa il soffitto bianco, portando entrambe le mani sul grembo.
Era da tempo che sognavo di poter cambiare qualcosa nella mia vita, o almeno qualcosa nella vita di tutti quei bambini che, ogni giorno, sembravano diventare sempre più tristi e stanchi dalle solite giornate monotone, ma ciò mi era impossibile.

E di nuovo, come un flash o un salto nel 'passato', nella mia mente cominciarono a ricomparire le scene di quella giornata impressa ormai nei miei ricordi.
Non solo ero riuscita a rivedere i sorrisi di tutti quei bimbi e l'espressione allegra di Angie, ma mi accorsi che qualcosa di strano e piccolo si riaccese in me.
Qualcosa che ritrovai in quelle poche ore che sembrò un'eternità.
Qualcosa che pensai essere svanito.

{Revisionato il 01.05.21}

HeartbreakerWhere stories live. Discover now