Capitolo 39

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C A P I T O L O 39 

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C A P I T O L O 39 

Ero in piedi di fronte alla grande vetrata che dava sull'immenso giardino di Neverland, ad osservare le due donne - Glenda e Leticia - a conversare di un argomento a me sconosciuto

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Ero in piedi di fronte alla grande vetrata che dava sull'immenso giardino di Neverland, ad osservare le due donne - Glenda e Leticia - a conversare di un argomento a me sconosciuto.
Erano intente a portare fuori la spazzatura della notte scorsa e si erano fermate a scambiarsi due chiacchiere, lanciando di tanto in tanto delle occhiate dentro casa.
Quella mattina il tempo sembrava non volesse passare più.
Michael era uscito per recarsi in studio di registrazione ed io non avevo avuto la possibilità di salutarlo, dato che era già andato via presto.
Lanciai uno sguardo all'orologio da parati appeso sopra alla porta di camera mia, notando che le lancette segnavano le mezzogiorno e mezzo.
Tra un'ora sarebbe stato pronto il pranzo e lui non si era ancora fatto sentire.
Sbuffai pedante, poggiando la fronte contro al vetro trasparente, continuando a fissare le due che ora avevano cominciato a ridere come due amiche d'infanzia.
Spostai la mia attenzione su Glenda, osservandola con interesse.
I suoi lunghi capelli scuri erano legati in una coda bassa, mentre il suo abito da domestica leggermente sfarzoso, le stringeva il busto minuto e stretto con eleganza.
Era una donna davvero bella, se non fosse stato per il suo comportamento.
Invidiavo Leticia, perché era l'unica donna con cui nessuno osava litigare o tenere il muso.
Era anche così solare! Sempre pieno di vita ed allegria.
Io? Io invece ero una povera giovane donna lontana dalla propria famiglia e dalla sorella che l'aveva ormai dimenticata.
Cosa poteva andare di peggio ancora?
Sospirai malinconica, allontanandomi dalla finestra per dirigermi verso al grande letto a due piazze sistemato con estrema cura.
Avevo sempre sognato di avere un grande letto su cui poterci dormire senza paura di cadere, per la poca disponibilità di spazio.
Mi ci sedetti sopra, portando entrambe le mani sulle gambe coperte dal tessuto della mia gonna rossa.
Guardai la cornice posta sopra al mio comodino, sorridendo lievemente quando incontrai il viso sorridente di mio padre.
Non avevo mai immaginato che un uomo così forte e raggiante come lui, avrebbe un giorno incontrato quella malattia.
E in quel momento mi odiavo per il fatto che non ero al loro fianco. Al suo fianco.
Mi sentivo una pessima figlia, un'egoista e una senza cuore.
Mi sembrava di pensare soltanto a me stessa, di abbandonare proprio sul punto del bisogno, le due persone che con cura e dedizione, mi avevano cresciuta con tutta la felicità possibile.
Ma da quando mia sorella se n'era andata, erano cambiate tante cose.
Mi alzai per dirigermi verso alla scrivania dove sopra vi era il mio cellulare, afferrandola subito per poi ritornare a sedermi sul comodo materasso.
Lo accesi, scorrendo nella rubrica delle chiamate per cercare il nome di mia madre, trovandola subito dopo.
Digitaii sullo schermo illuminato, componendo il suo numero e portai infine l'oggetto vicino al mio orecchio.
Uno, due e tre squilli, ma al quarto, una voce sottile e stanca rispose dall'altro capo della cornetta.

« Kara? »

« Mamma, come stai? » domandai.

« Kara, tesoro. Sto bene, tu come stai, piccola mia? »

Piccola mia.

« Sto bene mamma. Sei sicura? Perché ti sento triste? » chiesi.

Ella fece un lungo sospiro, schiarendosi subito dopo la voce.

« Sono solo stanca. Sai, ieri sono rientrata a casa tardi e oggi mi sono dovuta svegliare presto per somministrare le pillole a tuo padre » replicò.

Quella frase mi bastò a far rialzare in me il senso di colpa che avevo da poco cercato di calmare.
Faceva tutto da sola ed io invece ero qui seduta sul letto a fare niente.

« Mamma. Ritorno se vuoi. Posso ritornare. Non credo ci sarann- »

« Nono, non ti devi preoccupare, tesoro. Mamma se la sta cavando. Ho appena iniziato, ma ci prenderò la mano » si affrettò a dire.

Mamma se la sta cavando.
L'ultima volta che udii quella frase da parte sua, fu quando ella scoprì che mia sorella aveva lasciato casa, quattro giorno dopo.

« Non voglio che tu faccia tutto da sola. Potremmo sempre dividerci il lavoro, così non avrai tanto fare e potrai rilassarti un po' » mormorai, mordicchiandomi il labbro inferiore.

La sentii ridacchiare di poco, ma sapevo benissimo che quando faceva così era per trattenere le lacrime.
Ma a quanto pare, quel giorno il suo miserabile tentativo di apparire un'altra volta forte, fallì.

« Sai tesoro. Avevo sempre pensato di non farcela un giorno. Ma tu mi sei sempre stata vicina, anche quando ti pregavo di non farlo e di continuare la tua vita senza preoccuparti di noi. Vorrei tanto che anche tua sorella fosse come te. Dopotutto è la
maggiore » sussurrò, tirando su col naso.

La sua voce era roca, bassa e spezzata da alcuni singhiozzi che cercava di soffocare.
Odiavo dover udire o vedere i miei genitori piangere, soprattutto per persone che non meritavano le loro lacrime.
Chiusi gli occhi per brevi secondi, respirando a pieni polmoni mentre mi mordicchiavo il labbro inferiore.
Non volevo piangere, anzi non dovevo.
Avrei appoggiato mia madre e non avrei lasciato che fosse lei questa volta ad appoggiarmi.
Avrei dovuto comportarmi da matura e mettere in un angolo la mia parte infantile e sensibile.

« Mamma, ti prego non piangere. Papà starà bene vedrai, si rimetterà presto ed io verr- »

E per un'altra volta ella mi bloccò.

« Lane ritornerà, vero? Tua sorella verrà di nuovo a casa? » chiese.

La sua domanda era una supplica.
Non sapevo cosa risponderle in quel momento perché non sapevo nemmeno io la risposta.
Sarebbe ritornata? Quando?
Era inutile mentirle perché l'avrei ferita di più.
Erano passati tanti anni ormai e col scorrere del tempo, il suo desiderio di rivedere mia sorella era cresciuto a dismisura.
Voleva rivedere un pezzo mancante del suo puzzle che costituiva la sua felicità, ma ancora fino a quel giorno non era riuscita a trovarlo.

« Ritornerà mamma e se non dovesse farlo, sarò io ad andarla a prendere » replicai.

Ella tirò su col naso, soffiandoselo dopo vari secondi.

« Grazie, Kara. Davvero grazie. Sei una donna davvero forte e amorevole. Spero che otterrai sempre il meglio dalla vita » mormorò.

Sorrisi appena, sentendo gli occhi pizzicarmi.
Ora la sua voce era più rilassata.

« Ci sarò sempre per voi, mamma. Siete la mia famiglia » risposi con un filo di voce.

« Tuo padre mi ha chiesto di te proprio stamattina. Avrei tanto voluto fartelo sentire, ma ora mi sto preparando per ritornare al lavoro e l'ho lasciato da una nostra conoscente. Avevo paura di farlo restare a casa da solo, dopo tutto quello che è successo » disse.

Annuii, come se ella potesse vedermi.

« Lo richiamerò in serata. Fai attenzione quando vai al lavoro e guida con prudenza,
d'accordo? » le raccomandai.

« Certo, cara. Tu stammi soltanto bene. Il resto non importa » rispose.

« Lo farò » sussurrai.

Dopo averla congedata per un'ultima volta, chiusi la chiamata, poggiando il cellulare sul comodino.
Le parole di mia madre mi restarono impresse nella mente come un inchiostro indelebile e la sua voce spezzata dal pianto, rimbombavano ancora nelle mie orecchie.
Perché doveva essere tutto così difficile?
Percepii lacrime calde percorrere le mie goti leggermente accaldate, ma le fermai prima che potessero scendere lungo il collo.
Avrei tanto voluto fare un cambiamento nella mia vita, fare un salto nel passato e prevenire ciò che non ero riuscita a curare.
Le ferite dei miei genitori erano la mia priorità.
Avrei regalato loro un futuro sereno e soave, ma se mi ritrovavo pure io in queste condizioni, come avrei fatto?
Mi serviva soltanto un miracolo.
Mi alzai dal letto, sistemandolo accuratamente per poi stirarmi l'abito lungo i fianchi.
Mi asciugai le lacrime rimaste sul viso e mi sistemai i capelli biondi, portandoli dietro alle spalle.
Poi senza far rumore mi avviai verso alla porta, aprendola per uscire, ma mi bloccai sul posto quando intravidi la figura di Glenda davanti ad essa, con lo sguardo leggermente sorpreso e le mani tese di poco in avanti.
Cosa ci faceva lì?

HeartbreakerWhere stories live. Discover now