Capitolo 29

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C A P I T O L O 29

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C A P I T O L O 29

Mi stringeva forte fra le sue braccia, tenendo la mia testa appoggiata al suo petto coperto da quel tessuto liscio

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Mi stringeva forte fra le sue braccia, tenendo la mia testa appoggiata al suo petto coperto da quel tessuto liscio.
Riuscivo perfettamente a percepire il battito del suo cuore accelerato, rimbombarmi nell'orecchio sinistro, mentre egli mi accarezzava la testa e i miei capelli biondi.
Io invece, paralizzata sotto ai suoi tocchi, rimasi immobile, con gli occhi leggermente spalancati ed il fiato corto.
Non volevo allontanarmi, sciogliermi da quella presa così stretta e sicura.
Oh, quanto avrei voluto passare giornate e magari il resto della mia vita in quel modo!
Mi sarei sentita subito più libera, felice e leggera da tutti quei problemi che avevano cominciato a sfiorare la mia vita ormai divenuta incasinata.
Stavo ricercando qualcosa che non sarebbe mai potuto appartenermi e nonostante cercavo di reprimere quel senso di voglia, il mio cuore non voleva mollare.

« Michael » sussurrai, con le mani ancora penzolanti lungo i miei fianchi esili.

Lui, come risposta, sospirò piano, aumentando la stretta attorno al mio corpo.
Poi, dopo aver, per un'ultima volta, accarezzato i capelli, si allontanò piano dal mio corpo, tenendo lo sguardo basso e chino.
Mi allontanai piano anch'io, titubante dall'accaduto e, quando lui si decise ad alzare la testa, incrocia le sue iridi scure, velate da una luce strana.

« Sono felice di rivederti » si limitò a dire, passandosi l'indice sul labbro inferiore.

Arrossii di botto, e questa volta fui io ad abbassare lo sguardo, grattandomi nervosamente un braccio.
Un sorriso genuino scappò dalle mie labbra, contagiando anche Jackson che sorrise, alquanto rilassato.

« Sono felice anch'io di rivederti, Michael » sussurrai, guardandolo con sguardo dolce.

Chiunque mi avrebbe visto in quel momento, mi avrebbe di certo paragonata ad una stupida ragazzina innamorata.
Egli, dopo avermi scrutata per un'ultima volta, si allontanò dalla mia figura, camminando a passi felpati, verso alla porta in metallo ancora chiusa, poggiando un orecchio sulla superficie fredda di essa.
Studiai ogni suo movimento in silenzio, voltandomi per guardarmi poi attorno.
Eravamo praticamente finiti dentro ad uno sgabuzzino dove i dipendenti che lavoravano in quel immenso edificio, depositavano gli attrezzi di pulizia.

HeartbreakerWhere stories live. Discover now