4. Primo giorno

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E' stato difficile addormentarsi quella notte. Non tanto perché mancasse la stanchezza - anzi, ce n'era fin troppa -, ma perché Emma non ha mai dormito così tanto lontana da casa, in un letto le cui lenzuola non avevano un buon odore nè tantomeno il cuscino abbastanza sollevato. Faceva caldo, soprattutto dormendo sul letto in alto, dove sembrava l'aria non sarebbe mai arrivata. Nel dormitorio ci sono solo due finestre, una per lato, con delle inferriate spesse come quelle di una prigione. Emma si è girata più volte sul materasso, cullandosi sul respiro delle altre ragazze che si sono addormentate da subito. Si sporge un poco per controllare Martha, vedendola dormire con un braccio penzolante fuori dal letto. Sorride e riappoggia la testa sul cuscino troppo basso, sforzandosi di chiudere gli occhi e pregando che il sonno arrivasse presto.
Ma proprio quando sente di essersi addormentata, inoltrandosi nel mondo dei suoi sogni, una sirena risuona per tutto l'accampamento, facendola sobbalzare sul letto. Tutte le ragazze scattano in piedi, spaventate. Martha si mette seduta di botto, così tanto velocemente da sbattere la fronte contro la base del letto di Emma. "Porca troia!" esplode di prima mattina, massaggiandosi la zona colpita. Emma si porta le mani alle orecchie per attutire il suono della sirena, poi si stropiccia gli occhi con due pugni e si mette seduta, facendo un piccolo saltello per mettere i piedi a terra. Si sporge a dare il buongiorno a tutte le ragazze, vedendo Martha mettersi in piedi e correre verso il bagno in comune. Inizia a seguirla e la trova intenta a lavarsi la faccia, passandosi più volte l'acqua gelida - sì, è davvero freddissima e tutte l'hanno provata la sera prima facendosi la doccia - sul punto della fronte colpita.
"Va tutto bene?"
"Col cazzo!" le risponde Martha, "Mi uscirà un bernoccolo grande quanto le colline qui accanto. Dio, che dolore."
Una ragazza bussa alla porta aperta, destando l'attenzione delle altre due. "Scusate" dice, indicando un foglio affisso alla porta con gli orari da rispettare. "Qui dice che dobbiamo abbandonare il dormitorio al termine della terza sirena. Se vi muoveste, magari, riusciremmo tutte a darci una lavata." Claire è una ragazza senza peli sulla lingua, non si fa scrupoli a dire quello che pensa ed Emma sa perfettamente quanto, in quel caso, abbia ragione.
"Mi sto lavando la faccia, di certo non sto consumando acqua ad occhio" dice Martha che, con uno scatto, chiude il rubinetto e si asciuga il viso con uno degli asciugamani piegati sul mobile in legno scuro. Claire alza gli occhi al cielo ed esce dal bagno, guadagnandosi una smorfia da Martha che getta l'asciugamano nel cestino delle robe usate e sporche. "Che questo primo giorno inizi" dice, uscendo dal bagno e spegnendo la luce con un rapido gesto.

Alle sei e trenta in punto la sirena suona per la terza volta, così le ragazze si mettono ordinatamente in fila. Janette, la prima della coda, apre la serratura della porta, aprendola subito dopo. Il sole sta iniziando a sbucare al di sopra delle colline circostanti e l'aria è già satura della polvere sollevata dai camion in movimento che portano i soldati a supportare i mujaheddin, i guerriglieri afghani che combattono contro l'Unione Sovietica e la Repubblica Democratica dell'Afghanistan, nota brevemente come RDA.
Le ragazze abbandonano il dormitorio, guardandosi intorno e attendendo che qualcuno le istruisca a dovere. Un uomo alto, in divisa e con i baffi prorompenti sul labbro superiore appare nel loro campo visivo, con una tracolla addosso e il cappello in testa.
Gruppi di soldati iniziano a smistarsi nei vari contingenti, uomini che si allenano e scappano, altri che passano loro accanto lasciandosi andare a fischi di apprezzamento. Emma si sistema il suo camice verde scuro, abbottonando l'ultimo bottone al collo. L'uomo le fa disporre in semicerchio, guardandole piano negli occhi e aspetta che si siano posizionate tutte prima di aprire bocca. "Buongiorno, signore. Sono il dottor Timothy Rule e sono stato incaricato di iniziarvi al vostro dipartimento." Passa in rassegna i nomi delle ragazze - quasi tutte coetanee, in quel gruppo - in ordine alfabetico, poi si posiziona di fronte ad ognuna di loro, lasciandovi in mano il cartellino da appendere sulla tasca al petto. "Come dovreste già sapere, la struttura è divisa in reparti, collegati tra loro tramite corridoi sorvegliati da guardie scelte, alcuni dei quali possono diramarsi e collegare anche sedi militari."
"Cioè i dormitori dei soldati?"
Emma sente il fiato di Martha solleticarle l'orecchio, essendo la sua vicina e prossima in ordine alfabetico. "Penso di sì. Magari sono servizievoli in caso di mancata possibilità di uscire all'esterno."
Il dottor Rule si ferma di fronte a lei e le lascia il tesserino in mano. "Come ovviamente avrete notato - per chi ha già l'etichetta - c'è un codice che vi lascerà passare attraverso tutte le porte dell'ospedale nel caso vi servano particolari strumenti. Basta farlo passare sull'apposito macchinario e avrete il via libera." Martha riceve il suo tesserino, guardando la foto legata ad esso e annuendo a quanto il dottore stia dicendo. "I vostri turni iniziano fra dieci minuti, quando il primo camion di feriti sorpasserà l'ingresso" dice, passandosi un dito sui grossi baffi scuri. I suoi occhi sono di ghiaccio e gli zigomi evidenti sulle sue guance. "Vi saranno assegnate delle guardie - già selezionate per ciascuna di voi in modo assolutamente casuale -  che vi aiuteranno a spostarvi fin quando non avrete preso dimestichezza con l'ambiente - principalmente durante la notte per ovvie ragioni - perché, come ben saprete, non c'è tempo da perdere in ospedale. Ogni minuto è prezioso." Emma si appende il cartellino alla tasca, assicurandosi sia ben saldato. Il dottore Rule sente un allarme attivarsi, così si gira rapidamente e scorge il camion arrivare alla base, avviandosi rapidamente e sollevando un polverone di terra. Si affretta e distribuisce gli ultimi cartellini rimasti, poi avvisa le ragazze che i documenti con i loro orari saranno lasciati in accettazione e che, al termine del primo turno, dovranno recuperarli. "Ovviamente, potrebbero esserci dei cambiamenti."
"Quando mai" dice Martha sarcasticamente, prima che il dottor Rule possa suonare nel fischietto che estrae dalla sua tasca. Nel giro di qualche secondo, due guardie arrivano per ciascuna ragazza del gruppo. Il dottor Rule fischia nuovamente e le neoinfermiere si diramano nei settori a loro destinati, seguendo le guardie che sono state loro assegnate. Emma vede accostarsi a lei due uomini, entrambi rasati, molto alti e muscolosi. Quello alla sua sinistra ha una leggera peluria bionda, occhi verdi e labbra carnose, quello a sinistra due folte sopracciglia scure e gli occhi marroni, con un piccolo neo posto sotto quello a sinistra. Iniziano ad avviarsi, scortando l'infermiera verso il primo ingresso disponibile. Emma lancia un'occhiata a Martha, vedendola inoltrarsi con altri due ragazzi, prima che un gruppo di soldati passi in mezzo, impedendole di guardare l'amica. Emma si sente a disagio tra i due militari che sono praticamente il doppio di lei, eppure il suo passo è rapido, pronta a prestarsi al servizio che le spetta. I corridoi, nonostante sia mattina, sono bui, illuminati da qualche torcia qua e là. Per stare dietro alle due guardie è costretta ad allungare di più il passo, fin quando non si fermano di fronte un porta chiusa che aprono spingendola verso l'interno. Subito Emma viene investita da un forte odore di medicinali e disinfettante, diverse barelle vengono spinte per i corridoi e portate in delle stanze. Le due guardie si fermano sotto la porta ed Emma lancia un'occhiata a quella alla sua sinistra che gira di poco la testa e le sorride. "Tocca a lei, adesso" dice, colpendola con i suoi occhi verdi ben accentuati dalla sua tuta mimetica. Emma annuisce e corre verso la prima stanza.
Dei paramedici stanno trasportando i corpi da un lettino all'altro, sorreggendo persone più o meno gravi. Emma si ritaglia uno spazio per controllare la situazione, sentendo i paramedici parlare dei valori del paziente più vicino ed esponendole brevemente la diagnosi effettuata. Emma annuisce, recuperando l'occorrente da una vetrina a ridosso del muro alle sue spalle. Appoggia la sacca di sangue sul comodino, preparando il braccio del paziente e tenendo sotto controllo la ferita all'addome scoperto. Controlla rapidamente che il gruppo sanguigno sia giusto, poi inizia prima di tutto a medicare la ferita, tamponandola rapidamente e pulendo la zona. Inietta dell'anestetizzante per mettergli i punti, ripulendo continuamente la zona per evitare infezioni. Quando termina di ricucire la pelle, sente le indicazioni dei medici e gli lega la sacca al braccio, mentre inizia ad appoggiare sopra la ferita la garza sterile con il cerotto. L'uomo steso sul letto respira affannosamente, è tutto sporco di terriccio e con diversi graffi sparsi un po' dappertutto. Emma prende un panno pulito e lo imbeve in una bacinella d'acqua presa dal bagno. Glielo passa sul collo, sulle spalle e poi sul viso, spostandogli i folti capelli neri dalla fronte. I suoi occhi sono socchiusi, le labbra strette e le narici dilatate. "Va tutto bene, adesso" dice Emma, ma purtroppo sa che l'uomo non può capirla. Avrà al massimo trent'anni, eppure la barba e le escoriazioni sul viso lo rendono molto più adulto. Emma controlla che la trasfusione proceda bene a causa della cospiscua quantità di sangue persa dal paziente. Gli lascia in mano un piccolo telecomando, facendogli stringere le dita intorno ad esso. L'uomo la guarda ed Emma, attraverso piccoli gesti, gli fa capire che, pigiando il tasto, lei arriverebbe subito. L'uomo annuisce, dopodiché gira la testa dall'altro lato, chiudendo gli occhi.
Emma abbandona quella stanza e si lascia guidare dalle indicazioni di altri medici circa le stanze in cui deve effettuare dei cambi, delle sostituzioni di flebo o medicazioni.
Non sa per quanto, effettivamente, lei corra in quei corridoi, ma sente di aver dato il meglio di sè per quella giornata. Incontra alcune colleghe che vengono spedite negli ambulatori, prima di recarsi in accettazione e recuperare il suo foglio con le indicazioni dei prossimi turni. E' un'anziana signora che glielo da, sorridendole con aria stanca. "Sei dell'Arizona, eh?" dice, con voce graffiante e con un forte accento. Emma annuisce e la donna a sua volta. "Qui è tutto diverso" ammette, ammutolendosi subito dopo.
Emma stringe le labbra, prima di ritornare verso l'ingresso di quell'ala ospedaliera, aspettandosi di trovare lì le sue guardie. Ne trova solo una, quella dagli occhi marroni e dalla braccia incrociate al petto che la guarda e, con le sopracciglia aggrottate, le intima di affrettarsi. Emma controlla l'orario dal suo orologio al polso, prima che il soldato possa aprire bocca. "E' l'ora di pranzo" dice semplicemente, scortandola in quei corridoi bui fino alla mensa. "Da qui ti puoi muovere da sola" aggiunge, dandole le spalle e dirigendosi da un'altra parte. Emma stringe le labbra e si avvia al bancone del cibo, incontrando fortunatamente Martha in fila con il vassoio tra le mani.
"Guarda un po' chi c'è!" dice la ragazza con il caschetto scuro, "speravo di vederti. Com'è andata?"
"Bene, tutto sommato. A te?" dice Emma, recuperando un vassoio dalla pila accanto. Si avvicina all'amica, sorridendo alle altre persone che le sono accanto.
"Stancante, sebbene mi abbiano affibiato delle stronzate oggi. Ah, comunque loro sono Mathilda, Sebastian e Greg" dice, indicando rispettivamente una ragazza dai capelli cortissimi e biondo platino, un tipetto bassino con gli occhiali sul naso e un ragazzo alto dai capelli rossi e qualche lentiggine sulle guance. Li saluta, poi sposta ancor di più lo sguardo alla sua destra e scorge il viso del ragazzo sul pullman, il biondino con gli occhi chiari che si dovrebbe chiamare Micheal.
"Ciao anche a te" lo saluta Emma e nota Martha dargli le spalle. "Che è successo?"
"Mi evita, fa finta che io non ci sia" dice Micheal con un sorriso ad increspargli il volto. "Solo perché le ho rubato un paziente in quanto sono stato più rapido."
Martha si gira, puntandogli il dito contro. "Tu non hai rubato proprio nessuno. Te l'ho lasciato fare perché era una delle cose più facili che abbia affrontato stamattina, e fidati che ne ho avute parecchie. Non potevo lasciare che la mia bravura fosse insultata da una cosa del genere."
Micheal alza gli occhi al cielo mentre la signora dietro il bancone urla "Il prossimo! Muovetevi, ho altre duecento bocche da sfamare." Il ragazzo fa un passo e Martha lo blocca. "No, tu non vieni dopo di me." Afferra Emma per il polso e la fa passare avanti. "Rispetta la fila" dice con un ghigno sul viso, prima di girarsi e chiedere alla cuoca il suo pasto.
Emma si gira a guardare Micheal negli occhi. "E' sempre così" sussurra e l'unica cosa che nota prima di girarsi a parlare con la signora è Micheal - di nuovo - alzare gli occhi al cielo.

N/A
Ecco qui un altro capitolo.
È ancora solo all'inizio peró spero che la storia vi stia piacendo, anche perchè ce ne saranno delle belle (e anche brutte???)
Votate e commentate!
Alla prossima ❤

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