10. Non c'è niente da guardare

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Quando Emma apre gli occhi nota la rete del materasso del letto sopra di lei. Ingoia a vuoto, mettendosi sul fianco. Si rende conto di essere nel suo dormitorio, con la luce del sole che, lievemente, passa attraverso le inferriate della finestra. Si gira dall'altra parte e si rende conto di essere da sola.
O almeno, nessun'altra ragazza è lì dentro. Si solleva sui gomiti e vede il soldato Stephen uscire dal bagno con un asciugamano sull'occhio. Appena lo vede, viene investita dai ricordi e si ritrae contro la parete, respirando affannosamente e stringendosi le ginocchia al petto. Il letto scricchiola sotto di lei e vede il soldato avvicinarsi velocemente alla sua postazione, inginocchiandosi ai piedi del letto. "Va tutto bene, va tutto bene" dice, appoggiandole una mano sul ginocchio. Emma si scansa dal suo tocco, rabbrividendo. "Io non voglio farti del male." Gli occhi di Emma si riempiono di lacrime e il labbro inferiore inizia a tremarle. Stephen si mette seduto sul letto, spostandosi l'asciugamano dal viso. Emma nota il suo occhio cerchiato da un livido violaceo, tracce di sangue sotto il naso e sulla bocca. Il soldato stringe impercettibilmente gli occhi, osservandola. "Sei al sicuro, adesso." Le mani di Emma tremano intorno alle sue ginocchia e cerca di mettere quanta più distanza possibile tra lei e il soldato. Stephen appoggia l'asciugamano al suo fianco, guardando la ragazza dritta negli occhi. "Non ti farei mai del male."
Emma sente il petto scosso dai singhiozzi ma li trattiene. O almeno, cerca di farlo, ma è praticamente impossibile. Appoggia la fronte contro le ginocchia e scoppia a piangere, avvolgendo le gambe con le braccia. Un livido le ricopre la parte superiore, vicino alla spalla. Stephen si lecca il labbro, facendo successivamente una smorfia di dolore, poi lentamente le si avvicina. Le appoggia piano una mano sulla spalla, tentando di rassicurarla, ma è impacciato.
"Perché" sussurra Emma, tirando su con il naso. Il suo viso è ancora nascosto. "Perché volevano me?" Solleva il suo capo, con le labbra tremanti e gli occhi colmi di lacrime.
Stephen ingoia a vuoto e si guarda le mani appoggiate sulle ginocchia. Le nocche sono rotte e incrostate di sangue. Se le nasconde con un gesto veloce. "Perché ti trovavi nel posto sbagliato al momento sbagliato. E mi dispiace terribilmente" dice, abbassando notevolmente il suo tono di voce. Con uno scatto del polso Emma si asciuga le lacrime.
"Non voglio rimanere sola" dice in un sussurro. Sposta i suoi occhi cervoni su quelli scuri del soldato. Stephen ricambia lo sguardo e annuisce, lievemente. Si mette in piedi, riprendendo l'asciugamano dal letto e tamponandosi il labbro.
"Sarò di ritorno a breve" dice semplicemente, avviandosi verso la porta del dormitorio. Prima di chiudersela alle spalle, lancia un'occhiata alla ragazza che si stende e si raggomitola su se stessa, con gli occhi stretti.
Stephen si sente un nodo alla gola e chiude la porta, avviandosi rapido lungo l'accampamento. Nota John all'entrata del corridoio che parla con altri soldati, i fucili appesi ancora alla cintura. Quando il collega lo nota, liquida gli altri con un rapido gesto della mano e si avvicina a Stephen, controllandogli rapidamente il viso. "Come va?" gli chiede.
Stephen si sposta l'asciugamano dal viso e lo appallotola. "Io sto bene" dice, lanciando poi un'occhiata al dormitorio di Emma. "Lei ovviamente no."
"Sono stati momentaneamente incarcerati e portati sul primo camion libero. Saranno giudicati nel loro Paese."
Stephen da un colpo al braccio di John, abbozzando una specie di sorriso. "Grazie, amico."
"Pensavamo che ci fosse stata un'imboscata da parte di truppe ribelli, altrimenti non saremmo accorsi così in numerosi."
"Ma fortunatamente eravate lì. Non sarei riuscito a salvare la signorina Jensen da solo." John gli picchietta una spalla, abbozzando un sorriso. "Non posso lasciarla" dice subito Stephen, paralizzando il gesto dell'amico.
John solleva un sopracciglio, sospetto. "Come?"
"Non ora. Non posso lasciarla incustodita proprio adesso."
"Ma il tuo compito è rimanerle accanto fino a quando non si sia ambientata. Sono quasi sette giorni che è qui, non le servi più."
"Invece sì, oggi e i prossimi giorni più che mai. E' stata colpa mia e non posso abbandonarla così."
John solleva entrambe le sopracciglia, accennando un sorriso storto. I suoi occhi verdi perlustrano il volto di Stephen, cercando qualche segno. "Non puoi abbandonarla perché è Emma Jensen?" dice, alludendo.
Stephen aggrotta le sopracciglia, per poi sgranare gli occhi e schiudere le labbra, infervorato. "Perché è una donna vittima di un'aggressione e mai dovrebbe essere lasciata da sola. E' terrorizzata e momentaneamente instabile. Devo assisterla." E rimediare a quello che ho fatto, aggiungerebbe. Ma non lo dice a voce alta.
E' colpa sua se Emma è caduta preda di quei viscidi vermi. Non avrebbe dovuto fare il menefreghista a tal punto da pensare che se la sarebbe cavata da sola, per una volta. Non avrebbe dovuto desistere dal suo impegno, neanche pensarci.
Era arrabbiato perché per colpa della signorina Jensen non poteva andare a combattere, perdendo tempo a farle da tata. Ma non avrebbe dovuto esserlo. La signorina Jensen non c'entrava niente, anzi, ne ha subito anche ingiustamente le conseguenze.
John annuisce e toglie la mano dalla spalla del collega, stringendo le labbra. "Sì, scusa. Hai ragione." Fa per tornarsene dentro il corridoio, ma poi si gira e scruta l'amico. "Dovrei passare a controllarla."
Stephen scuote la testa. "Non credo sia il momento giusto."
John stringe le labbra e appoggia la mano sul suo fucile. Guarda attentamente Stephen e scuote piano la testa. "Non credo ci sarà mai il momento giusto. Vero, Steve?" Ma il collega non fa in tempo a rispondergli perché John se ne va, inoltrandosi nel corridoio.
Un rumore di passi concitati subentra alle sue spalle e Stephen si gira, notando una ragazza con il caschetto scuro avvicinarsi a lui, seguita da due ragazzi, uno biondo e l'altro moro. Tutti lo scrutano attentamente. La ragazza, Martha Kent, raddrizza le spalle. "Signore, girano voci su qualcosa accaduto questa mattina nei corridoi. La mia amica era di turno. Ditemi se l'è successo qualcosa."
"Non posso fornire dettagli, signorina."
"Si fottano i dettagli, ho bisogno di sapere se stia bene!" dice Martha che riesce a contenersi dopo che Micheal le abbia appoggiato una mano sulla spalla.
Stephen prende un ampio respiro. "La signorina Jensen è stata aggredita." Martha fa un risucchio, prendendo la mano di Micheal e stringendola nella sua. Il ragazzo vede il gesto sorpreso, ma comunque non molla la presa. "Fortunatamente le guardie sono intervenute prima che accadesse il peggio. Fisicamente sta bene." Martha stringe la mascella e corre verso il dormitorio, tirandosi dietro Micheal. Joe saluta il soldato che vede il gruppetto avvicinarsi all'edificio. "Sarebbe conveniente non infastidirla" urla loro dietro, ma in risposta si sente solo un "Vaffanculo" appena accennato. In altre circostanze si sarebbe arrabbiato, ma sa che non è il caso. Così, mentre il gruppetto entra piano nel dormitorio, Stephen si avvia in infermeria.

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