33. Valigia pesante

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Il 10 Giugno, Emma esce un po' prima dal dormitorio, portandosi dietro un piccolo muffin al cioccolato con una candela sopra. Si avvia silenziosamente lungo i corridoi, aprendo la porta del dormitorio di Stephen, trovandolo lì, steso sul letto che ancora dorme.
Non ci sono tanti soldati quel giorno, quindi non rischia che qualche idiota possa fischiare e svegliare il suo soldato. Si inginocchia ai piedi del letto, tenendo in alto il piccolo muffin.
"Buongiorno" dice piano, vedendo Stephen stringere gli occhi. "Buon compleanno, amore mio!" continua Emma, porgendogli il muffin con ancora Stephen mezzo addormentato.
Il soldato sbatte le palpebre e si solleva su un braccio, abituando gli occhi a quella tenue luce.
Sorride, vedendo la piccola fiammella muoversi in cima alla candela e gli occhi di Emma fissi su quest'ultima nel caso si spenga all'improvviso.
"Grazie mille" dice, abbassandosi sulla candelina e soffiandoci delicatamente sopra. Poi si sporge su Emma, lasciandole un breve bacio sulle labbra.
La ragazza si mette in piedi, sedendosi al suo fianco. "Ma hai espresso, almeno, il desiderio?"
Stephen alza gli occhi al cielo. "Non ce n'è bisogno. Ce l'ho già qui" dice, sorridendole. Dopodiché le sfila il muffin dalla mano e lo fa a metà, porgendo l'altra parte alla sua fidanzata. "Auguri a me" dice, facendo scontrare le due parti del dolce come se si fosse trattato di un brindisi e lo mordono insieme.

***

Nonostante tutto, nonostante il pericolo del serial killer sia stato sventato, la guerra continua.

Quando arriva il 1985, va incontro alla sua fase più terribile. I sovietici cambiano strategia di guerra, attaccano più violentemente che mai i mujaheddin e diventano vittime di imboscate sempre più frequenti e inimmaginabili, con i guerriglieri che migliorano progressivamente: rinforzano le loro linee, acquisiscono nuove tattiche belliche e riescono a perseguire diverse vittorie sui russi che, nell'ottobre del 1985, iniziano a discutere sull'inutilità di quella guerra, sebbene i soprusi delle due parti impegnate nel conflitto continuano imperturbabili. Gli assalti si susseguono, i soldati muoiono sotto il peso delle armi altrui, gli ospedali sono sempre pieni e operativi. Dei nuovi infermieri partono insieme ai soldati per raggiungere le zone di confine, rimanendo a debita distanza per operare comunque sul campo.
Una volta sola Emma si è aggregata a loro e le scene viste lì, tra la pianura e le colline, l'accompagneranno per sempre.
A partire dai primi mesi del 1986 prende il via un programma di "afghanizzazione" del conflitto, trasferendo maggiori responsabilità belliche alle truppe afghane per disimpegnare quelle sovietiche relegate, ormai, a soli compiti di supporto: curano il rafforzamento e la modernizzazione delle forze armate afghane. Dal gennaio del 1987 le forze da combattimento sovietiche vengono ritirate da qualsiasi operazione terrestre, ricevendo ordine di fare ricorso alla forza solo per autodifesa; i soldati sovietici si sistemano quindi in alcune "bolle di sicurezza" fortificate dove trascorrere il loro restante periodo di servizio in Afghanistan.
Nel dicembre 1987 vengono avviati i colloqui internazionali per fissare il ritiro delle truppe sovietiche: il 14 aprile 1988 Afghanistan e Pakistan, con URSS e Stati Uniti come rispettivi garanti, firmano gli accordi di Ginevra, stabilendo la non interferenza dei due Paesi e fissando dei termini per il ritorno dei profughi afghani alle loro case. Inoltre, i trattati fissano anche il ritiro delle truppe sovietiche che inizia come previsto, eppure, nonostante siano state negoziate tregue e cessate il fuoco locali con i vari comandanti guerriglieri, la ritirata sovietica viene disturbata da alcune imboscate dei gruppi mujaheddin più estremisti, che culminano in un ultimo attacco nella valle del Panjshir, con l'unico scopo di dare un "ultimo assalto" ai gruppi di guerriglieri che più di altri avevano provocato danni. Per minimizzare le proprie perdite i sovietici evitano combattimenti a distanza ravvicinata, preferendo impiegare l'artiglieria, i missili e i bombardieri provocando di conseguenza alte perdite tra i civili.
Il ritiro sovietico si completa più di nove anni dopo l'inizio del conflitto, nel Febbraio del 1989, dopodichè tutti i soldati degli accampamenti si preparono per ritornare a casa.
I dormitori vengono sgombrati e smontati, gli ospedali firmano le dimissioni degli ultimi pazienti e liberano e puliscono i vari reparti.
Gli infermieri chiudono le loro valigie, facendo scorrere quelle cerniere che racchiudono tutto quello che hanno raccolto in quasi sei anni in Pakistan, nascosti tra le colline, in quelle tendopoli che raccontano tante storie diverse a cui i soldati e i dipendenti danno voce, sedendosi per l'ultima volta intorno al falò, con le fiamme che si avviluppano verso il cielo nuvoloso di quella notte invernale. Emma è tra le gambe di Stephen, con le braccia dell'uomo che la tengono stretta contro il suo petto e il fuoco che riscalda i loro corpi infreddoliti.
Sono presenti anche Micheal e Martha, quest'ultima con la pancia di cinque mesi che si nota nonostante il cappotto pesante. Margaret è fidanzata con un dottore e brindano con diversi bicchieri di whisky.
Emma solleva il capo, appoggiandolo contro la spalla muscolosa di Stephen che abbassa i suoi occhi per guardarla. I suoi capelli sono cresciuti, la barba curata rende ispida la sua mascella e i suoi occhi sono sereni, scuri e riflettono le fiamme arancioni.
La mattina dopo ripartono, i camion sfrecciano via lungo il sentiero innevato e i fiati dei passeggeri che si condensano in delle piccole nuvolette di fumo. Emma sale sul mezzo, caricando la valigia pesante e guardandosi dietro un'ultima volta.
Vede l'accampamento vuoto, i cancelli smontati, i dormitori buttati a terra e cumuli di macerie che riempiono la strada centrale. Sposta lo sguardo sul fosso dove avevano tenuto per anni il falò del martedì sera, e soprattutto guarda i grandi massi sepolti dalla neve, quel cumulo di pietre teatro di splendide serate.
Emma tira su con il naso, immortalando con quei suoi occhi cervoni quel Pakistan vissuto per sei anni, la sua casa. Sale sul retro del camion e si unisce alla colleghe, partendo e correndo verso l'aeroporto.
Quando torna a Phoenix con le valigie grandi lasciate nell'ingresso di casa, scoppia a piangere, abbracciando i suoi genitori e aspettando il ritorno di Richard con il prossimo aereo.
A Marzo, venti giorni dopo il suo rientro nella città americana, riceve una lettera e in allegato un biglietto di andata e ritorno per Londra, datato il giorno dopo.
Parte, con il cuore che le trabocca di felicità e una valigia più piccola. Le ore di volo sono interminabili. Nonostante abbia conosciuto i genitori di Stephen anni prima, l'emozione le fa tremare un poco le mani. Quando atterra ad Heathrow, trova il suo soldato con le braccia spalancate nella sezione degli arrivi. Gli si aggrappa al collo, riempiendolo di baci.
Steve la porta a casa sua, facendole salutare i suoi genitori Benedict e Wanda, entrambi quasi sessantenni. Ma Stephen non la fa rimanere all'interno di quelle quattro mura, no.
La invita ad uscire ed è visibilmente emozionato, con la mano di Emma stretta nella sua mentre passeggiano sul Westminster Bridge, con le macchine che sfrecciano via e i turisti che scorrazzano con le cartine stradali in mano. Giunti alla fine del ponte, con il Big Ben alle spalle, Stephen si mette di fronte a lei, con il cielo sopra di loro che si tinge di rosa e arancione nonostante qualche nuvola sporadica.
Stephen le tiene strette le mani, storcendo il naso e sorridendole. I suoi capelli marroni e ricci sono ricresciuti, i boccoli gli sfiorano la fronte e gli coprono le orecchie. "Emma. Sono sei anni che ci amiamo come se fosse il primo giorno. Ne abbiamo passate tante, eppure siamo rimasti l'uno accanto all'altra in qualsiasi occasione ci fosse capitata davanti." L'infermiera guarda il sotto tenente negli occhi - sì, Stephen è stato alzato di grado per il suo apporto nel contingente militare e per il suo onore. Il cuore le batte forte nel petto. "Ed io ho capito che voglio averti per sempre nella mia vita." Si inginocchia ed Emma si porta una mano sulle labbra, sentendo gli occhi riempirsi di lacrime. Stephen infila una mano dietro la schiena e fa uscire un piccolo cofanetto di velluto dalla tasca del pantalone scuro. La apre con un click, rivelando un bellissimo solitario che luccica sotto i loro sguardi. "Mi vuoi sposare?" le chiede, con gli occhi leggermente lucidi.
Emma scoppia a ridere, mentre una lacrima le scivola sulla guancia. "Sì! Sì! Certo che ti voglio sposare!" Si piega su di lui, baciandolo con amore, poi Stephen le prende la mano sinistra e fa scivolare l'anello sul suo anulare, poi si rimette in piedi e la stringe a sè mentre i turisti intorno si fermano ad applaudire e lanciare piccoli urletti di apprezzamento ed emozione.

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