24. La miglior cosa

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"Era il maggiore Jackson Ford" dice Margaret, uscendo dall'obitorio e chiudendosi le porte alle spalle. Si ferma di fronte a Emma che ha le braccia incrociate al petto e gli occhi puntati sulla sua collega che stringe le labbra e solleva entrambe le sopracciglia. "Ucciso con tre pugnalate alla schiena." L'infermiera abbassa lo sguardo sui suoi piedi, giocando con la lingua nella sua bocca. Margaret si schiarisce la gola. "Ovviamente, ciò cambia tutto" ammette.
Emma punta i suoi occhi in quelli della collega, stringendoli leggermente. "In che senso?"
"Beh" dice l'altra, infilando entrambe la mani nelle tasche del camice, "E' il quarto corpo di un ufficiale che perde la vita nell'accampamento. Non si tratta più di casualità." E l'occhiata che riserve ad Emma la dice lunga. L'infermiera si sistema con un rapido gesto la coda ai capelli e solleva il mento in un gesto di sfida.
"Ciò vuol dire che tutti stanno finalmente pensando ci sia un omicida tra noi." Margaret annuisce senza dire niente. Gli occhi, però, sono ancora fissi su Emma e la scrutano come se volessero spogliarla da ogni bugia superficiale. Emma sa perfettamente quanto sia difficile non dubitare in tale contesto e nonostante ci possano essere delle coincidenze, vorrebbe tanto che la situazione migliorasse. Il fatto che Martha faccia parte di quel gruppo di persone che la guardano attentamente come a volerla cogliere sul fatto peggiora il tutto. Annuisce a sua volta, leccandosi le labbra. "Va bene. Grazie" dice e se ne va, avvicinandosi al bancone della signora Smith per poter firmare il suo documento e lasciare il suo turno. Si sfila i guanti, gettandoli nella pattumiera lì accanto, poi recupera il cappotto, evitando accuratamente di guardare il pavimento antistante l'ingresso. Il dolore che le provoca quella vista non riuscirebbe a sopportarlo. La signora Smith la guarda, abbozzandole un sorriso rapido sulle labbra sottili. Emma lo ricambia ed esce dall'ospedale, avviandosi verso i corridoi bui. Quella sera sono tutti completamente deserti, si sentono solo i suoi passi riecheggiare contro le basse e strette pareti. Viene colta da un deja-vu e alza il passo per uscire quanto prima da quello spazio angusto quando una figura sbuca dall'angolo e le fa mancare il respiro. Un soldato, alto e con i capelli rossi, è lì di fronte a lei, bloccandola con le mani sulle spalle. "Attenzione quando cammini. Non è piacevole scontrarsi ad ogni angolo." Ed è proprio quando gli occhi cervoni di Emma si spostano su quelli del soldato, solo a quel punto lo riconosce e li sgrana lentamente, sopraffatta.
L'uomo solleva un sopracciglio, stringendo gli occhi. "Ma ci siamo già visti, noi due?" chiede, tenendo ancora le mani sulle spalle di Emma. L'infermiera tenta di liberarsi con nonchalance, prendendo quelle del soldato e facendole scivolare sul suo cappotto. "Non penso."
"Invece io dico di sì" dice lui, allungando un braccio per non far passare Emma e per tenersela lì di fronte. L'infermiera stringe i denti e prende un ampio respiro. "Sei quella ragazza che mi è sfuggita, non è vero?" Il suo polso si gira immediatamente e stringe quello di Emma in mano. L'infermiera rimane immobile, chiude semplicemente gli occhi e prende grandi respiri. "Non mi piace quando succede, soprattutto considerando quello che ho passato." Ed è proprio quando la strattona, avvicinandola a sè per bloccarla tra le sue braccia, che Emma lancia un urlo fortissimo e si dimena nella sua morsa. Sente la voce di Stephen rimbombarle nelle orecchie, il suo respiro solleticarle la base del collo durante i loro allenamenti, e ora Emma sa perfettamente cos'è necessario fare. Si impunta con i piedi per terra, poi con un gomito colpisce con forza lo stomaco del soldato che viene colto alla sprovvista. Solleva un gamba e con il piede gli colpisce l'inguine e, coprendosi quella zona, il soldato non può che mollare la presa intorno al corpo di Emma che continua a gridare aiuto. Con un pugno rapido e preciso colpisce il naso del soldato e il rumore della collutazione rimbomba lungo le pareti del corridoio. Con il viso cosparso di sangue, l'uomo tenta di bloccare Emma e riesce a fermarla prendendola per le ginocchia. Perdendo l'equilibrio, l'infermiera cade a terra e si trascina con le braccia, muovendo i piedi per liberarsi. "Aiuto!" grida ancora, ed è quando il soldato le mette una mano intorno alla bocca che Emma spinge la testa all'indietro, colpendo nuovamente il naso rotto dell'uomo che inizia a sopprimere il proprio dolore. Emma allora si libera della sua mano sulla bocca e gli da un calcio nelle parti intime, facendolo cadere a terra, implorante. Si allontana immediatamente proprio mentre due soldati sopraggiungono sulla scena. Emma ha i capelli sfatti, le labbra separate e il naso impegnato a prendere ampi respiri.
"Cos'è successo?" chiede il soldato sulla sinistra, piegandosi a terra per controllare il collega.
Emma lo guarda a narici dilatate. "Quello che ha tentato di fare cinque mesi fa, ma ha fallito di nuovo" dice semplicemente, mentre sulla scena giunge un altro soldato che guarda la ragazza e le sorride.
"Lo hai steso" dice John, abbassandosi sul soldato dal naso rotto e mettendolo in piedi di peso con un leggero tremolio alle mani. "Complimenti, Emma."
La ragazza abbassa il capo, pulendosi le mani sul cappotto pesante, poi riprende a camminare ed esce finalmente da quel corridoio da incubo.

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