14. 12:56

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Come promesso, Stephen Lodge annulla la custodia di Emma Jensen, liberandosi dall'impegno. Il fatto è che non solo ha smesso di accompagnarla ovunque serva - in fin dei conti, è passato anche un mese da quando quell'infermiera ha messo piede in Pakistan e nonostante lui dopo quattro anni abbia persino imparato i nomi delle dune, lei è indubbiamente in grado di muoversi da sola - ma non la incontra nemmeno più. Sembra proprio che Emma Jensen si sia dissolta nel nulla. Non la trova in mensa, non la incontra nei corridoi, nè la vede in giro con la sua amica, quella Martha che a quanto pare si è impegnata con il belloccio biondo - data la spropositata quantità di baci che si scambiano nascosti agli occhi degli altri.
Da quando Emma ha abbandonato la stanza d'ospedale in cui l'ha medicato, Stephen non l'ha davvero più rivista, nè ha avuto modo di concludere quello che aveva iniziato a chiederle prima che John lo interrompesse.
E' ormai passata una settimana da quel giorno e Stephen si cambia la fasciatura sui punti, seduto sul suo letto mentre si amalgama la pomata per far cicatrizzare la ferita. Diversi ragazzi imperversano nel dormitorio, tra chi dorme, chi parla, chi si sfoglia qualche giornalino porno. Stephen si appiccica la garza che quella mattina è andato a prendere in infermeria e se la attacca alla pelle con i cerotti, stando attento a coprire tutta la zona. Quando si abbassa la maglietta sul petto, sente il materasso smuoversi sotto il peso di un'altra persona.
John si lascia leggermente saltellare prima di appoggiare una mano sulla spalla dell'amico e abbassando lo sguardo sulla sua ferita appena coperta. "Procede bene?" chiede, ancora con il viso sporco di terriccio e i vestiti della missione.
"Certo" gli risponde Stephen, ricambiando una pacca tra le scapole. John si rimette in piedi e si sfila la giacca e poi la maglietta, gettandoli malamente sul letto dall'altra parte della stanza. Dopo aver liberato il suo petto muscoloso dagli indumenti gli indica la cicatrice sul braccio, sorridendogli e sollevando le sopracciglia. "Quella bella infermierina ha guarito perfettamente anche la mia."
"Non ti ha di certo riservato un trattamento speciale, considerato sia scrupolosa con tutti com'è giusto che sia." Lancia una rapida occhiata all'orologio appeso alla parete. Le 12:56.
John solleva un sopracciglio, vedendo l'amico mettersi in piedi e infilarsi le scarpe, allacciandosele subito dopo. "Ma ti da per caso fastidio che io parli di lei?"
Stephen gira di poco la testa, guardandolo di sfuggita prima di riportare i suoi occhi marroni sui lacci intrecciati. "Figurati, perché dovrebbe?"
"Ah, non lo so. Più che altro perché ogni volta io faccia seppur un minimo riferimento alla signorina Jensen sembra che ti dia particolarmente fastidio."
"Non c'è niente che mi infastidisca" dice Stephen, mettendosi in piedi e facendo un occhiolino al collega che strizza gli occhi e va a lavarsi in bagno.

Emma si alza dalla sedia posta accanto al letto della signora Khan, accarezzandole delicatamente una mano rugosa e accertandosi che la flebo sia ancora piena.
"Già te ne vai?" sussurra la signora biascicando le sue parole in un inglese forzato.
Emma si abbassa su di lei, appoggiandole una mano sulla fronte e liberandola dai capelli sfatti. Il volto rugoso della donna si rilassa piano sotto il suo tocco, chiudendo gli occhi.
"Devo controllare altre persone, ma tanto tornerò prima della fine del turno per cambiarle la flebo" le dice, staccandosi da lei e uscendo dalla stanza.
Si avvia lungo i corridoi, salutando alcune sue colleghe e compagne di stanza. Si avvicina silenziosamente al bancone dell'accettazione, facendo un resoconto momentaneo della giornata, dando di sfuggita un'occhiata all'orologio. Segna le 12:56.

Martha, Micheal e Joe mantengono il loro vassoio tra le mani per pranzare prima di iniziare il loro turno in ospedale. Si accomodano al tavolo, chiacchierando tra di loro.
"Comunque, Joe" dice Micheal, riempiendosi il bicchiere di acqua. "Dovresti proprio dire a Tom di contenersi."
Joe solleva un sopracciglio, "Perché mai? Cos'ha fatto?"
"Le puzze che rilascia, Joseph!" sbotta l'amico. "Non si da proprio un contegno. Le rilascia con una facilità e noncuranza che mi fanno rimanere perplesso."
"Ma se non può trattenerle-"
"Forse non hai capito che il cattivo odore investe prima me, dato che dormo sotto il suo letto!"
Martha scoppia a ridere, mentre l'orologio sulla parete si sposta sulle 12:56. "Poverino, dai."
"Il cazzo" dice Micheal, bevendo finalmente l'acqua.
"Perché non lo dici tu, scusa? E' tuo il problema principale."
"Perchè tu sei buono, Joe. Anche se dici ad una persona che è l'essere più ripugnante sulla faccia del pianeta, è probabile che non se la prenda poi così tanto proprio per il tono di voce che sei abituato ad usare con le persone."
"Si chiama educazione. E poi non direi mai ad una persona quanto possa essere ripugnante. Sarebbe davvero indelicato."
Micheal alza gli occhi al cielo.

The bulletWhere stories live. Discover now