7. Piantagrane

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Avere i turni di notte, quando il resto dei tuoi amici è in ospedale durante il giorno, è forse una delle cose più pesanti che ci possano essere. Il fatto è che, in alternativa, Emma potrebbe dormire tutto il giorno per prepararsi al turno di notte, ma è difficile, se la sera prima ci si è addormentati alle undici e si è sazi di sonno.
Per le prime ore della mattina, Emma si è preoccupata di fare il bucato, approfittando del bagno libero per averlo tutto per sè, ma dopo ha iniziato ad annoiarsi, senza sapere cos'altro fare. Ha atteso impaziente che arrivasse l'ora di pranzo per andare in mensa ed è stato lì che si è radunata con i suoi colleghi, seduti intorno allo stesso tavolo, mentre si raccontavano dei pazienti della giornata. Emma li ha ascoltati, approfittando di quegli unici momenti di sfago della giornata. Al suono della campanella, tutti hanno svuotato il proprio vassoio nella pattumiera e hanno fatto ritorno nei rispettivi reparti. Nota solo Joe lasciare la sua firma in accettazione, abbandonando l'ospedale. Si aggrappa a quell'unica possibilità ed inizia a seguirlo, afferrandogli una spalla. "Ciao" lo ferma, notando i suoi occhi neri girarsi spaventati verso di lei.
"Emma" dice, rilasciando un sospiro, "mi hai fatto prendere un colpo. Ciao anche a te" dice, mentre lascia passare il suo tesserino per aprire la porta. Emma gli cammina dietro, seguendolo lungo i corridoi che conducono all'aria aperta. "Perché mi segui?" le chiede Joe, scompigliandosi con una mano i capelli neri sistemati sulla fronte. Ha delle leggere occhiaie che gli rendono il viso stanco.
"Te lo dico francamente" dice Emma, sollevandosi i capelli scuri in una coda alta con un elastico che ha sempre intorno al polso, "il primo giorno del turno di notte è la cosa più pesante che ci possa essere."
"Lo so benissimo. Ne sono reduce" dice Joe, mentre nasconde uno sbadiglio dietro la sua mano ed entrambi, fianco a fianco, escono all'aria aperta - bollente tra l'altro, con la terra che quasi trema per il troppo calore.
"E mi sto annoiando incredibilmente perché non ho sonno, quindi non posso dormire in preparazione di questa notte e voglio qualcuno con cui passare il tempo. E' molto da convenienza, questa situazione, e mi dispiace."
Joe le sorride, picchiettandole una mano sulla spalla. "Se ti può fare sentire meglio, anche io ti sto sfruttando in questo momento perché altrimenti - a fare tutta questa strada da solo - avrei finito col parlare con me stesso e non sai quanto questo possa essere deprimente."
Si sorridono vicendevolemente, calpestando il terriccio, con il rumore dei camion che si spostano e dei soldati che si allenano appena dietro la zona dei dormitori. Il cancello si apre e un furgone abbandona l'accampamento, raggiungendo la zona di guerra ed Emma si ricorda improvvisamente del soldato Letterman che quel giorno sarebbe partito con un contigente militare.
"Tu hai mai paura di cosa possa succedere se la guerra si spostasse e coinvolgesse anche questa zona?"
Joe solleva le spalle, incurante. "Chi non si addormenta con questo pensiero in mente?" dice, girandosi a guardare Emma negli occhi cervoni contornati dalle ciglia lunghe e voluminose. "Abbiamo acconsentito a quest'incarico pur sapendo i rischi. Direi che, in ogni caso, saremmo degli eroi. Il St. Joseph's sarà orgoglioso" dice Joe, fermandosi poi di fronte una porta chiusa. La indica con un rapido gesto del capo. "Sono arrivato" dice, semplicemente.
Emma annuisce, stringendo le labbra. "Allora ti lascio riposare in pace" gli risponde, salutandolo con un innocente segno della mano e allontanandosi verso il suo dormitorio.
Lungo la strada vede i soldati camminare, accostare infermiere, parlottare tra di loro. All'improvviso, Emma si sente incredibilmente sola.
Non che se ne sia accorta solo in quel momento, ma passando il tempo con Martha e altre ragazze nella sua stessa situazione, aveva un diversivo a cui prestare attenzione. Ma raggiungendo il dormitorio è sola con i suoi pensieri e ne ha persino paura. Si sente osservata dai soldati, percepisce il loro sguardo su di sè, il caldo che le si appiccica alla pelle e il passo che diviene sempre più rapido per non cadere nella morsa della paranoia.
Ha quasi raggiunto la porta del dormitorio, stringendo le labbra, quando una mano le sfiora la spalla e la fa girare di soprassalto. Per lo spavento, sbatte la schiena contro la porta del dormitorio e si porta una mano all'altezza del cuore.
"Sono io" dice il soldato Stephen Lodge, ritirando la mano e incrociando le braccia al petto. Ha la solita divisa mimetica addosso, la fronte corrugata, gli occhi leggermente socchiusi e le labbra strette. Emma prende un ampio respiro.
"Mi scusi" dice, tentando di prendere la chiave della porta dalla sua tasca.
Stephen la guarda da capo a piedi e solleva lievemente un sopracciglio. Emma quasi si stupisce che il suo viso possa cambiare espressione, considerato il fatto che - da quando è arrivata - l'ha visto solo imbronciato. "Si sente bene?" le chiede il soldato con voce bassa e profonda. E' la prima volta che Emma la ascolta da così vicino e la pelle le si ricopre stranamente di brividi. Ma che ti prende, pensa. Afferra finalmente la chiave da dentro la tasca e annuisce al soldato che continua ad osservarla. "Non dovrebbe girare completamente da sola in questa zona" continua lui, corrugando nuovamente le sopracciglia.
"Non lo sono mai totalmente" gli risponde Emma, leccandosi le labbra. Cade uno strano silenzio tra loro e Dio solo sa quanto timore Emma abbia che lui le dica qualcosa su quel dannato falò.
"Più che altro perché se le dovesse succedere qualcosa, sarò io a subirne le conseguenze e non voglio avere piantagrane." Il soldato la guarda negli occhi.
Emma stringe i denti e si ritrova a chiudere la mano intorno alla chiave. Socchiude gli occhi, infastidita. "Non le procurerò alcun danno, signore. Può anche rilassarsi un po'. Con permesso" dice, girandosi e facendo girare la chiave nella serratura. Entra nel dormitorio e si richiude la porte alle spalle, rimanendovi con la schiena attaccata e l'orecchio attento a qualsiasi movimento. Solo quando sente il soldato allontanarsi, si avvia verso il suo letto, lasciandosi cadere sul materasso di Martha perché troppo pigra per arrampicarsi fino al suo.

Non sapeva di essersi appisolata, fino a quando non ha sentito la porta del dormitorio aprirsi e lasciare entrare un gruppo di quattro ragazze di ritorno dal loro turno. Tra di esse c'è Martha che si blocca ai piedi del suo letto e solleva scherzosamente un sopracciglio. "Ma buongiorno, principessa."
Emma prende un ampio respiro, mettendosi seduta e stropicciandosi gli occhi. Si scioglie la coda sfatta, rimettendosi l'elastico al polso e guardando l'amica negli occhi. "Ciao anche a te. Scusami" dice, mettendosi in piedi e risistemandole il lenzuolo stropicciato, "non volevo rovinarti il letto."
"Quanto sei stupida" le dice Martha, scompigliandosi il caschetto con entrambe le mani e lasciandosi sedere pesantemente sul letto, il cui materasso - in risposta - la fa saltellare. Prende la mano di Emma e la fa accomodare al suo fianco mentre Margaret avvisa le presenti che si sta facendo una rapida doccia, quindi nessuno sarebbe dovuto entrare in bagno. "Alla fine ce l'hai fatta a dormire."
"Solo perché mi stavo annoiando e volevo che il tempo passasse velocemente." Emma guarda l'amica negli occhi scuri e la scruta veloce. "Posso farti una domanda?"
"Se non abbia a che fare con le scuse di Micheal, allora sì. Tutto quello che vuoi, cara."
Emma solleva un sopracciglio. "Micheal?"
"Ah-ah!" dice Martha, muovendo un indice di fronte il viso dell'amica. "Nessuna domanda, ho detto."
Emma scuote la testa come a voler - momentaneamente - lasciar perdere. "Come ti trovi con la guardia che ti è stata affidata?"
Martha si sfila il camice, gettandolo scompostamente sul lenzuolo. Poi si sfila la maglietta a maniche corte, rimanendo solo in reggiseno. "Mah" dice, inclinando le labbra leggermente verso il basso. "Sinceramente non ci ho mai prestato attenzione. Vado dove devo andare al di là che ci sia qualcuno che mi mostri il cammino. Anche se il mio Virgilio non è poi così male, ma tanto che me ne frega? Fra un po' mi verrà tolta e quindi pace. Perché?" Ma ha già capito dove vuole andare a parare Emma e le si abbassa vicino al viso, sollevando le sopracciglia scherzosamente. "Non dirmelo. Il rapporto con la tua è abbastanza complicato?"
"Macché!" dice Emma, passandosi le mani sul viso.
"Ci sta provando?" chiede allora Martha, suscitando un'occhiata scioccata nell'amica.
"Certo che no, figurati se Lodge ci stia provando con me. Al massimo sta provando - con tutto il cuore, aggiungerei - a farmi saltare i nervi. E' così.." fa un pausa, cercando le parole da dirle. "Pieno di sè!"
"Tutti i soldati lo sono" dice semplicemente Martha, sfilandosi anche i pantaloni. Rimanendo soltanto in intimo, incrocia le gambe sul letto, girandosi completamente verso l'amica. "Ma tu non darci troppo peso."
"Invece glielo do, considerato che mi ritrovo a percorrere un tragitto che, al suo fianco, mi sembra lunghissimo. Come posso non darci peso se mi ritrovo questo soldato che sbuffa ogni due per tre come se gli avessi fatto un torto imperdonabile e gli stessi seccando la vita?"
"No, hai ragione" dice. Le appoggia entrambe le mani sulle spalle. "Secondo me è una prova che devi superare. Qualcuno ti sta testando e vuole vedere fino a che punto la tua pazienza può rimanere salda."
"Oh, ne rimarranno stupiti."
Martha le sorride, mettendosi in piedi e notando Margaret uscire dal bagno. "Ora vado a fare la doccia" dice, prendendo l'asciugamano dal cassetto accanto al letto e dirigendosi verso il bagno.

Dopo cena, quando tutte ritornano nel dormitorio, Emma è l'unica che si prepara per il turno di notte e aspetta impaziente che l'orologio rintocchi le dieci.
Un minuto prima, saluta le sue compagne, afferra il suo tesserino e si mette la giacca sul camice. Apre la porta. assicurandosi di avere la chiave nella tasca ed esce all'aria aperta, con il cielo scuro e le stelle sparse nelle coltre scura.
Aspetta in piedi fino a quando il soldato Lodge non appare nella sua visuale, con il volto ovviamente apatico. Emma lo raggiunge e si incammina al suo fianco, rimanendo in silenzio lungo tutto il tragitto. Fa come le ha detto Martha. Finge di non avere nessuno al suo fianco, ma lo trova un compito estremamente difficile. Il soldato ha il passo più pesante del suo e quando imboccano i corridoi il suo viso diviene persino spettrale, nascosto nel buio con solo qualche torcia ad illuminarne i contorni. Emma prende un ampio respiro e sta per ringraziarlo quando Stephen le da le spalle e si avvia dall'altra parte del corridoio.
"Ci vediamo alle sei" le dice, prima di girare e avviarsi verso il suo dormitorio. Emma stringe i denti e apre la porta d'ingresso, lasciandosi investire dall'odore dei medicinali che, quel giorno, le era tanto mancato.
Quella sì che sarebbe stata una lunga notte.

N/A
A quanto pare il soldato Lodge non é un tipo molto da compagnia. E non pensate che mai che ciò non comporti alcuna conseguenza :)

Spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi chiedo cortesemente di votare e/o lasciarmi qualche commento per sapere se la storia sia di vostro gradimento!

Un bacio e alla prossima ❤

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