22. Visto e protetto

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Emma si rotola nel suo letto, quella notte, pensando al discorso di John, alla paura nei suoi occhi al solo pensiero che Stephen potesse essere un assassino e mietesse vittime all'interno di quell'accampamento. Serra gli occhi. Non può pensarlo. Non ce la fa.
Quella notte di inizio febbraio non riesce a dormire. La sua mente è super affollata di pensieri, alcuni particolarmente dolorosi. Pensare a Stephen le provoca un forte dolore allo stomaco che la porta a respirare affannosamente in cerca di un refrigerio. Quando abbassa le palpebre, vede il suo viso sorridente, i suoi capelli corti, gli occhi scuri e un filo di barba appena accennata, il neo sotto l'occhio, le macchiette più scure sulle guance, appena sotto gli occhi profondi che mai potrebbero nascondere una cattiveria del genere. Stephen, nonostante le coincidenze che possano esserci e che anche John ha messo in vista, non è quel tipo di uomo ed Emma n'è certa, ormai.
Anzi, vorrebbe prendersi a schiaffi solo per averlo trattato così male quando il soldato, invece, voleva davvero esserle d'aiuto e sì, magari stava scontando il suo senso di colpa, ma anche se si fosse affievolito, lui avrebbe continuato a starle accanto e la cena che le aveva organizzato doveva esserne un esempio lampante. Si gira e rigira più volte nel suo letto, rassegnandosi all'idea di non dover dormire, così incrocia le mani sulle coperte pesanti e gli occhi li punta sul soffitto crepato e con qualche chiazza di umido. Il respiro delle sue colleghe è lieve, qualcuna sussurra nel sonno, ma il silenzio è così profondo in quel dormitorio che ne ha quasi paura, come se da un momento all'altro dovesse accadere qualcosa.
Ma sono solo le due del mattino e tutti dormono tranne Emma.
O almeno, così crede.

Stephen ha le coperte sollevate fin sotto il naso, gli occhi chiusi e le mani aperte appoggiate contro il materasso, con le nocche della mano destra che gli fanno malissimo e gli pulsano al di sotto della fasciatura.
Stephen ha visto tutto, ha visto John ed Emma lì, appena dietro un angolo seduti su un masso a parlare. Ha visto i loro visi vicini, le mani intrecciate e gli occhi dell'uno fissi nell'altro. E' corso all'interno del dormitorio prima che John arrivasse, respirando pesantemente e con le narici dilatate. Tutti sono in servizio, o in battaglia o di guardia, così quando supera l'ingresso del suo dormitorio, lo trova praticamente vuoto e in silenzio. Si nasconde accanto alla porta, sentendo le mani formicolare. Quando sente dei passi vicini e John supera a sua volta l'ingresso, le mani di Stephen si aggrappano al collo della giacca del soldato e lo spingono contro la parete, facendogli sbattere la testa. John sgrana gli occhi, guardando Stephen dritto in viso e con le mani che, appoggiate sulle spalle del soldato Lodge, tentano di allontanarlo per liberarsi dalla sua presa ferrea. "Perché stai giocando con me, eh?" dice Stephen, e il suo pugno risponde ancora prima che John possa rendersi conto di quello che sta accadendo. Il soldato Letterman gira la testa di scatto sotto il colpo di Stephen, ritornando poi a guardarlo con occhi sgranati. In tutta risposta, solleva rapidamente un pugno, ma Stephen lo precede ancora una volta, colpendogli la mascella. Con un colpo di ginocchia John si libera di lui e con le braccia lo spinge a terra, facendolo cadere.
"Che ti prende?!" esclama, con la mano appoggiata sulla zona colpita. La scosta per muovere la mascella, assicurandosi non sia rotta.
"Perché stai con il fiato sul collo di Emma, eh? Perché, John?"
"Ehi, amico" dice John, facendo un passo indietro e sollevando l'altra mano per bloccarlo. "Non sto facendo proprio niente di sbagliato."
"Ah, no? E perché sei andato all'attacco proprio quando io e lei abbiamo smesso di parlarci, eh? Perché le stai addosso e la inviti ad uscire, tenendole le mani mentre il gelo paralizza ogni singola parte del nostro corpo?"
"Stephen" dice John, muovendo la mascella. I suoi occhi chiari si stringono, diventando praticamente una fessura luminosa. "Emma non è tua."
Il soldato Lodge stringe i denti e il suo petto inizia a rallentare, con la mano destra che si apre e si chiude per il dolore alle nocche già spaccate a causa del freddo. Alle parole di John digrigna i denti perché sì, diamine, ha ragione. Gira i tacchi ed esce dal dormitorio, controllandosi il sangue che lentamente lascia il dorso della sua mano, sentendosi gli occhi di John perforargli la schiena durante il tragitto verso l'infermeria.
Alza la testa per controllare il letto di John, ancora vuoto per il turno di notte.
Le lancette dell'orologio appeso alla parete segnano le due del mattino e Stephen si rassegna ormai al fatto che non dormirà. Rimarrà sveglio e chiuso nella morsa delle coperte fino alla mattina seguente senza alcuna possibilità di riposo.
In più, il viso di Emma che prende forma nella sua mente non gli lascia alcuna via di fuga.
Rivede costantemente i suoi occhi grandi e definiti dalle ciglia lunghe, le sue labbra non troppo vistose ma di un bellissimo color roseo costante, anche con le temperature gelide che hanno colpito il Pakistan quell'inverno. La pelle morbida del suo viso come se la stesse ancora accarezzando, i capelli che circondano il volto e vengono sferzati dal vento sulla sua schiena. Sembra quasi che sia lì con lui, se non che quel pensiero delizioso sia ormai stato contaminato dalla presenza di John che le tiene le mani e si abbassa sul suo viso per parlarle a distanza ravvicinata, facendo scontrare i loro fiati che si disperdono nelle nuvolette di fumo chiaro. Ingoia a vuoto e prende un ampio respiro, tentando di calmare quel terribile fastidio allo stomaco ancora una volta. Una passeggiata lo avrebbe aiutato, sì.

The bulletWhere stories live. Discover now