Chapter 1: Countdown

1.1K 134 60
                                    

«Quindi,» Calum si mette le mani ai fianchi e sposta lo sguardo da me a Luke, passando poi al parapetto che è come una barriera che ci divide dalla fine. L'ultimo livello.
«Chi va per primo?»

La porta si spalanca di nuovo, accompagnata da un urlo straziante e in un secondo una figura inizia a correre verso il cornicione. Luke e io la afferriamo prima che possa buttarsi di sotto, strattonandolo il tizio fino a farlo cadere a terra.

«Lasciatemi, stronzi, lasciatemi!»
È un ragazzo. Continua a dimenarsi e Luke si butta sopra di lui, tenendolo fermo. «Hood, cazzo, renditi utile!» sbraito.
Il moro tira fuori il telefono dalla tasca del giubbotto in pelle. «Okay, allora... Non ho mai ripreso un'orgia ma posso cominciare a farlo poco tempo prima di suicidarmi, okay. Va bene, ragaz-»
«Ti sei drogato, per caso?» è la voce di un altro ragazzo.
Compare dal retro della piccola costruzione in mattoni, con una bandana rossa legata attorno alla fronte e un'espressione confusa.

«Ho ascoltato poco della vostra conversazione e ho davvero intenzione di consigliarvi uno psicologo.»

«E tu chi cazzo sei?!»
Il ragazzo sotto il corpo di Luke osserva quello che credo sia Ashton Irwin, il barista del locale in fondo alla strada. Un anno fa frequentava l'ultimo anno e lo vedevo spesso per i corridoi. Ci siamo parlati solo durante un noioso pomeriggio in biblioteca, quando gli ho chiesto se poteva raccogliere la penna che mi era caduta a terra.

«E voi chi siete?»
Gli occhi verdi del ragazzo steso a terra saettano su ognuno dei presenti. Ha i capelli tinti di rosso e un pearcing al sopracciglio destro. 
«C'è una cazzo di riunione studentesca, quassù?»

«Irwin? Ashton Irwin?»
«Cosa ci fai qui, Hood?»
«Potrei farti la stessa domanda».
«Volevo guardare le stelle».
«Siamo quassù tutti per lo stesso motivo, e non credo che sia osservare le stelle.»

«Si puó sapere chi cazzo siete?»
«Aurora. Mi chiamo Aurora. Tu sei Mishel qualcosa, giusto?» L'ho visto solo una volta, il primo giorno di scuola, e prima che l'ora di scienze naturali finisse è uscito dall'aula senza dire nulla.
«Michael Clifford e, porca miseria, potresti dire al tuo amico biondino di smetterla di strusciarsi su di me?»
«Sono Luke Hemmings e ti ho salvato la vita.»
Michael Clifford caccia un urlo e arretra fino a sbattere la schiena contro le gambe di Ashton. «Luke Hemmings! Cosa cazzo ci fa Luke Hemmings quassù?!»

«Tutto questo è assurdo» sbotto.
Sono le 11:41 del 31 Dicembre e sembra di trovarci ad una rimpatriata scolastica.

«Tutto questo è senza senso» borbotta Calum.
«È la tua vita ad essere senza senso, Hood» Ashton sembra nervoso. Passa le dita affusolate tra i ricci color grano e sospira.
«È per questo che volevo buttarmi di sotto, grazie per avermelo ricordato Irwin.»
«Calma. Un secondo.» Alzo una mano in aria e tutti si voltano a guardarmi.
«Siamo tutti qui per suicidarci, dico bene?»
Luke, Calum, Michael e Ashton annuiscono, guardandosi tra loro.
«E chi vuole davvero farlo? Chi è convinto di voler morire?»

Ho imparato due cose stando in bilico su quel cornicione per minuti interi, e sono:
A) la vita non ci abbandona mai così facilmente e B) se davvero vuoi buttarti giù dal tetto del palazzo più alto di Sydney, assicurati di essere andato in bagno prima. La visuale estrema e le vertigini potrebbero comportare effetti indesiderati.

C'è silenzio, ora. Ognuno guarda un punto indefinito davanti a se o le proprie scarpe.
Michael si alza in piedi e scoppia a ridere.
«Ci vuole davvero poco per-» quando inizia a correre di nuovo verso il cornicione, Luke lo afferra per i fianchi e lo costringe a fermarsi.

«No, Clifford!» urla. Aiutato da Ashton, Luke placca ancora una volta Michael contro il pavimento. «E si ricomincia d'accapo. Hemmings, è il mio cazzo ció che la tua gamba sta toccando.»
«Credevo fosse il tuo piede, scusa».
Calum Hood si lascia andare in una fragorosa e amara risata.

«Lasciatelo stare. La vita è la sua, non si puó aggiustare qualcuno che è già perso in partenza.»
Se Calum non chiude quella fottuta bocca saró costretta a lanciarlo dal grattacielo.
«Ha ragione. L'asiatico ha ragione. Lasciatemi andare!» Michael si dimena sotto le prese ferree di Ashton e Luke, che si guardano tra loro come a decretare la scelta finale.
Quando Michael inizia a piangere e a urlare, lo aiutano ad alzarsi e il tinto avanza lentamente verso il parapetto.

Tutti gli altri arretrano, io rimango a metà strada tra lui e la porta. «Michael?» lo richiamo.
Lui si volta, asciugandosi le lacrime con il dorso della mano. «Eh?»
«Un pensiero felice. Pensa a qualcosa che ti fa star bene, qualcosa di bello.»

Annuisce, poi sale in piedi sul cornicione.
«Un pensiero felice...» sussurra. «Un pensiero felice».
Spalanca le braccia e caccia un urlo disperato. Lo sento entrarmi dentro i polmoni e vibrare tra le costole, fino a non reggermi più in piedi. Mi appoggio al muricciolo in mattoni e chiudo gli occhi, trattenendo le lacrime.

Non funzionerà. Un pensiero felice non lo aiuterà a sopravvivere.
Mi sono bastati pochi secondi per capire che lui non si tirerà indietro come ho fatto io, che non avrà paura e non sarà un codardo come me.

Silenzio.
Eppure in questa assenza di rumori, riesco quasi a sentire i pensieri di tutti i ragazzi che sono qui, ora.
Poi sento dei passi, la risata di Calum e qualcuno che applaude.
Apro gli occhi e Michael Clifford è davanti a me, sano e salvo, con il volto rigato di lacrime e un sorriso sornione stampato sulle labbra arrossate.

«A chi va una fetta di pizza? C'è un pub a poca distanza da qui che fa delle pizze buone da morire.»

Scompare oltre la porta e io, Ashton, Calum e Luke ci fissiamo sbigottiti, fin quando la testa di Michael fa di nuovo capolino e alza gli occhi al cielo.

«Allora? Non vorrete mica passare il Capodanno a pensare a quanto cazzo faccia schifo la vita! Pago io le pizze, se vi puó consolare saperlo.»

𝐂𝐎𝐔𝐍𝐓𝐃𝐎𝐖𝐍Onde histórias criam vida. Descubra agora