Chapter 25: Take what you want

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Luke

Ho dovuto dire che sarei andato da Liam. Mia madre proprio non ne voleva sapere di lasciarmi uscire e ripiegare la solita cena di famiglia mensile, perció le ho detto che è il compleanno della sorella del mio compagno di squadra e me ne ero dimenticato. Ho chiesto venti dollari a mio padre per comprare un regalo in fretta e furia e sono uscito di casa.

Gli stessi venti dollari che adesso sto porgendo al barista, dopo avergli chiesto qualcosa in grado di sballarmi per tutta la serata. Lui se ne torna con un drink che dice chiamarsi «Il girone dei dannati» ed è un mix di merda varia allucinante.
Le luci stroboscopiche hanno già iniziato a darmi alla testa; sposto lo sguardo sui miei piedi per evitare di esserne accecato.

«Dunque, è questo un gay club.»
Una voce al mio fianco mi porta a voltarmi. Un ragazzo, forse neanche troppo ubriaco, mi sorride a trentadue denti. Ha dei capelli biondo platino, un nostril al naso e degli occhi azzurri che mi fissano. Sono sicuro di non averlo mai visto, e spero davvero che non mi conosca.
Sembra un po' spaesato.
«A quanto pare», borbotto. Ma lui non riesce a sentirmi sopra il suono della musica, quindi urla un «Eh?» che mi porta a scuotere il capo. Gli faccio segno di lasciar perdere e un secondo dopo porge la mano destra verso di me.

«Sono Troye» gliela stringo e annuisco. Ho giurato a me stesso di non rivelare a nessuno la mia identità; resteró nell'anonimato fino a quando non me ne andró da qui.
Era per provare qualcosa di nuovo, comunque. Ho sentito dire che in questo locale ci sono drink da sballo.
Non ho intenzione di dire il mio nome a questo biondino ossigenato, neanche se mi facesse un pompino.

Dieci minuti dopo siamo chiusi in bagno e Troye, come ha detto di chiamarsi, abbassa la cerniera dei miei skinny.
«Posso almeno sapere come ti chiami?», chiede. Tentiamo entrambi di ignorare i gemiti che provengono da ogni angolo del bagno e guardo due tra i sei occhi che mi si presentano davanti. Tutti azzurri. Sto per chiedergli "Perchè hai sei occhi?" quando mi ricordo dell'altro alchool che ho ingerito a raffica e giustifico la situazione utilizzando questa scusa.

È in ginocchio davanti a me, mi osserva con un cipiglio divertito che scompare quando un conato di vomito mi costringe a tuffarmi verso il primo water che vedo. Spalanco la porta di una cabina e trovo due ragazzi occupati in una sessione approfondita di preliminari, che prontamente mi ignorano e continuano a mangiarsi a vicenda mentre ricaccio fuori tutti i drink e nient'altro, considerato che non tocco cibo da ieri sera, in pizzeria con Aurora.

Aurora.
Aurora.

«Sono fidanzato.» Asserisco, un po' per ricordarlo a me stesso. I due ragazzi dividono le loro labbra e mi osservano. Non sembrano affatto sorpresi dalla dichiarazione improvvisa.
«È una ragazza, non è così? Sei uno di quegli etero illusi oppure gay repressi?»
Scocco un'occhiataccia a uno dei due, non capendo chi abbia parlato per colpa delle figure sfocate che mi si presentano davanti.
Un altro conato mi costringe a ficcare la testa nel cesso, questa volta peró la porzione è ridotta. Credo di starmi prosciugando.

«Non sono nè un imbuto nè un cipresso, mi spiace.» Arraffo un po' di carta igienica e mi ci pulisco la bocca, poi la getto via e tiro lo scarico. Non sono sicuro di aver detto qualcosa di logico, ma la testa ha iniziato a pulsarmi all'improvviso e fatico a connettere.
Barcollo per alzarmi, i due tipi cercano di sorreggermi per non farmi cadere a terra e, dopo alcune imprecazioni, mi lasciano tra le mani di Troye.
Ora ho la testa poggiata sulla sua spalla e siamo seduti su dei divanetti lontani da tutto il baccano della pista, dei corpi sudati di ragazzi con il testosterone a mille e le luci accecanti.

𝐂𝐎𝐔𝐍𝐓𝐃𝐎𝐖𝐍Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora