Chapter 40: A World Alone

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Ashton

Dopo la sentenza del giudice, Calum non ha più detto una parola.
«Quattro anni e tre mesi.»
Aurora spalanca le palpebre. «Beh... È andata bene! Il conoscente di un amico di mio zio per un omicidio involontario si è preso dieci anni.» Sposta lo sguardo su Calum, al mio fianco, con le braccia incrociate sopra il tavolo del bar e il mento poggiato su di esse. Aurora mette una mano sulla sua e la scuote un po'. «Cal, è andata bene. Riavrai indietro tuo padre tra quattro anni.»

«E tre mesi», biascica un po' le parole. «E poi sono quattro anni, cazzo. Nel frattempo potrei aver messo su famiglia o essere diventato un alcolizzato, o un ladro o un riccone miliardario. E lui se ne starà dentro quella cella per colpa mia. Ci sarei dovuto andare io, lì. Avrei dovuto dire di aver violato una proprietà privata, ma così avrei messo nei casini pure Ashton. Dio mio, e poi non so nemmeno se si possa andare in gattabuia per violazione di proprietà private.» preme i palmi delle mani sugli occhi, Aurora si morde il labbro inferiore e mi scocca un'occhiata, come a consolidare il fatto che sì, è davvero uscito di senno e ha bisogno di tempo per metabolizzare la cosa.
Mi stringo nelle spalle.

«Ecco i vostri ordini» il cameriere lascia i caffè e i muffin sopra al tavolo. Lo ringrazio con un sorriso e lui se ne va, allontanandosi con il vassoio vuoto sottobraccio.
«Luke?», chiedo. Cerco di cambiare argomento. «Dov'è finito? Non lo vedo da un po'.»
«Ha gli allenamenti, si è messo sotto tiro di continuo nelle ultime settimane», dice Aurora. «Oggi gioca. L'ultima partita dell'anno, contro il Barker College. Se vinciamo avremo gloria eterna, se perdiamo per fortuna sono all'ultimo anno.»
Annuisco. «A che ora?»
«Alle sei. Fra un'ora. Vi va di andarci?» sposto lo sguardo su Calum. Si stringe nelle spalle. «Per me è uguale. Tu vuoi andarci?»
«È nostro amico, e in più non ha nessun altro che faccia il tifo per lui.» Aurora prende un sorso dal caffè, poi arriccia il naso. «Diamine, ho dimenticato lo zucchero». Prende una bustina dal contenitore al centro del tavolo e la versa dentro la tazzina.

«Tutte le ragazze grideranno il suo nome, sta sera. Per non parlare dei ragazzi gay che cercano di portarselo a letto da quando è venuto fuori che si scopa i maschi. Secondo te non ha nessuno che gli faccia il tifo?» Alle parole di Calum, Aurora alza gli occhi al cielo. «Si sente solo. Possiamo aiutarlo. Ha bisogno del nostro sostegno.»

«Sì, e non è l'unico.» Calum incrocia le braccia al petto, facendo scivolare il busto sullo schienale della sedia.
«Luke ti è stato vicino quando eri in coma.»
«Quando mi sono svegliato non c'era. E in più lui non ha chiesto la nostra presenza.»

«Una persona che si sente sola non troverà mai il coraggio di chiedere della compagnia.» Aurora prende un respiro profondo, per tenere la mente lucida. Lo fa sempre quando è Calum a parlare e rischiano di discutere per una stupidata. «Calum, noi andremo a quella partita. Tu hai bisogno di svuotare la mente e Luke ha bisogno di supporto. Non si è amici solo nel momento del bisogno personale, lo si è sempre, pure quando non lo si vorrebbe essere. Quindi adesso mangi quel fottuto muffin, ti svegli con un po' di caffè e muoviamo il culo fino alla palestra della scuola. Ci siamo capiti?»

«Senti, stronza, perché vai ancora dietro a Hemmings? Ti ha tradita con Michael. Non puoi avere il buonsenso di lasciarlo perdere, per una volta?»
Assesto una gomitata al braccio di Calum, per intimargli di darsi una calmata. Già è parecchio aggressivo di natura, figurarsi dopo la condanna di quattro anni di suo padre.
Aurora sbatte le mani sulla superficie del tavolo e si alza in piedi.
«Va bene, mister Testa di Cazzo, allora tutti dobbiamo stare con te perché hai tentato di ammazzarti, e quando c'è qualcun altro a cui dedicare attenzioni ti impettisci e metti il muso. Sai che ti dico? Fai come ti pare. Io andró a dare il mio sostegno a Luke, perché tutti noi sappiamo quanto ci si possa sentir soli a non avere nessuno al proprio fianco. E Luke si merita tante cose, ma non di stare più male di quanto stia ora.»
Si infila la giacca di fretta e afferra il muffin sul suo piatto.

𝐂𝐎𝐔𝐍𝐓𝐃𝐎𝐖𝐍Where stories live. Discover now